Il progetto Antartide e il filo rosso di Manuel Lugli
Quando una persona arrivata ben oltre la metà della propria vita volge il proprio sguardo indietro, spesso lo fa per nostalgia, che può essere dolce o sciogliersi nel rimpianto. Altre volte lo fa per tentare un bilancio e altre ancora per ricordare momenti precisi. Persone incrociate, trovate o perse. In alcune occasioni lo fa per motivi “burocratici”: un curriculum da inviare, lavoro, cose così. Alcuni momenti servono per chiudere psicologicamente o concretamente una fase del proprio tempo, un’esperienza che si pensa sia finita e non possa tornare più. Altri invece servono per il motivo opposto: per cercare negli anni passati un filo rosso che li colleghi al presente, un filo che può diventare a volte molto sottile ma non si spezza mai.
Personalmente, a 57 anni suonati, mi sento in quest’ultimo stato: mi volto indietro e ho cura di far buona manutenzione a quel filo rosso che tanti momenti ha tenuto cuciti insieme: un filo fatto di ore, giorni, mesi e anni di viaggi, spedizioni, trekking, sciate, cammini, incontri, scontri, salite, discese, freddo, buio, sole abbacinante e aria tersa. Insomma, tutti momenti che fanno parte profondamente, anzi costituiscono la linfa vitale di chi decide di vivere il mondo vagabondando quanto più possibile per sentieri, montagne e deserti.
C’è un libro molto bello di Christoph Ransmayr, “Atlante di un uomo irrequieto”, fatto di tante piccole storie che l’autore racconta. “Le storie non accadono, le storie vengono raccontate”, premette Ransmayr conducendo il lettore attraverso resoconti di piccoli eventi, incontri e storie accadute negli innumerevoli vagabondaggi in tutto il mondo da lui compiuti. “Ho visto” è la formula che apre tutti i racconti: una dichiarazione d’intenti e una testimonianza esemplari. Mi sarebbe proprio piaciuto avere questa idea del dichiarare la propria esperienza: ho visto. Una visione che per i veri viaggiatori abbraccia tutti i sensi, perché se l’esperienza è vera, non filtrata da barriere inutilmente protettive – quanta “protezione” forzata ci viene sempre più imposta... - non esiste visione senza odori, contatti, rumori. Le emozioni si muovono in noi e spaziano attorno a noi e così “vediamo” con tutto il corpo.
Ho visto. Nella mia vita ho visto un po’ di cose e in questa necessità di vedere – e spesso anche raccontare - mi sono sempre sentito altrettanto irrequieto. Qui torna allora il filo rosso di cui dicevo. Se mi volto lo vedo distintamente, lo vedo raggiungermi, avvolgermi e superarmi, perché credo che ancora molto ci sia da vedere e conoscere. Paesaggi infiniti, terre remote che richiamano per la loro vastità e altitudine. Ma anche persone ed esperienze intrecciate. Per quale ragione vale veramente la pena vivere, se non per ampliare i propri orizzonti, superare i confini ristretti della nostra esperienza personale, troppo spesso nutrita di piccole e grandi paure? Paura di ciò che non si conosce, della diversità, dell’alterità come minaccia. I tempi che corriamo sono figli di un impoverimento culturale e sociale che impone a tutti i costi la difesa di piccoli e grandi privilegi, la difesa di confini, una protezione da tutto e da tutti, alterando irrimediabilmente visioni – di nuovo - più libere, ampie e condivise. Ho visto e voglio continuare a vedere, senza farmi limitare da nulla e da nessuno. Tantomeno dai piccoli, mediocri uomini che sempre più tentano di governare i nostri giorni.
E' anche per tutto questo che il mio personale filo rosso continua davanti a me e lega il mio prossimo progetto, uno dei più importanti che abbia mai messo in piedi: l’Antartide. E’ un progetto multiforme che sublima le esperienze che da sempre più amo: il viaggio, l’avventura, la neve, lo sci, gli spazi infiniti. Un mese di pura avventura tra mare e ghiaccio in cui la via è la meta.
Il progetto Antartide prevede diversi momenti. Il primo è quello della spedizione sci-alpinistica alla penisola Antartica, che durerà dal 27 dicembre 2018 al 30 gennaio 2019. Una spedizione che condividerò con l’amico Matteo Guadagnini, grande sci-alpinista ed esperto viaggiatore, già compagno lo scorso anno in Groenlandia - che ha attraversato completamente da ovest a est sempre nel 2017. Avremo come campo base mobile lo yacht Pelagic Australis, mitica barca che ha supportato centinaia di spedizioni alpinistiche, documentaristiche (National Geographic, BBC, e altre) e scientifiche. Il Pelagic, con un team di sci-alpinisti e il ridotto equipaggio – 12 persone in totale - salperà da Puerto Williams (Cile) per attraversare con tre giorni di navigazione le 800 miglia nautiche del celebre Stretto di Drake. Quest’ampio tratto di oceano è uno dei più impegnativi e agitati di tutto il globo e richiede grande esperienza di navigazione per poter essere affrontato con un’adeguata sicurezza. Il comando della barca sarà nelle mani esperte di Skip Novak, inglese, da oltre 40 anni mitico skipper d’altura specializzato nella navigazione polare artica e antartica.
Raggiunta la penisola Antartica, durante le successive settimane effettueremo una serie di ancoraggi in alcune delle aree più spettacolari della penisola. Durante gli ancoraggi scenderemo a terra per fare una serie di salite su diverse magnifiche vette, sia in giornata che organizzando campi per mini-spedizioni di due o tre giorni, a seconda della distanza delle montagne dalla costa. Team leader sarà il leggendario Stephen Venables, alpinista inglese di grandissima esperienza, primo britannico a scalare l’Everest senza ossigeno lungo l’immensa parete Kangshung. Oltre alle salite effettueremo diverse esplorazioni della costa in kayak per fotografare la fauna marina antartica.
Ma qui il filo rosso si annoda ad altri due momenti: dall’esperienza della spedizione vorrei ricavare un libro, fatto di testi e fotografie. Una riflessione sull’andare in montagna e il viaggiare in natura, contenente idee, sogni, aspirazioni, paure, successi e fallimenti di trent’anni di vagabondaggi. Naturalmente mi piacerebbe anche offrire uno sguardo ravvicinato su quella meraviglia che è il continente Antartico, raccontando con fotografie e testo il territorio, la storia della sua esplorazione, gli aspetti naturalistici e quelli climatici così attuali.
L’ultimo momento riguarda una raccolta di fondi per il paese in cui ho davvero imparato ad amare gli spazi e le altezze infinite, il Nepal. L’associazione Friends of Nepal, con cui ho collaboro da anni, sta cercando di finanziare alcuni progetti nella valle del Makalu. In particolare un presidio sanitario da istituire presso il villaggio di Seduwa, a cui possano accedere anche gli abitanti dei villaggi più lontani. Una serie di serate prima e dopo la spedizione e i proventi della vendita del libro (sperando di trovare un editore in tempi umani...) saranno dedicati a questo progetto, che non ha scadenza e andrà avanti fino alla sua realizzazione.
Ecco, lo sapevo. Di nuovo il filo rosso scorre avanti e trova nuovi obiettivi, nuovi sogni da realizzare. Perché sognare è magnifico, ma vivere e vedere lo è molto di più.
Manuel Lugli
https://manuellugli.com
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