La teoria del rancore e la ruggine della polemica, di Elio Orlandi

Riceviamo e pubblichiamo un intenso pensiero di Elio Orlandi che, prendendo spunto dai fatti della recente schiodatura del Cerro Torre, invita ad una riflessione più generale e profonda sull'alpinismo e sul suo senso.
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Il Cerro Torre in un disegno di Elio Orlandi
Elio Orlandi
Il versante più difficile e pericoloso di ogni montagna rimane sempre quello delle polemiche e da qualche tempo mi sento nauseato e infastidito nel constatare che purtroppo, e ancora il Cerro Torre, è diventata una montagna capace solamente di ingombrare di ferocia le discussioni e di condannare le sue vittime alla polemica. Anche l'alpinismo sembra ormai un mondo tutto in svendita, con gente sempre pronta a seguire la logica di fissare un prezzo anche al disprezzo.

Ognuno ha il diritto di manifestare la propria opinione, che va sempre rispettata, ma una visione individuale non può trasformarsi in un principio esclusivo arbitrario con la pretesa di imporlo ad altri. Personalmente prima guardo al valore dell'uomo, poi viene quello dell'alpinista. Preferisco la semplicità del buon senso alla complessità delle polemiche; la sincerità della passione alla falsità del successo; il senso della misura e del rispetto invece che l’insolenza dell’arroganza. Ed è per questo che scelgo di stare dalla parte della gente comune, dalla parte di quella base di alpinisti considerati a torto meno forti perché meno famosi e discutere, considerare, ascoltare e rispettare le loro decisioni, piuttosto che evitare il dialogo per sedermi sul pulpito delle celebrità, spesso prigioniere del proprio egotismo, a pontificare dogmi, giudizi e sentenze con prevaricazione e discriminazione.

Penso che ormai si sia generata troppa confusione su questo tema che evidenzia una profonda mancanza di coscienza, sensibilità e cultura alpinistica, oltre che di una corretta contestualizzazione storica, e mi viene da aggiungere che definire “eroi” i protagonisti di questa vicenda è assolutamente fuori luogo e senza senso. I veri eroi sono liberi dalla schiavitù del proprio ego. Gli eroi stanno da un'altra parte, sono fra la gente comune con il loro duro lavoro, i sacrifici, gli impegni e le difficoltà quotidiane. Sono fra le persone che dedicano la loro esistenza a fare del bene, a salvare vite e prestare solidarietà agli altri. Gli eroi sono le donne e le madri che sacrificano le loro energie per il bene della famiglia e dei loro figli...

Personalmente mi rifiuto di possedere quella moderna dimestichezza di commercializzare anche i sentimenti e ritengo sia anche giusto respingere quell'assurda tendenza di demolire per forza le cose del passato, denigrando le salite di ieri, negando il reale valore soggettivo in rapporto agli scarsi mezzi disponibili di allora, fino a distruggere la personalità e la dignità dei protagonisti.

Quello che lascia sgomenti è il bestiale accanimento alimentato da quell'odio ormai viscerale vomitato da lungo tempo sulla persona di Cesare Maestri, che a questo punto diventa anche umanamente inaccettabile. Ed è ora che tutta questa indecente e infinita storia tocchi e muova le coscienze e la sensibilità di tanti alpinisti che, con questo esempio d’intollerante arroganza, sentono lesa anche la propria libertà di passione, pretendendo un alpinismo libero da esasperazioni, imposizioni e fanatismi. Una montagna dove ancora ci si possa ritagliare spontaneamente il proprio senso di libertà, donatoci da quel nostro innato soffio di anarchia e di indipendenza mentale, senza codici scritti ma ovviamente nel rispetto dell'ambiente e delle sue regole naturali e, soprattutto, della dignitosa considerazione delle persone.

Se anche nell'alpinismo l'azione di qualcun altro la riteniamo sbagliata o ingiusta, possiamo discuterla e valutarla, magari prenderla come esempio negativo da non seguire e, soprattutto, occasione per migliorare, ma non ripetendo lo stesso errore dissacratorio, reagendo sconsideratamente, peggiorando stile, comportamento e situazione generale; per di più a distanza di quarant’anni, non tenendo conto del contesto storico, culturale, ambientale e caratteriale di quegli anni. Un grande sbaglio dovrebbe ispirare un nuovo percorso di ricerca, non una regressione mentale e comportamentale, attuata per vanagloria o solamente per rincorrere la fama e la smania di notorietà.

Credo che i due ragazzi (N.d.R. Jason Kruk e Hayden Kennedy) abbiano semplicemente sprecato una grande occasione tecnica e umana per dimostrare virtuosamente le loro capacità. Avrebbero potuto proporre la loro salita come valida alternativa di alcuni tratti dello spigolo sud est, nel pieno rispetto della libertà altrui; invece hanno leso il fondamentale diritto di scelta personale di quelli che seguiranno. Ispirati, esaltati e influenzati dal loro “idolo”, si sono arrogati il potere di decidere anche per gli altri, circoscrivendo e limitando l’essenziale principio di libertà di tutti. Avevano pure l'occasione di migliorare la storia invece di cercare di danneggiarla, distruggerla o tentare di cancellarla.

La stessa storia ci insegna che gli estremismi, gli integralismi, le esagerazioni, i fanatismi, le imposizioni, le prepotenze e le intolleranze generano sempre pericolosi attriti ideologici e inutili conflitti che a volte possono portare anche a conseguenze poco piacevoli. Solitamente, ogni eccessiva e perniciosa insistenza moralistica inclusa al fatto di sentirsi superiori agli altri, nasconde sempre lunghe tracce di polverosa e intransigente ipocrisia. Ritengo che l'istigazione a ripetere questi errori, anche nel nostro limitato e futile mondo dell’alpinismo, sia profondamente sbagliato. Sarebbe più opportuno usare intelligentemente quel giusto senso della misura e, di fronte a certe esasperazioni, avere il coraggio di fare un passo indietro, utilizzando queste energie per cose molto più importanti nella vita o almeno per cercare di prevenire, evitando, irrazionali e inutili manifestazioni di "vandalismo".

