Psyco Killer, gran cascata di ghiaccio sulla Tofana di Mezzo
APERTURA DELLA CASCATA PSYCO KILLER di Beppe Ballico
Esistono momenti in cui la mente ha bisogno di nuovi stimoli, di nuove sensazioni, insomma per noi alpinisti, di quelle salite che ti fanno brillare gli occhi e che i giorni a seguire non fai altro che parlarne. Io le chiamo: giornate uniche, come unici devono essere i compagni, quelli che oltre a darti sicurezza, ti fanno divertire. Il 29 dicembre ricevo una mail da un caro amico sci alpinista il quale mi invia alcune foto di una cascata. La bellissima linea bianca verticale delle foto taglia di netto la parete gialla, non sto nella pelle… Già pregusto l’avvicinamento, il bivacco, la cena con i compagni e poi ovviamente la salita, il ghiaccio di quota, il vento gelido, la solitudine dei luoghi, lo scricchiolare dei passi sulla neve, il silenzio, l’assordante silenzio che nel quotidiano manca totalmente.
Ora si tratta solo di riuscire a trovare qualcuno libero anche durante la settimana. Ma non uno qualunque, magari anche due, purché mi diano sicurezza, che abbiano voglia di camminare, di bivaccare e di prendere un po’ di freddo… I compagni con queste caratteristiche non sono molti, si tratta solo di vedere se sono disponibili e ovviamente né Marco, né Andrea si lasciano scappare una così ghiotta occasione. Entrambi compagni di vecchie e più recenti avventure, con la mia stessa voglia di ghiaccio e di quota, con la mia stessa determinazione. Non rimane che aspettare il freddo giusto.
Alla fine ne sono usciti due giorni che difficilmente si dimenticano, con una serata goliardica in bivacco, dove ogni battuta faceva dimenticare il freddo, Marco in veste "talebano" con la coperta avvolta sulle spalle e Andrea il super cuoco. Tutti in trepida attesa della salita. La giornata successiva mi ha lasciato un ricordo speciale dove ho in mente ancora le picche che battono delicate su quei muri verticali così fragili e fini, gli agganci delicati sulle "meringhe" strapiombanti, il freddo patito, la tensione sempre al massimo e l’adrenalina. Poi la meravigliosa discesa con la slitta dal Rif. Dibona ridendo come dei matti. Questo è il mio andar per monti, questo è il mio respirare avventura con il piacere dei compagni. Ora però lascio la parola a Marco e Andrea alle loro emozioni personali
PSYCO KILLER di Marco Milanese
Era da tempo che sentivo l’esigenza di spingere al massimo, di ritrovare i miei limiti. Il lavoro come Guida (per fortuna) mi ha occupato tutto il periodo di Natale tra sci e ciaspole, ma il mio naso era sempre rivolto verso l’alto. Ogni colata, anche fittizia, richiamava la mia attenzione. Lavoravo e sognavo, anche perché di ghiaccio quest’anno ne ho fatto veramente poco. Solo due uscite, diciamo, stile falesia. Questa voglia repressa di scalare sul ghiaccio però ha avuto anche un aspetto positivo: accumuli, accumuli, e quando sei "sul pezzo" dai il massimo.
E’ cosi che il giorno successivo ad una meravigliosa ciaspolata notturna, preparo il materiale per quello che sarebbe stato un viaggione con i fiocchi. Beppe mi ha gentilmente invitato a partecipare a questo giro in compagnia di Andrea, detto "Gambero" . L’allegra combriccola multi-regionale (Veneto, Romagna e Friuli) si dirige quindi al rifugio Dibona, sotto le imponenti Tofane. Salendo, trovo uno slittino che la sera prima era stato perso da alcuni miei clienti, così Gambero lo trascina su come le spedizioni in Antartide, pregustando la discesa. Dopo una piccola pausa al rifugio e aver riposto lo slittino, ripartiamo alla volta del ricovero invernale Giussani. Gli zaini carichi per bivaccare rendono la salita alquanto faticosa. Arrivati in sella io preparo il bivacco mentre Andrea e Beppe vanno in perlustrazione per vedere le condizioni della cascata. Tornano avviliti e chiedo di vedere le foto… ha tutta l’aria di un ingaggio serio. Beppe dice che la cascata in questi giorni di caldo, ha preso una "seccata"… Passiamo una freddissima serata per quanto riguarda le temperature ma non altrettanto per quanto riguarda il calore umano e la simpatia.
