Ricordando Simone Badier, la grande alpinista francese
Nel 1969 ho iniziato ad arrampicare sulle falesie calcaree della Borgogna dove vivevo. I miei "maestri sulla roccia" mi hanno raccontato di una donna che aveva salito da capocordata molte vie difficili nei gruppi francesi del Vercors e della Chartreuse, oltre che sulle Dolomiti. A quel tempo non c'erano molte donne che scalavano quelle vie, e di certo non salivano da capocordata. Simone Badier ha apprezzato le nostre falesie della Borgogna e l'ho incontrata un anno più tardi a Fixin, una bella falesia vicino a casa mia, appena sopra il bellissimo villaggio.
Simone era una donna piccola, sorridente e con gli occhi lucidi, e fu subito evidente che l'arrampicata le regalava una grande gioia. Durante la sua infanzia si era dedicata agli studi e quando ha scoperto l'arrampicata a Fontainebleau, lavorava già come professore di fisica presso l'Università di Amiens. Ben presto ha raggiunto livelli alti in arrampicata, anche se diceva spesso di non essere particolarmente dotata.
Nel 1966, all'età di trent'anni, si recò nelle Dolomiti insieme a Daniel Joye, un ottimo arrampicatore che decise subito di farla salire da primo, perché lui spesso andava fuori via... Ma lui era un compagno di cordata veloce, e Simone era felice di arrampicare con un tale amico! Daniel era sempre gioioso e molto amato dai suoi coetanei.
La cordata è tornata in Francia dopo aver ripetuto vie come la Carlesso sulla Torre Trieste, la Livanos sulla Cima Su Alto e la Hasse - Brandler sulla Cima Grande di Lavaredo… Sulla via del ritorno si sono fermati a Chamonix per salire la parete est del Grand Capucin, lungo la famosa Via Bonatti.
Tre anni più tardi La Montagne, la rivista del Club Alpino francese, ha pubblicato l'articolo "Sesto féminin" nel quale Simone ha raccontata la sua storia. L'editore ha scritto: "La signora Badier ha fatto più di 150 salite, la maggior parte di V o VI grado, sempre a comando alternato o da capocordata...".
Soprannominata "Momone", ha trascorso molto tempo in montagna. Dopo aver percorso molte vie classiche nella catena del Monte Bianco nel 1968, era pronta per tentare le più famose vie delle Alpi. Era sempre motivata a scalare, anche il giorno dopo un'altra grande via. Nell'estate del 1969 per esempio, ha salito la Andrich-Fae sulla Punta Civetta e poi, il giorno dopo, la Philipp-Flamm! Il tempo era minaccioso, ma lei e Daniel avevano deciso di fare una ricognizione: "Sarà utile domani" avevano pensato… Il tempo è migliorato e hanno concluso la salita.
Di ritorno al Rifugio Tissi, un vecchio gli ha parlato perché li aveva visti salire così velocemente. Rimase stupito pensando che si fossero scambiati i vestiti: lui aveva visto il primo con una giacca blu, e Simone ne aveva una blu, mentre quella di Daniel era rossa… Lei ha risposto che aveva indossato la sua giacca blu per tutta la salita. Il vecchio rimase sbalordito: "Ho visto qualcuno salire la via Philipp-Flamm da primo, senza sapere che fosse una donna!". Il vecchio era Vittorio Varale, il famoso giornalista che negli anni '30 scrisse tante storie sul sesto grado.
Momone ha salito la maggior parte delle grandi vie nel massiccio del Monte Bianco: lo Sperone Walker e lo Sperone Croz alla nord delle Grandes Jorasses, il Pilastro Centrale del Frêney, la Hemming-Robbins sulla parete ovest del Petit Dru, e così via... Nel 1973 ha effettuato la prima femminile della parete sud dell'Aiguille du Fou lungo la via Harlin-Hemming-Frost-Fulton (1963). Si trattava dell via più difficile dell'epoca, ripetuta insieme a Thierry Leroy, allora un giovane e non particolarmente esperto alpinista... Era destinato a veloci progressi!
Momone ha poi viaggiato in giro per il mondo: in Yosemite (dove ha scalato The Nose su El Capitan con il famoso Jean-Claude Droyer), Hoggar, Karakoram, Camerun, Mali, Mt Kenya… dove a volte ha aperto nuove vie. Negli anni '90 ha aperto nuove vie di roccia nel massiccio del Monte Bianco insieme a Jean-Luc Amstutz e Romain Vogler.
Simone Badier non è mai diventata famosa: non voleva. Era una vera dilettante. La maggior parte dei libri che parlano di arrampicata femminile dimentica di menzionarla… Scriveva raramente articoli, ma nel 2008 ha pubblicato "La dame de pic". Il titolo è un gioco di parole; Pic significa cima, mentre Pique significa picche in francese, e la regina delle carte è la Dame. In questo piacevole libro lei parla della sua giovinezza e della sua carriera alpinistica, ma anche della sua felicità in montagna. Spiega anche chiaramente come la montagna, l'alpinismo e l'arrampicata possano essere uno stile di vita molto piacevole.
Verso la fine della sua vita non poteva più arrampicare, avendo avuto diversi problemi di salute, ma ricordava sempre con affetto le sue numerose salite in montagna. In precedenza aveva scritto: "È in montagna che ho imparato ad amare la vita... Le gioie che ho vissuto lì, non le ho percepite da nessun'altra parte."
Momone ci ha lasciato il 18 marzo 2022, discretamente, esattamente come aveva vissuto la sua vita. Era una delle figure più importanti dell'arrampicata femminile, ma di questo non le importava niente. Voleva solo essere un'alpinista e una fisica, e non voleva essere conosciuta come una donna che arrampica e che insegna fisica. La sua storia rimane sconosciuta a molti alpinisti, anche se occupa un posto importante nella storia dell’arrampicata e dell’alpinismo.
di Claude Gardien