Le tante volte. Ivo Ferrari e il diedro Maestri - Baldessari al Dain

Ivo Ferrari e il Diedro Maestri la via aperta nel 1957 da Cesare Maestri e Claudio Baldessari sulla Parete del Limarò, Piccolo Dain, Valle del Sarca.
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Sulla via del Diedro Maestri alla parete del Limarò, Piccolo Dain, Valle del Sarca
archivio Ivo Ferrari
La PRIMA VOLTA... a metà dei “favolosi anni 80”

“Cosa dici ci provo?” Jimmy inizia a salire lungo l’interminabile lunghezza chiave, vecchi chiodi e cunei di legno marcio indicano la strada... sale usando tutta la sua giovane forza, e io, osservo attento l’Amico mentre si allontana sempre più. Passa il tempo, parecchio tempo, il terrazzino di sosta è li, vicinissimo, ma le sue grosse braccia sono diventate enormi!

Mi guarda con i suoi occhi chiari, vedo il suo sudore “uscire” attraverso il casco, sono attimi, belli, brutti, di tensione, siamo solo due ragazzi alti da terra... “Ivo, non ce l’ha faccio più, ho un cuneo davanti a me, se tiene, mi riposo e son fuori!”
Un gran rumore! il cuneo è uscito, un lungo e impressionante volo nel cielo di un azzurro irreale! Stringo la sicura più che posso, ma lui sta arrivando sempre più veloce, sono attimi lunghissimi e poi... un gran silenzio, siamo solo due ragazzi alti da terra con tanta paura addosso!
Tutto bene?”
“Eh! ...benissimo, mi sono riempito i pantaloni non poco! Che gran volo, guarda?”

Appesi alla corda stanno due cunei e tre chiodi! Un bel ricordo, non c’è che dire. E ora tocca a me provare. Le parti si sono invertite e dopo un'ora approdo letteralmente sul terrazzino di sosta. Sono passato, non per bravura, ma perché senza il materiale strappato da Jimmy, l’unica mia possibilità di non schiantarmi nel Sarca è stata quella di arrivare in sosta! Martello brutalmente 4 chiodi e li collego... il tempo passa veloce e l’unica decisione sensata, visto il nostro progredire è una bella aranciata al primo bar.

ANCORA UNA VOLTA!

Quante volte ho ripetuto questa fantastica linea, 1, 2, 3, 4, 5... E sono di nuovo sotto l’inconfondibile diedro. Poca fantasia? Semplicemente stamattina mi sono alzato con in testa “il diedro”, ora, che il freddo inizia a bussare sulla porta del tempo, e le giornate si stanno velocemente accorciando ricordandomi che il “letargo” è vicino, la poca voglia di fare chilometri ci ha portato ai piedi di questo “storico” , “vecchio” capolavoro di Cesare Maestri e Claudio Baldessari, quattrocento metri in linea retta, tra roccia sana e meno buona.

“Testa o Croce, parto io!”

Nel cielo nuvole grigie corrono veloci, giocando ad inseguirsi tra loro, il martello penzola all’imbragatura, qualche chiodo è ben disposto nell’apposito moschettone, salgo e mi accorgo che il tempo passa per tutti, anche la roccia invecchia!

Nella categoria dei Santi entra a pieno titolo anche l’inventore dei friend ! Gli “amici” fanno il loro lavoro tra le pieghe del diedro, stiamo correndo, ma dopo un'intensa stagione verticale, la lentezza si trasforma in velocità!

Non ho con me la macchina fotografica, scatto immagini con gli occhi e le stampo nelle testa. Le lunghezze che ben conosco lasciano gli avambracci duri, i movimenti ripetitivi non sono mai uguali. A meta via ritrovo i vecchi, amati 4 chiodi, il pensiero corre a ritroso nel tempo, ricordandomi l’avventura e un Amico scomparso troppo presto.

Maestri prima di “vincere” dovette faticare non poco, con compagni diversi, e un lungo volo costò a Cesare tre denti rotti! Nel suo “Arrampicare è il mio mestiere” l’uomo del Brenta così ricorda la salita;
"[...] Il Dain. Questa parete, perché montagna non si può chiamare, si alza sopra il lago di Toblino. Sul versante est di questo contrafforte, Bruno Detassis aprì nel 1933 un difficile itinerario di sesto grado (la via Canna d'Organo n.d.r.). La parete sud del Dain guarda i tornanti del Limarò e nasce dal greto del torrente Sarca alzandosi per 400 metri. Quattrocento metri di strapiombi, di tetti, di zone d'erba. Una parete da molti giudicata impossibile. La conosco già, in parte, attraverso due miei precedenti tentativi. Il primo, andato a monte per le cattive condizioni atmosferiche, con il sestogradista Settimo Bonvecchio, il secondo con il fiorentino Paolo Melucci, istruttore nazionale del CAI. Anche la seconda volta il tentativo è rimasto tale. Due sono state le cause del ritorno: tre denti strappati per un volo di otto metri e la perdita del sacco contenente viveri e materiale. Anche senza l'incidente dello zaino, non avremmo potuto continuare per il dolore che mi torturava e m'impediva di masticare; per tenermi un po' in forza ero costretto a trangugiare qualche boccone già masticato da Paolo.
Le pareti del Dain terminano nel bosco; questo porta a un pianoro sul quale si trova il piccolo paese di Ranzo.
Io per primo capisco che questa salita non ha nessuna importanza alpinistica e che si riduce a una esibizione puramente acrobatica. La cosa però non m'interessa. E' una parete giudicata impossibile e non mi piace rinunciare alla base dei giudizi che vogliono essere verità assolute. Al mondo la parola impossibile non esiste e voglio dimostrarlo cominciando dal Dain. [...]."


...Le lunghezze diritte verso l’alto ci portano sempre più vicino al cielo, la roccia a volte richiede attenzione, sicuramente una di quelle salite talmente ricche di storia da sconsigliare agli schizzinosi: il bagno per togliere sudore e terriccio è d’obbligo una volta a valle! Mi sto divertendo, fatico il giusto per sentire l’adrenalina attraversarmi il corpo, a volte mi “scopro” a parlare con me stesso, quasi stessi arrampicando da solo, recupero e vengo recuperato. Poi come per incanto esco sul pianoro sommitale, poco distante dal comodo sentiero di discesa, un cordino intorno ad una pianta e recupero il compagno.

Davanti ad bel succo di frutta (pera) vedo negli occhi dell’amico tutta la giornata, vedo occhi rossi e terriccio! Vedo e sento che magari “un'altra” volta ci ritorno ancora, ed il pensiero va ad un grande Alpinista, un uomo duro e temprato, un uomo di cui è stato detto e scritto “tutto”, a volte pesantemente... un uomo, semplicemente un UOMO...

Un giorno uscito in cima dalla via delle Guide mi sono girato indietro, ho guardato verso il basso, avevo la corda legata in vita, ho chiuso gli occhi e, col pensiero, ho gettato la corda a valle... Solo col pensiero! Grande Cesare.

Buone arrampicate a tutti!

Ivo Ferrari



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