L’indomani partiamo alle otte e mezza e in 15 minuti siamo all’attacco. Parte Andrea su un ghiaccio molto secco che regala tetre rose e molti blocchi di ghiaccio che cadono, giusto per cominciare bene. Due tiri di quarto passano veloci, non altrettanto il freddo: le temperature sembrano sotto i meno dieci gradi. Dopo questo riscaldamento so che tocca a me andare da primo. Guardo in alto con preoccupazione. Mi aspetta un tiro molto impegnativo, una placca verticale con pochissimo ghiaccio e possibilità di proteggersi pressoché nulle. Parto carico e d’un fiato passo il primo tratto duro. Mi proteggo alla meglio, mi aspetta un traverso molto delicato, batto e parte una crepa, bene! Riesco ad uscire in qualche modo da questo tiro killer, è la prima volta che su un tiro duro mi sono fermato, ho chiuso gli occhi e mi sono fatto coraggio da solo, "dai Marco che ce la fai, ce la fai…. ma non cadere." Esco dal ghiaccio schifoso dopo molti metri e finalmente posso battere su un ghiaccio sano. Tiro un urlo secco, un brivido mi parte dalla testa e scende fino ai piedi. Recuperando gli altri sento cadere grossi pezzi di ghiaccio. Sicuramente uno dei tiri più duri che abbia fatto. Non un tiro di "pompa", ma molto tecnico, dove le piccozze vanno usate con delicatezza. Vietato battere troppo!
Bene, sembra che il peggio sia passato, ma non è cosi. Riparto per un altro tiro molto impegnativo. Un'altra placca con poco ghiaccio mi fa tremare di nuovo, ma ormai sono nel trip… il cervello si è bruciato già nel tiro di prima. Salgo ancora fino a degli strapiombi. Riesco a proteggermi bene sotto i piedi ma poi nulla. Anche qua, se cadessi rimbalzerei su una cengetta e poi giù. Prendo coraggio e parto, salgo due metri, ma i funghi sono ricoperti di neve inconsistente. Sono costretto a tornare indietro dallo strapiombo. Riparto più a destra, sono quasi fuori ma devo cambiare mano sulla picca e non so se ne ho abbastanza. Non c’è tempo per decidere, o la va… o la va! Esco indenne anche da questo tiro e un altro urlo mi porta alla sosta. Per oggi ho dato.
L’ultimo tiro lo fa Beppe, che come una macchina se lo brucia. Dopo due tiri molto tecnici quest’ultimo è uno di quelli che ti svuotano le braccia: quaranta metri più o meno verticali, con un solo riposo. Mentre salgo, Beppe dice che manca ancora un tiro duro e inizio a preoccuparmi. Ho i crampi alle braccia … ma per fortuna è un simpaticone e la cascata è finita lì! Dopo le calate sulle Abalakov già montate in salita, un abbraccio è obbligatorio. Mi incammino solitario verso il bivacco, ancora in trance. Basta mangiare qualcosa al volo e il cervello si riprende dal torpore. Io scendo con gli sci e mentre aspetto al Rifugio Dibona Andrea e Beppe che sono a piedi riprendo un po’ di temperatura vicino alla Stube. Due chiacchere con i gentili gestori e, arrivati i compagni di avventura, giù con lo slittino verso la macchina! Certamente il rientro più simpatico di sempre. Sicuramente una delle cascate più impegnative che io abbia aperto. Un viaggio in un ambiente unico, un avvicinamento lungo con un bivacco, e la solitudine delle Tofane dal versante selvaggio. Che dire, mi serviva. La mia anima da alpinista si è risvegliata alla grande, dopo un anno di esami da guida alpina. E adesso…. Fight like a lion.
