La Vita che verrà alla Cima Ghez in Valle d’Ambiez, ovvero la chiusura di un bellissimo cerchio per Alessandro e Rolando Larcher
Lunedì 14 agosto 2023, un cerchio importante della mia vita si è chiuso.
L’avevo aperto nell’estate del 1999, quando Alessandro, il mio primogenito, era ancora nella pancia della mamma. In quel periodo rientravo in Dolomiti dopo l’apertura di Hotel Supramonte. Ero felice, euforico e non ancora sazio d’avventura. Avevo bisogno di una nuova sfida, che per motivarmi, potesse superare quella appena compiuta. Cosa non facile da trovare, per i miei limiti fisici e per una questione estetica.
Tuttavia, la fantasia mi venne in soccorso! Immaginai di aprire una via in solitaria, in autosicura dal basso, sulla liscia parete vergine del Ghez. Incredibilmente alla fine di luglio, quell’immaginazione divenne realtà e scelsi il nome: La vita che verrà. A settembre tornai per scalarla in rotpunkt, ma questa volta accompagnato da un amico, Dario Feller.
Dopodiché la vita seguì il suo corso: ad ottobre nacque un maschietto; negli anni successivi diverse cordate tentarono la salita senza successo; Alessandro crebbe e inaspettatamente si appassionò all’arrampicata. In quel momento, la mia fantasia riprese a correre: sarebbe stato magnifico se un giorno fosse stato proprio lui il primo a ripetere la via in libera!
Nel 2019, in occasione del ventennale suo e della via, gli suggerii l’idea, ma i tempi non erano ancora maturi. Nel 2022 tornai all’attacco e quasi per farmi un piacere accettò. Una volta in parete, l’entusiasmo fu immediato e prima della fine dell’estate volle fare un secondo giro.
Infine arriviamo all’estate 2023 quando, appena libero dagli esami universitari di medicina, lui mi ha chiesto di ritornare in Val d’Ambiez! La mia risposta è stata: il primo giorno di sole partiamo! Dopo un’impegnativa giornata di ripasso e solo due giorni di riposo per non scordare le complesse sequenze, il 14 agosto in 12 ore di parete, Alex è riuscito a chiudere questo fantastico cerchio. Lui felice ed io al settimo cielo! Non avrei potuto chiedere nulla di più dalla vita e da questa irrefrenabile passione per la scalata!
P.S. In partenza per l’ultimo tiro di 8a, notammo incuriositi una persona sul ghiaione alla base. Sono rarissimi gli escursionisti che passano per la sperduta Valle del Dalun. Quando l’ospite ci salutò, riconobbi subito la sua voce! Incredibile, era Dario, il compagno nella mia salita in libera di 24 anni prima! Per puro caso stava facendo un’escursione lassù, all’insaputa della nostra presenza. Che meravigliosa coincidenza, che magie inspiegabili può regalare la vita.
di Rolando Larcher
Rolando ringrazia: La Sportiva – Petzl – Montura – Totem Cam
LA VITA CHE VERRÀ di Alessandro Larcher
Nell’estate 2022 ero alla ricerca di un progetto interessante, volevo provare una delle tante belle e dure multipitch vicino a casa nelle Dolomiti di Brenta. Da un po’ mio padre mi parlava di La vita che verrà, una sua via aperta in solitaria nell’estate del 1999, dedicata alla mia mamma ed a me che stavo per nascere.
La via poi papà la liberò nel settembre dello stesso anno, accompagnato dall’amico Dario Feller e nonostante alcuni tentativi in questi 23 anni, nessuno era ancora riuscito a ripeterla in libera.
La via si trova in Val d’Ambiez, una perla del Trentino, vicina a tutto ma a suo modo isolata. È un luogo che amo, scenica e pura, con i suoi prati verdi che salgono fino alla base delle bellissime pareti, costituite da un calcare di altissima qualità.
La vita che verrà aveva tutte le carte in regola: legame affettivo speciale, location spettacolare e impegno garantito. La difficoltà massima da relazione era data “soltanto” 7c+. Sicuramente non facile, ma nemmeno estrema, ma qualcosa dentro mi faceva presagire che su quei tiri la fatica sarebbe stata tanta.
Nel giugno 2022 abbiamo deciso di andare a provarla, accompagnati dall’amico Geremia Vergoni. Il primo tiro sul 7a (ex 6c) è filato liscio, salito da Geremia come capo cordata. Sul secondo, dato 7c, sono partito io e dopo un po’ di voli per capire come uscire dalla prima pancia, si è lasciato salire senza opporre troppa resistenza.
Sul terzo tiro (dato 7c+, ma 8a è il grado onesto), la scalata diventa molto tecnica ed esigente. Cambia il tipo di roccia, sempre di qualità ma molto liscia, svasata e con pochissimo grip. Su questa lunghezza ho dato il 120% e dopo una battaglia interminabile, sono riuscito a concatenare tutte le sequenze e raggiungere la sosta a-vista. Una delle più belle battaglie che abbia mai affrontato! Un concentrato di difficoltà: fisica, tecnica e di lettura. Ero gasato e molto soddisfatto e ora rimanevano “solo” due 7c e poi altri 4 tiri più facili. Tra me e me pensai che forse sarebbe stato possibile ripetere la via in libera in quella giornata.
