Monte Disgrazia per la Via dei Corvi sulla Punta della Speranza
Continuando il suo suo giro d'Italia per montagne e pareti Ivo Ferrari ci propone la salita della via dei “Corvi” sulla Punta della Speranza o Quota 3483 al Monte Disgrazia. Una via aperta da Benigno Balatti, Gianfranco Lafranconi, Riccardo Riva e Fulvio De Marcellis nel 1985 e ripetuta solo una volta, che merita di essere raccontata e ricordata dallo stesso Benigno Balatti vero amante di questa montagna.
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Tracciato via dei “Corvi” alla Punta della Speranza o Quota 3483 al Monte Disgrazia
archivio Ivo Ferrari
Sono sempre più convinto che in Montagna, ognuno di noi possa fare quello che vuole e come vuole, ovviamente rispettando quelle regole non scritte che TUTTI conosciamo! Sono sempre più convinto che in Montagna non ci si possa inventare niente. Vendere è facile, basta fare foto e saperla raccontare, ma inventare no, ci si inventa solo se ci si prepara!
Oggi siamo stati al Disgrazia, dopo la seconda ripetizione della via dei “Corvi” sulla Punta della Speranza o Quota 3483, da parte di Valentino e compagno, mi sembrava giusto rispettare il detto “non c’è il due senza il tre... ed il quattro vien da sé!” Perché quattro? semplice, noi eravamo in due, ma ognuno ha rispettato le regole a proprio modo, con la sua personale velocità e veduta... Siamo saliti in compagnia fino alla base e poi, niente corde, solo voglia di salire. Ecco spiegata la terza e la quarta ripetizione! Potrebbe sembrare uno strano modo per andare in giro, ma ci troviamo in sintonia così, e così va bene!
Oggi in quel posto dimenticato il giusto per essere poco frequentato, faceva freddo. Quello vero, quello che ti fa scattare poche foto, quello che non fa uscire le parole dalla bocca e ti colora il naso di bianco gelido. Quello che una volta ritornato alla macchina ti fa piangere per il male alle dita dei piedi (una volta tolti gli scarponi). Oggi era inverno lassù, sì forse non quello cattivo cattivo, ma pur sempre freddo.
Lo svegliarsi presto, il viaggio nella notte, la luce artificiale sul sentiero verso il rifugio Porro, le ciaspe nella neve ventata, il silenzio rotto solo dalla voce del Vento... Sì! Sono sempre più convinto che “prepararsi” testa e fisico possa aiutare la voglia che si perde nel tempo.
La linea evidente è sopra la nostra testa, c’è poco da pensare e tantomeno da dire. Si parte, io con i miei attrezzi, di marche diverse dall’Amico, io con i miei battiti cardiaci, lenti e regolati con il resto del mio corpo. La neve piano, piano si trasforma in ghiaccio, secco e duro... picchio deciso le lamine, salgo regolare. Ogni movimento è simile tutti gli altri movimenti.Questo tipo di salite mi piace, non ne sono un fanatico, ma ne traggo benessere.
Sulla cima ci siamo stati poco, il Sole ci ha concesso il suo tepore, ma finisce sempre così: si vuole, si desidera una salita e, una volta terminata, non c’è il tempo per “viverla” diversamente, bisogna scendere, non c’è una vera spiegazione, bisogna scendere perché siamo uomini di fretta... il cervello sta già pensando ad altro, a nuove mete, a nuove idee.
Un grazie particolare va a Benigno Balatti per averci regalato linee quasi sconosciute e a Valentino Cividini per avermi stimolato. La via è bella, di stampo classico, il seracco poco distante non va “sempre” guardato, e il vento fa alzare le orecchie in discesa. Consigliabilissima, anche legati!
di Ivo Ferrari
RICORDI di un Amore di Benigno Balatti
Nel 1978 al sesto tentativo riesco finalmente a salire la Nord del Disgrazia. Qualche anno dopo, agli inizi del 1985, salendo al bivacco Taveggia alla ricerca di nuovi itinerari notiamo questa magnifica via con goulotte finale, bella ed eccitante a causa del seracco sovrastante (il seracco in quegli anni era molto più marcato e pericoloso). Purtroppo siamo costretti a rinunciare per il maltempo, rimandiamo ad un'altra occasione.
E' il 14/6/1985 quando dopo il turno di lavoro del mattino partiamo in due cordate (io con Gianfranco Lafranconi e Riva Riccardo con De Marcellis Fulvio), arriviamo poco prima del buio sotto una grandinata che poi si trasformerà in neve. Ahimè l'indomani (15/6) scopriamo uscendo dal bivacco 25 cm di neve fresca, decidiamo così di comune accordo di riposare e partire nel pomeriggio verso le 14,30, visto che la parete va in ombra.
Scendiamo sul ghiacciaio e risaliamo fino alla crepaccia terminale per un pendio di ghiaccio con vari crepacci, ora al posto del pendio c'è un buco di roccia con crollo di seracchi. Saliamo il couloir abbastanza nevoso con qualche tratto più ripido in conserva, arrivati alla base della goulotte la risaliamo per un tratto difficile e verticale per via del ghiaccio crostoso e della neve farinosa, lasciamo 2 chiodi da roccia (75/90°) poi su ghiaccio fino in vetta. Usciamo al tramonto, ci diamo la mano contenti ed euforici poi scendiamo al bivacco Taveggia dove ci aspettano due amici.