Questi fatti non sono di sicuro un buon esempio d’innovazione. La vera innovazione non ristagna tra le muffe dell'acredine, ma rimane sempre quella praticata da coloro che vivono con sentimento, umiltà e passione le loro esperienze, con spirito realmente libero e senza interessi o compromessi di sorta, che non limitano la loro vita solo per l’alpinismo o l’arrampicata, che ricercano i loro limiti senza esagerazioni, con sensibilità e uguale considerazione verso se stessi, verso gli altri e verso la stessa montagna.

Di questi tempi troppo votati alla superficialità, mi appare ancora più netta la conferma che la migliore e naturale evoluzione sia sempre quella ricercata nel silenzio, in coerente contrapposizione alle mode e alle tendenze; vale a dire l’attività spontanea fatta per puro piacere e per la genuina soddisfazione della propria normalità, lontana dall’inseguire sconsideratamente il clamore della pubblicità, le paranoie di protagonismo o il marketing d’immagine. Il Cerro Torre non è giusto sia ritenuta una vetta riservata solo per pochi eletti, ma deve rimanere universale come tutte le altre montagne, nel pieno rispetto delle libertà di scelta personali.

Qualche volta bisognerebbe anche sapersi dotare almeno di un poco di quel buon senso, oggi forse così raro, per cercare di rientrare dal giro dei pensieri negativi e spezzare quella catena di dipendenza dalla teoria del rancore e dalla ruggine della polemica, concedendosi se non altro il tempo di potersi disintossicare dagli eccessi di personalismo, dall'egoismo del super ego, dai deliri di pseudopurismo e dalle astiose “vendicanze”, perché la stessa notorietà non ci conferisce né privilegi, né potere; impone invece delle grandi responsabilità.

Che strano è questo mondo alpinistico, dove tutti si elogiano, si abbracciano e si stringono la mano, però quasi nessuno riesce a capire il vero valore della reciproca considerazione e la reale stima. Dove anche l’uomo alpinista, dispensando i soliti convenevoli sorrisi ed elargendo formali complimenti di circostanza, continua comunque ad agire egoisticamente solo per se stesso, si dà sempre ragione accusando il prossimo dei propri difetti e ognuno si vanta denigrando gli altri, lodando le proprie imprese o quelle degli amici, criticando sempre quelle non sue o l’attività delle persone che la pensano in modo diverso.

Quanti nodi alla memoria si potrebbero anche sciogliere se ci fossero la volontà e la disponibilità di applicare la giusta considerazione, la correttezza intellettuale e un’obiettiva equità di giudizio, ma considerato che ormai viviamo in un presente fatto di esagerazioni, isterismi e schizofrenie, forse sarebbe perlomeno il caso di cercare di lasciare in eredità un alpinismo più dignitoso e a misura d'uomo, lontano dai supereroi, dai re di qualcosa, dai profeti di ambiguità, dai censori del nulla, dai cultori del sospetto, dai falsi idoli, dai vip, dai miti e dalle manie di primato, libero da prevaricazioni ed intolleranze, dogmi e fanatismi, sotterfugi ed arroganze, in armonia con se stessi, in equilibrio con gli altri ed in simbiosi con l'ambiente e la natura. E come sarebbe più sensato se molti di questi affabulatori dell'inutile, che scelgono l'esasperazione e la fretta dei record sulle montagne del mondo, rallentassero ogni tanto per guardarsi dentro e interrogarsi se valga veramente la pena vivere così istericamente e frettolosamente la propria passione.

di Elio Orlandi


Elio Orlandi, alpinista, appassionato di arte e cineasta, dal Trentino e dalle Dolomiti del Brenta la sua ricerca e il suo alpinismo si è presto spostato sulle montagne del mondo. In particolare la Patagonia è diventata la sua seconda casa e una terra d'elezione. Su quelle montagne alla fine del mondo Elio Orlandi ha compiuto un grande viaggio che dura tutt'ora. Tra le sue vie patagoniche ricordiamo Magico Est (Torre Centrale del Paine); Titanic (Torre Egger); Otra Vez (Cerro Stanhardt), Cristalli nel Vento (Cerro Torre), Spirito Libero (Torre Nord del Paine), Sogno infranto (Cerro Torre), Linea di Eleganza (Fitz Roy), Osa, ma non troppo” (Cerro Cota 2000 - Paine), El Flaco, El Gordo y l’Abuelito (Torre Centrale del Paine).


Link alle opinioni di:
- Cerro Torre una montagna impossibile, la petizone a favore della rimozione dei chiodi a pressione
- I Talebani del Cerro Torre di Stefano Lovison
- Discussione sul Forum supertopo.com
- Discussione sul Forum fuorivia.com
- Jim Bridwell, il punto di vista sul Cerro Torre
- La Cachaña, un nuevo capítulo para el polémico Cerro Torre
- Lorenzo Castaldi, The Beauty, the Tribe and the Choppers
- Yvon Chouinard
- Carlos Comesana
- Mario Conti
- Kelly Cordes, Senior Editor del American Alpine Journal
- Sebastian De la Cruz
- Rolando Garibotti
- Colin Haley
- Hayden Kennedy e Jason Kruk
- David Lama, intervista a Rock & Ice
- Mario Manica e Manuel Lugli
- Giacomo Stefani, Presidente generale del Club Alpino Accademico Italiano
- Doug Tompkins






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