UN MOMENTO DA RICORDARE di Andrea Gamberini
Siamo in sosta in una nicchia al riparo sotto l’ultimo tiro, la sosta è ottima su due viti da ghiaccio e un cordino piazzato attorno ad una grossa candela, i piedi sono comodamente appoggiati su terrazzino orizzontale di neve dura. E’ passato da poco mezzogiorno e già da mezz’ora i primi raggi di sole sono spuntati a sud dietro questa imponente parete della Tofana di Mezzo. Il tepore solare ci terrà compagnia riscaldandoci le ossa e il morale per un’altra oretta, prima di lasciarci di nuovo nell’ombra e sparire alle spalle della famosa "big" Tofana di Rozes. In lontananza è visibile la Malga della Val Travenanzes e più dietro il gruppo del Lagazuoi Nord. Aggrappati su questa impressionante linea di ghiaccio siamo completamente immersi in questo scenario Dolomitico di cime e pareti color fuoco vivendo un’atmosfera surreale.
"A volte mi chiedo come si possa così amare la stagione fredda, non può essere solo per il ghiaccio e la passione per le cascate. D’inverno, oltre alla solitudine e il freddo di certi angoli delle montagne, si assapora qualcosa in più, spesso inspiegabile". Distolgo lo sguardo che precipita nel vuoto verso la base della parete mentre sento dissolversi la leggera brezza gelata che ci accompagnava fin dalle prime luci dell’alba. Fino a poco fa ci chiedevamo il perché ci fossimo ficcati su per questa difficile linea, mentre ora, che mancano solo quaranta metri e il sole moralmente ci aiuta, ci pervade la convinzione di avercela fatta.
Manca ancora la legnata finale. Beppe carico come non mai è appena partito, procede deciso e sorridente, per scalare il muro finale di quaranta metri paurosamente verticale, Marco ed io facciamo le più svariate considerazioni di come è stata questa salita. Non senza problemi, ma con gran classe Marco si è trovato a gestire il peso morale e fisico di salire da primo di cordata risolvendo i due tiri precedenti. A volte in tali situazioni capita di accettare circostanze dove l’estrema concentrazione è miscelata ad una disinteressata indifferenza!
Mi è capitato di aver scalato altre cascate dure in questi anni, in compagnia di bravi compagni e già dalla sera precedente mi ero fatto un’idea osservando questo tratto col binocolo convinto che ci aspettassero forti difficoltà. Il "problema" delle cascate difficili è che viste da lontano sembrano proprio dure, quando ci sei sotto diventano più invitanti e poi quando ci sei dentro che scali ritornano più dure di prima!
Il caldo e vento dei giorni scorsi avevano seccato e diminuito lo spessore del ghiaccio, "regalandoci" colate anoressiche, frange instabili e difficili chiodature a tratti "aleatorie" (cit. Manu, 2013)! Son quei tiri di corda che ti azzerano la salivazione, che ti svuotano per benino le braccia e ti cucinano la testa! L’impegno è stato arduo pur salendo da secondo… dovendo lottare lentamente per poter risolvere il tratto chiave, arrampicando con delicati agganci di picozze e minimali appoggi in punta di ramponi, evitando vigorose picozzate e inventandosi improbabili riposi, per poter diminuire i battiti e respirare profondamente…
L’emozione è stata intensa, e lo è tutt’ora… forte, salire una nuova cascata come questa nel cuore delle Dolomiti! Grazie ragazzi per i momenti di avventura, per l’ottima compagnia nelle due giornate e per aver preso parte a questa salita, bravo Beppe e bravo Marco!
Una volta "fuori" non ci resta che stringerci la mano e lasciarsi scivolare giù per le corde doppie fino ai pendii basali e rientrare sotto un tramonto invernale!
SCHEDA: Psyco Killer, Tofane, Dolomiti
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