Patagonia in inverno. Di Hervé Barmasse
Lo scorso agosto sono partito per El Chalten, in Patagonia, per un po’ di sano e fresco alpinismo invernale. Questo è uno dei luoghi che nei mesi più freddi, per l’isolamento, e la maestosità degli scenari che ti circondano, regala qualcosa in più.
Non era la mia prima esperienza in questa stagione. Ne avevo vissuta una precedente nel 2013 in cui ero riuscito nella prima scalata dei Colmillos (con Martin Castrillo e Pedro Fina), nella salita del Cerro Pollone (dove con Martin non solcammo la punta della cima con i piedi ma “solo” con la punta della piccozza) e di una stupenda e fragile linea di ghiaccio. Il tempo restante, a causa delle proibitive condizioni per scalare era stato dedicato allo sci alpinismo.
Ma il mio amore per la Patagonia ha origini ancora più lontane. Era il 2006, quando, guidato dalla voglia di scoperta e da un’urgente necessità di esplorare i miei limiti mi trovai ad affrontare uno delle grandi sfide ancora aperte della zona, la Parete Nord Ovest del Cerro Piergiorgio. Quello era solo l’inizio di una bella avventura, ci vollero altri due viaggi nei due anni successivi per chiudere questo ambizioso progetto e poter guardare dall’alto questa incredibile parete con Cristian Brenna e Giovanni Ongaro.
Sempre nel 2006 un altro sogno prendeva forma, e con la nuova via aperta sulla Parete Nord del Cerro San Lorenzo (con me Matteo Bernasconi, Lorenzo Lanfranchi e Giovanni Ongaro) poteva dirsi chiuso il mio primo viaggio in Sud America. Dopo quelle due indimenticabili scalate ci furono altre montagne e altre esperienze. Difficile dire quale sia stata la più bella, la più emozionante, perché in montagna non esiste la noia e ogni minuto trascorso lassù, è un momento di gioia, un respiro di vita.
La partenza di quest’anno è una fotocopia della mia prima esperienza invernale; riempio le sacche di materiale, di speranza e fiducia. Arrivando a El Chalten noto che il numero di abitazioni e attività commerciali sono aumentate ancora ma che Il freddo pungente e le poche ore di luce non fanno gola ai turisti. Per le strade non si vede nessuno. Abituato alle lunghe giornate europee la notte mi sorprende prestissimo. Guardo le stelle brillare, mi avvisano che da alcuni giorni un paio di cordate sono partite per approfittare del bel tempo. Se voglio scalare devo muovermi in fretta perché a breve il meteo cambierà. Per mia fortuna Martin Castrillo ha voglia di fare una sgambata. È dal 2013 che non ci leghiamo assieme, ma le amicizie, se hanno radici profonde, non muoiono mai.
Preparato lo zaino, questa volta ci avviamo verso la Laguna Sucia. Abbiamo solo due giorni e nessuna idea chiara se non quella di dare uno sguardo a una delle cime che fanno da corona al lago ghiacciato, rientrare e magari tornare per un’ascensione di più giorni.
Il mattino dopo ci attende una giornata semplicemente perfetta. È freddo, ma non freddissimo, ci sono poche nuvole e soprattutto non c’è vento. Ci avviciniamo alla Guja della S. Si sprofonda, la neve è polverosa, ma le condizioni non sono così male. Scaliamo il più velocemente possibile. Guanti sempre indossati, picche che provano a far presa sul ghiaccio e che invece incontrano solo neve polverosa e i ramponi che solleticano il granito rosso. È una salita che non reputo impegnativa, ma ovviamente in inverno ci va un po’ più di impegno e costa un po’ più di fatica, ma quanta bellezza attorno a noi e quanta solitudine. Non si vede nessuno in un posto dove, d’estate, ci sarebbero sicuramente molte altre cordate. Tutto è perfetto così com’è.
Il ricordo più bello arriva in vetta ma non si lega al fatto che la cima rappresenta nell’ideale un traguardo e nemmeno perché con molta probabilità è la prima volta che questa guglia viene scalata in inverno. Tutto è perfetto perché siamo felici e tra me e me penso: grazie inverno, non deludi mai.
Durante i giorni e le settimane a seguire la primavera bussa alla porta con un po’ di anticipo. Il meteo diventa instabile, ventoso e con un po’ di delusione ripiego nuovamente sullo sci alpinismo. Non avere nessuna altra occasione per scalare mi regala ancora una volta il motivo di salutare El Chalten e gli amici con un cordiale Nos Vemos Pronto.
di Hervé Barmasse