Per Gigi Dal Pozzo
Gigi Dal Pozzo... Per chi, tra la fine degli anni '70 e gli anni '80, ha avuto la fortuna di conoscere l'arrampicata basta questo nome per aprire un mondo. Quello stesso mondo e quella stessa passione che proprio in quegli anni ha rivoluzionato l'arrampicata nelle Dolomiti e non solo. Bellunese, classe 1956, fortissimo arrampicatore e alpinista, Luigi "Gigi" Dal Pozzo è stato un vero e proprio capo scuola della "nuova" arrampicata del Nord Est. In quegli anni, insieme a una ristretta elite di fortissimi, ha contribuito in maniera determinante ad alzare non solo il livello ma anche il "concetto" di arrampicata. Non a caso quello che ha distinto la sua azione in parete è stata soprattutto la coerenza rigorosa nella ricerca della bellezza che sempre si sposava con la difficoltà. Le sue vie, più di 100, corrono tra le le placche e le pieghe più nascoste delle Marmarole, delle Pale di San Martino, dell'Agner, del Civetta e di molte altre pareti sconosciute ai più. Sono tutte vie bellisisme e impegnative quanto molto severe e rigorose nell'etica di apertura - lo sa bene chi in questi anni le ha ripetute o ne ha tentato una prima ripetizione. Sono tutte vie di assoluto spessore e da conquistare con una passione totale anche per quel loro carattere quasi restio e nascosto che rifugge dal clamore. Insomma assomigliano, e non potrebbe essere altrimenti, al loro autore, come ben traspare dal ricordo di Sandro Neri.
TÀSI, CITA di Sandro Neri
"Zitto, Cita" : caro Gigi, mi sembra di sentirti da lassù, mentre mi inviti a stare in silenzio, a non scrivere niente di te, che ci hai appena lasciati. Mi chiamavi come la scimmia di Tarzan, sin da quando, 33 anni fa, mi prendesti praticamente per mano, per portarmi in montagna con Nanni de Biasi. Capitavi in palestra di roccia correndo come un pazzo con una moto sgangherata; scalavi traversi incredibili già da quel 1979, appena tornato dal Verdon con un certo Manolo... portando nel bellunese i primi modelli di scarpette EB Supergrattòn (strette e dolorosissime).
Te ne sei andato ieri l'altro sera, dopo tre anni di guerra senza tregua contro la malattia, la tua via più difficile. La stessa grinta e dignità che hai impiegato in quarant'anni di grande alpinismo, ce l'hai messa in questa lotta silenziosa e composta, dove hai dato tutto te stesso, come sempre. Hai saputo sorridere e scherzare anche sul tuo male, mantenendo quella vena di sagacia e quel senso del paradosso unico, esclusivamente tuo.
Non è certo questo il momento per raccontare nel dettaglio quante decine di vie hai aperto in Dolomiti, quanto dure e non molto conosciute: dalla Civetta nei sui molteplici versanti, all'Agnèr al Mùlaz, su queste e tante altre pareti hai lasciato il segno della tuo passaggio, creativo e leggero come sapevi essere tu. Sotto una crosta ruvida e pungente, chi superava quel primo impatto scopriva un uomo straordinariamente sensibile, capace di commuoversi anche per un cane abbandonato in montagna.
Se è vero che arrampicare è un'arte, vecio Gigi, le tue linee in ambiente e in falesia rappresentano un patrimonio, per i giovani climbers di oggi: per ripeterle in montagna sarà bene che si allenino, coltivando un certo pelo sullo stomaco; e per comprenderne l'eleganza sportiva, basta scalare in uno dei tanti luoghi a cui hai dato vita, come Podenzoi.
Un ultimo, breve pensiero va ai tuoi cari che lasci, e alla tua compagna Tatiana, che ti ha seguito fino in fondo con amore unico. Qui mi taccio, perchè il groppo è troppo grosso... e ascolto la tua voce, Gigi : "Tàsi, Cita."
Sandro Neri