Tito Arosio e Luca Vallata, prima ripetizione della Miotto-Saviane-Corona al Col Nudo
Quasi tutti gli ertani sanno che sul Col Briè - la maniera in cui noi chiamiamo il Col Nudo - proprio su quella parete che vedono dalle finestre di casa, vi sono almeno due vie. In realtà le vie sono tre: la Hasse-Leukroth (sì, Dietrich Hasse), la Miotto-Saviane o via del Gran Diedro ripetuta per la prima volta da Alessio Roverato e Alessandro Baù nel 2006, e la Miotto-Saviane-Corona.
Quest'ultima è una via che nella parte iniziale presenta un lunghissimo traverso da destra verso sinistra (come tutti i traversi dolomitici che mi vengono in mente (?) sopra dei grandi strapiombi, su roccia abbastanza marcia e adornata da zolle d'erba. Nella seconda parte della via si cerca di seguire la direttiva fornita da un grande sistema di diedri camini spesso sbarrata da tetti friabili.
Come accade spesso per le vie vicino a casa, magari aperte o tentate da un amico o un amico di amici, su una parete di cui hai sempre letto o sentito parlare, si è creata nel tempo un'aura di timore e riverente rispetto attorno alle vie di Miotto; il traverso, in particolare, è entrato nell'immaginario degli arrampicatori locali. Oggi, per le vie di Miotto sul Col Nudo, ci sono tutti i presupposti per creare, come direbbe il potente Mass, il “complesso del mito”: accessi proibitivi, viaz esposti, rocce "particolari", alte difficoltà, pochissimi chiodi in parete, ambiente grandioso e cupo.
Oltre alla confidenza con le pareti della zona e la pratica nella chiodatura, per ripetere questa via è stato necessario andare contro l'immagine della via che mi ero costruito nel corso degli anni e dei racconti.
Ovviamente quanto ora dico vale solo per me, Tito prima di due settimane fa non aveva mai sentito parlare di Cima Col Nudo e ancora mi sto chiedendo cosa possa attrarre un bergamasco in posti del genere...
Note tecniche: La via è stata aperta nel 1982 in tre giorni con due bivacchi, dal 5 al 7 giugno, da Franco Miotto, Benito Saviane e Mauro Corona, e presenta un dislivello di 650m ed uno sviluppo di circa 900m. Difficoltà dichiarate VI e A2. Per la prima ripetizione sono state necessarie 8 ore e la via è stata risolta in arrampicata libera fino al VI+ nel tratto di traverso. In parete si trovano 7 chiodi (quattro aggiunti da noi), 4 cunei di legno e due cordini passati in altrettante clessidre.
Ci teniamo a ringraziare le persone che tra le nuvole che coprivano la parete sono riusciti a scorgerci con i binocoli da Erto e tutti quelli che, con nostra grande sorpresa, ci hanno seguiti, contattati e aiutati durante e dopo la salita. Tra tutti in particolare: Riccardo Rich da Canal, il folletto Pino Bottino, l'orso Adriano Roncali e Gaia, staff del Rifugio Casera Ditta.
Luca Vallata ringrazia Scarpa
Tito Arosio ringrazia Grivel, Kayland, Wild Climb
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