Dopo questa salita i miei sogni diventano realtà e il Disgrazia diventa la mia seconda casa. Non sempre trovo compagni, gli amici vanno tutti al Monte Bianco ed io vado controcorrente, l'ambiente che mi circonda è maestoso e mi attrae notevolmente portandomi talvolta ad andarci anche da solo, in varie occasioni focalizzo diverse linee di goulotte e di misto ancora vergini.
Su questa montagna imparerò a muovermi di notte su ghiacciaio in luoghi sconosciuti e di giorno in campo tecnico. In tanti anni di vittorie e sconfitte imparerò ad amare questo ambiente che mi porterà ad aprire 23 nuove vie e una variante importante.
Oggi siamo stati al Disgrazia, dopo la seconda ripetizione della via dei “Corvi” sulla Punta della Speranza o Quota 3483, da parte di Valentino e compagno, mi sembrava giusto rispettare il detto “non c’è il due senza il tre... ed il quattro vien da sé!” Perché quattro? semplice, noi eravamo in due, ma ognuno ha rispettato le regole a proprio modo, con la sua personale velocità e veduta... Siamo saliti in compagnia fino alla base e poi, niente corde, solo voglia di salire. Ecco spiegata la terza e la quarta ripetizione! Potrebbe sembrare uno strano modo per andare in giro, ma ci troviamo in sintonia così, e così va bene!
Oggi in quel posto dimenticato il giusto per essere poco frequentato, faceva freddo. Quello vero, quello che ti fa scattare poche foto, quello che non fa uscire le parole dalla bocca e ti colora il naso di bianco gelido. Quello che una volta ritornato alla macchina ti fa piangere per il male alle dita dei piedi (una volta tolti gli scarponi). Oggi era inverno lassù, sì forse non quello cattivo cattivo, ma pur sempre freddo.
Lo svegliarsi presto, il viaggio nella notte, la luce artificiale sul sentiero verso il rifugio Porro, le ciaspe nella neve ventata, il silenzio rotto solo dalla voce del Vento... Sì! Sono sempre più convinto che “prepararsi” testa e fisico possa aiutare la voglia che si perde nel tempo.
La linea evidente è sopra la nostra testa, c’è poco da pensare e tantomeno da dire. Si parte, io con i miei attrezzi, di marche diverse dall’Amico, io con i miei battiti cardiaci, lenti e regolati con il resto del mio corpo. La neve piano, piano si trasforma in ghiaccio, secco e duro... picchio deciso le lamine, salgo regolare. Ogni movimento è simile tutti gli altri movimenti.Questo tipo di salite mi piace, non ne sono un fanatico, ma ne traggo benessere.
Sulla cima ci siamo stati poco, il Sole ci ha concesso il suo tepore, ma finisce sempre così: si vuole, si desidera una salita e, una volta terminata, non c’è il tempo per “viverla” diversamente, bisogna scendere, non c’è una vera spiegazione, bisogna scendere perché siamo uomini di fretta... il cervello sta già pensando ad altro, a nuove mete, a nuove idee.
Un grazie particolare va a Benigno Balatti per averci regalato linee quasi sconosciute e a Valentino Cividini per avermi stimolato. La via è bella, di stampo classico, il seracco poco distante non va “sempre” guardato, e il vento fa alzare le orecchie in discesa. Consigliabilissima, anche legati!
di Ivo Ferrari
RICORDI di un Amore di Benigno Balatti
Nel 1978 al sesto tentativo riesco finalmente a salire la Nord del Disgrazia. Qualche anno dopo, agli inizi del 1985, salendo al bivacco Taveggia alla ricerca di nuovi itinerari notiamo questa magnifica via con goulotte finale, bella ed eccitante a causa del seracco sovrastante (il seracco in quegli anni era molto più marcato e pericoloso). Purtroppo siamo costretti a rinunciare per il maltempo, rimandiamo ad un'altra occasione.
E' il 14/6/1985 quando dopo il turno di lavoro del mattino partiamo in due cordate (io con Gianfranco Lafranconi e Riva Riccardo con De Marcellis Fulvio), arriviamo poco prima del buio sotto una grandinata che poi si trasformerà in neve. Ahimè l'indomani (15/6) scopriamo uscendo dal bivacco 25 cm di neve fresca, decidiamo così di comune accordo di riposare e partire nel pomeriggio verso le 14,30, visto che la parete va in ombra.
Scendiamo sul ghiacciaio e risaliamo fino alla crepaccia terminale per un pendio di ghiaccio con vari crepacci, ora al posto del pendio c'è un buco di roccia con crollo di seracchi. Saliamo il couloir abbastanza nevoso con qualche tratto più ripido in conserva, arrivati alla base della goulotte la risaliamo per un tratto difficile e verticale per via del ghiaccio crostoso e della neve farinosa, lasciamo 2 chiodi da roccia (75/90°) poi su ghiaccio fino in vetta. Usciamo al tramonto, ci diamo la mano contenti ed euforici poi scendiamo al bivacco Taveggia dove ci aspettano due amici.
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