Roberto Iannilli e Luca D'Andrea ci hanno lasciati
Squilla il telefono in redazione. "Ciao, hai saputo di Roberto Iannilli e Luca D’Andrea?" La voce è conosciuta, la formula anche… La risposta annaspa un "No" pieno di buio. Sai già quello che ti aspetta. Roberto Iannilli e Luca D’Andrea sono precipitati dalla Nord del Camicia. I corpi sono appena stati recuperati dall’elicottero. Erano partiti ieri, tentavano di aprire una nuova via. Questo è quanto. Poche parole a cui è difficile dare un seguito. Resta solo un indicibile smarrimento. E pensi a Roberto. A tutte le volte che l’hai sentito e incontrato. Pensi al suo amico e compagno di cordata Luca. Pensi alle loro vie nuove sul Gran Sasso. Alla loro esplorazione della est del San Lorenzo in Patagonia. Ti scappa anche un sorriso ricordando che quelle due vie nuove le avevano chiamate ‘Compagni dai campi e dalle officine’ e ‘Lotta di classe’. Solo a Roberto potevano venire in mente due nomi così… E, forse, solo Luca poteva accettarli.
Sì, senza dubbio Roberto era uno speciale. Come speciale era il suo attaccamento al Gran Sasso, la sua montagna. L’aveva percorsa in lungo e in largo. Ripetendo praticamente tutte le vie più difficili e importanti. Aprendone tantissime di nuove, in cordata ma anche, molto spesso, in solitaria. Roberto era un alpinista e un esploratore sul campo, in azione, ma anche nell’anima. Spesso scandagliava nel profondo la sua passione per la scalata, per l’avventura. Ne conosceva i pregi e ne riconosceva anche i lati più in ombra. E viveva l’alpinismo con una serietà e sapienza che spesso vestiva di arguta ironia. Lo sanno bene i forumisti di PM (il forum di planetmountain.com) di cui Roberto è stato fin dall’inizio uno dei motori insostituibili. A proposito mi strappa un sorriso malinconico ricordare la sua altra passione, quella per i motori e le corse. E’ stata una sorpresa quando l’ho scoperto. Ma lui era così, era un piccolo grande uomo che ti sorprendeva sempre.
A Roberto "Jann Hill" Iannilli dobbiamo molto. Non solo per gli articoli che ci ha dato in tutti questi anni ma anche per l’amicizia che ci ha sempre dimostrato. Ripensando a quello che ha scritto non può non tornare alla mente la sua descrizione della parete che gli è stata fatale. Va detto che Roberto sempre sulla Nord del Camicia aveva aperto, nel 1999 insieme a Ezio Bartolomei, Vacanze romane. Così quando ci segnalò l’apertura di una nuova via sulla stessa parete gli chiedemmo di scriverci un’introduzione. La nuova via si chiama "Inferno con vista" ed era stata percorsa da Andrea Di Pascasio ed Emanuele Pontecorvo. "Va bene, esagero, la nord del Monte Camicia non è l’ inferno", ci scrisse Roberto, "non è neanche un orco, ma solo una parete alta, grande e su roccia pericolosa, ma è vero che scalarla è una cosa epica, pregna di avventura in un ambiente incredibilmente affascinante, orribilmente affascinante." Crediamo basti questo. Non occorre aggiungere altro: Roberto e Luca su quella parete sapevano cosa stavano facendo e lo volevano fare. Erano e saranno per sempre semplicemente alpinisti, e questo era il loro alpinismo, cercato e voluto.
Per ricordare Luca D’Andrea ci piace riportare come l’ha descritto Roberto in occasione della prima salita di Lotta di classe sulla parete Est del Corno Piccolo - Gran Sasso. "Luca è uno di quelli che per fargli pigliare una medicina deve essere in fin di vita e qui, appesi a 200 metri dalle ghiaie, la vita è più vita del normale, non ne ha bisogno. Invece io, marito di farmacista e abituato a notti insonni, mi impasticco per bene." Era sempre tormentato dalle sue epiche emicranie Roberto. Ma lui e Luca, su quelle pareti, cercavano quella vita che è più vita. Per lungo tempo l’hanno vissuta come volevano viverla.
Un abbraccio Roberto. Ciao Luca.
di Vinicio Stefanello
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