Sul 4° tiro però incontrai la dura e cruda realtà dei fatti e iniziai a cadere fin dai primi spit. Proseguendo continuai a trovare sequenze dure e movimenti precari... Salendo immaginai che se sotto era così duro, sicuramente sopra ci sarebbero state le ronchie. E invece no! Sempre duro e soprattutto molto, molto, precario e tecnico. Dopo una battaglia lunghissima e senza aver risolto molti dei singoli della via, raggiunsi la sosta stremato. Pensare di salire il tiro in libera quel giorno era fuori discussione. Ero stanco, con i piedi in fiamme e senza aver capito molte sequenze. Non aveva senso ritentare. Il tiro è difficile e sicuramente molto più di 7c. Recuperati i compagni, feci i “complimenti” a mio padre, per aver dato il tiro 7c e per aver aperto in solitaria quei run out con la mamma a casa a fine gravidanza…
Il 5° tiro, dopo una prima parte molto bella e tranquilla in fessura, esce su una placconata grigia. Anche in questo caso la lunghezza è complessa e sicuramente più dura di 7c. Come sul tiro precedente molti dei singoli non li risolsi e ormai mi sentivo distrutto fisicamente e mentalmente. A questo punto avevo capito che la via è dura, sicuramente da rigradare e super complessa. I tre tiri chiave sono un puzzle, dove ogni tassello deve incastrarsi perfettamente al suo posto e in cui non sono concessi errori.
Ad agosto siamo ritornati sulla via, sapendo le reali difficoltà e con l’obbiettivo di riuscire a risolvere tutte le sequenze. La giornata non è andata benissimo, in quanto sul 3° tiro, che avevo salito a-vista, sono caduto più volte. Nei successivi però sono riuscito a risolvere tutti i passi, ottimizzando le methodes. Abbiamo anche fatto la più facile 7° lunghezza per poi calarci e rimandare il tutto alla prossima stagione.
Infine è arrivata l’estate 2023 e dopo la sessione di esami in università, il 12 agosto ero pronto per tornare sul Ghez. Trascorso un anno, la via non la ricordavo più di tanto e così ho passato tutta la giornata a ri-decodificarla e memorizzarla. A fine giornata ero stanco ma soddisfatto, avevo salito in libera anche il 4° tiro, per me il più ostico. e ora bisognava tornare a breve, con tutte le sequenze fresche nella mente.
Due giorni più tardi ci siamo ritrovati nuovamente alla base della parete, pronti per il primo vero tentativo. Dopo un bel volo sul primo tiro per la rottura di una presa (salito poi al tentativo successivo), ho salito il secondo senza troppi problemi. Arrivati al terzo, una piccola indecisione mi è costata cara e sono caduto nell’ultima sequenza dura. Tornato alla sosta ho sfilato la corda e nel tentativo successivo sono riuscito a chiuderlo. Il quarto tiro ora mi aspettava. Sono salito deciso e preciso e tutto è andato nel verso giusto.
Ora mancava solo l’ultimo tiro duro. Dopo aver superato la prima parte, sono arrivato molto stanco alla sequenza chiave e al penultimo spit ero senza energia per moschettarlo. Così l’ho saltato, puntando alle buone prese finali. Qui mi sono ricomposto, riprendendo fiato, per poi proseguire fino in sosta, dove un urlo è uscito naturale per l’adrenalina e la felicità. Papà giù in sosta era ancora più felice di me!
Salgo ancora da capocordata il tiro successivo di 7a e poi cedo la conduzione al Rolandone, per gli ultimi 3 tiri, decisamente più alpinistici. Questi sono chiodati molto lunghi e su roccia non sempre solidissima e nonostante siano solo 6c+, 7b e 6a, ci hanno tenuti impegnati per più del previsto.
In cima siamo arrivati stanchi ma felici e con un forte abbraccio abbiamo chiuso questo bellissimo cerchio. La vita che verrà ha ripetuto La vita che verrà. Una sensazione unica che va ben oltre la scalata.
Alla base della parete mi sentivo esausto. Tutto il giorno appesi, soste sempre scomode e soprattutto la tensione nel cercare di non sbagliare nulla. Ero stanco, ma mi sentivo immensamente grato. Grato per la giornata e per aver condiviso la battaglia in parete con mio padre, felice di essere in quel luogo fantastico dopo una giornata memorabile. Ero seduto sul ghiaione ed ero felice, per tutto il giorno mi ero sentito un tutt’uno con il mondo che mi circondava. Emozioni uniche che mai dimenticherò. La sera ci hanno raggiunto mamma Letizia e mia sorella Anna e tutti insieme abbiamo festeggiato, godendo questo nostro bel momento familiare.
I gradi della via rivisti secondo me sono: 7a - 7c - 8a - 8a - 8a - 7a - 6c+ - 7b - 6a. La roccia per le prime 6 lunghezze è spettacolare e la scalata è sempre molto tecnica e complessa, forse l’arrampicata più tecnica su cui abbia mai scalato.
Casualità vuole che il giorno della rotpunkt, mentre scalavo l’ultimo tiro duro, è passato alla base della parete l’amico Dario Feller, con cui mio papà effettuò la prima salita RP della via. Dopo averci salutati, ci ha scattato delle foto e ci ha accompagnati nella nostra salita.
di Alessandro Larcher
Alessandro ringrazia: La Sportiva - Petzl - Visit Trentino