Messy Dreamers nella Ak-Su valley in Kirghizistan per Alessandra Prato e Camilla Reggio

Il racconto di Camilla Reggio della spedizione insieme a Alessandra Prato nella valle Ak-Su nel Pamir Alay in Kirghizistan, dove le due alpiniste hanno aperto 'Messy Dreamers' (7b, 500m).
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Dopo l'apertura di 'Messy Dreamers' nella Ak-Su valley, Kirghizistan (Alessandra Prato, Camilla Reggio 08/2024
Alessandra Prato / Camilla Reggio

La nostra prima spedizione, meta Kyrgykstan, Ak-Su valley. Siamo io, Camilla Reggio, dottoranda presso il politecnico di Torino, e Alessandra Prato, astrofisica che per la passione per la scalata e montagna ha deciso di lasciare il suo lavoro da ingegnere per buttarsi con me in questa pazzesca avventura. Insieme ci siamo immerse in una valle incantata e abbiamo vissuto un’esperienza ai confini della realtà: un mese a scoprire nuove pareti, a esplorare culture e luoghi stranieri, a scalare linee pazzesche, da fessure perfette a terribili placche con annesse teppe marce, fino a chiodare e trapanare vie inesplorate.

Infatti dopo esserci ambientate in questa valle magica, ripetendo vie come La Bolla, Missing Mountain e la via Centrale al Petit Tour, ci sentiamo pronte ad iniziare il nostro progetto. Iniziamo a scrutare tutte le montagne, lato destro e lato sinistro, dai lunghi avvicinamenti a quelli corti. Intravediamo una parete, nascosta da un contrafforte davanti e una cascata. Zaino in spalla il mattino seguente partiamo cariche a mille. Il sole batte caldo e dopo circa tre ore siamo davanti alla base della parete: qui una linea la si trova, mica si può ridiscendere per poi ricominciare da capo, no? Ce la giochiamo a sorte: tocca ad Ale cominciare e sceglie un attacco dalle esili fessure, molto carino. Parto io e faccio il secondo, non difficile, ci porta ad una grande cengia dove decidiamo di lasciare il materiale e di scendere al campo base per poi ritornare il giorno dopo con il cibo e il materiale da bivacco. Ormai il dado è tratto, siamo concentrate e focalizzate sul nostro progetto: vivere un'avventura solo nostra e lasciare il segno in questa bellissima valle.

La continuazione della via si rivela più lunga del previsto. Il giorno seguente siamo ancora su e riusciamo ad avanzare fino al 4° tiro. Bivacchiamo a base parete in un grottino naturale, ma il mattino arrampicare con l’intestino in subbuglio non è il massimo della vita…Il giorno successivo risaliamo le corde e altri non facili tiri ci mettono alla prova. Sul tiro chiave mettiamo purtroppo da parte l’etica della arrampicata libera e con due punti di A0 riusciamo a proseguire con la nostra avventura. Il terzo giorno in parete ci accoglie con un tempo incerto e preferiamo scendere al campo base e tentare la chiusura della via alla prima finestra di bel tempo.

Dopo tre giorni di rest (il che voleva dire camminare due giorni verso il Bird Peak assieme a tre amici con meteo instabile) decidiamo di salire in un primo pomeriggio con un vago rischio di pioggia, sono giorni che volevamo salire e quindi, nonostante il rischio, andiamo! Proviamo a montare il primo tiro, ma la pioggia ci ha preso in pieno e quindi ci rintaniamo nella grottina. Durante la cena a base di pasta e tonno dei tuoni ci impensieriscono e in tempo zero arriva una pioggia incessante, una bomba d'acqua. La parete davanti a noi si ricopre di cascate d'acqua misto detriti. Non possiamo fare nulla, uscire da lì è peggio. Il colouir da dove eravamo saliti è diventato una trappola per topi, senza vie di fuga. Con pazienza abbiamo aspettato e verso tarda sera smette di piovere lasciandoci la speranza di poter completare il nostro piccolo sogno il giorno seguente. Partite verso le 7.00 arrampichiamo tutti i tiri provando la libera, anche se con scarsi risultati per il tiro chiave. Ma abbiamo fretta, volevamo finire la via. Apriamo altri due tiri e l'obiettivo è lì vicino, lo si vede: l’anticima del Peak 3850.

Parto per l'ultimo tiro, verso metà Ale grida che è tardi, di piazzare la sosta e di scendere. Ma lì ho spento il cervello, volevo arrivare su, anche se stanca, anche se era tardi.. alla fine lo vedo: il precario chiodo di Ulug, la via che corre a fianco della nostra, quello per noi era l’arrivo. Piazzo l’ultimo spit e con la testa faccio che guardare su, e osservo la cresta che porta in cima per quelle “facili roccette”. Con il cuore pieno di gioia iniziamo le calate per evitare il buio che avanza. All'ultima calata urla di felicità risuonano nella valle: Ale ed io ce l’abbiamo fatta! Abbiamo finito la nostra via sane e salve!Son contenta di aver vissuto una bellissima avventura in quell’angolo remoto di mondo, circondate da pareti immense che fanno sognare. Son contenta di averlo fatto con Ale: essere amiche con un obiettivo comune ha fatto sì che nel momento del bisogno ci fossimo sempre l’una per l’altra, superando i nostri limiti, fisici e mentali.Ale ed io viviamo la scalata sognando queste pareti verticali, misteriose ed affascinanti. Siamo però sempre pronte a cogliere al volo occasioni di avventure diverse. Sembra che noi si faccia tutto in maniera caotica e disordinata, ma del resto seguiamo il flusso e lo scorrere della vita, mai ordinato o schematico, ma libero e in continua evoluzione.

La via è stata ripetuta e liberata da due nostri amici scandinavi/russi, Misha ed Elias, che ringraziamo tantissimo. Dopo aver concluso la nostra via ci siamo dedicate e scalare altre pareti ed a esplorare la valle.

Ringraziamo anche i nostri sponsor, AKU, Grivel, CAI Chieri, Karpos, l’Alpstation Montura-Ravaschietto, CAI SEM, Ferrino e Tenaya per aver creduto nel nostro progetto.

di Camilla Reggio

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