L'inviolata Muchu Chhish nel Karakoram salita da Jaroslav Bansky, Radoslav Groh e Zdeněk Hák
La spedizione di quest'anno al Hindu Kush in Afghanistan non aveva funzionato e il Karakorum in Pakistan era il nostro piano B. Radoslav Groh (Radar) ha avuto l'idea di provare a scalare il vecchio progetto di Pavel Korinek sull'inviolata Muchu Chhish (7.453 m) nella catena montuosa Batura Muztag. È bastata una telefonata con Pavel e tutto è stato deciso.
E così, il 6 giugno, questo trio di alpinisti cechi della zona dei Monti Krkonošee – io, Radoslav "Radar" Groh e Jaroslav "Banana" Bansky - ha lasciato la Repubblica Ceca per recarsi ad Alibad in Hunza, passando prima per Islamabad. Io sono stato male e, di conseguenza, la nostra salita di acclimatamento fino a 6.000 m non è andata come previsto. Dopo una breve pausa, ci siamo spostati sul ghiacciaio Muchuchar per raggiungere il campo base sotto Mucha Chhish. L’idea era acclimatarci lì per quattro giorni, dormendo a 4.600, 5.400 e 6.100 metri. A parte l'ultimo campo, abbiamo seguito la via della salita che avevamo in mente, che ci avrebbe portato lungo la cresta sud fino a 7.300 sulla cresta principale. L'acclimatamento è andato secondo i piani. Abbiamo lasciato il campo base il 25 giugno e siamo tornati dopo tre notti il 28 giugno. Non è stato un acclimatamento ideale, ma non avevamo più tempo a disposizione.
Secondo le previsioni, il meteo avrebbe dovuto reggere per circa una settimana. Il primo giorno (1° luglio) abbiamo superato il canalone roccioso fino al ghiacciaio a 4.800 m e lo abbiamo seguito fino a 5.350 m, dove abbiamo allestito il nostro primo bivacco. Avevamo superato 1.400 metri di dislivello. Quando siamo arrivati lì erano circa le 10:30 del mattino e faceva un caldo insopportabile. Il giorno dopo ci siamo finalmente rimessi in marcia. I primi tiri erano di misto e arrampicata su roccia, attorno al M4. Poi abbiamo iniziato a scalare su ghiaccio puro, una salita infinita. Abbiamo preso quota procedendo in diagonale verso un seracco, sotto il quale, a 6300 m, abbiamo allestito il nostro secondo campo.
Il giorno dopo è stato caratterizzato da duro lavoro fisico, oltre che da neve e ghiaccio fino a 70°. In alcuni punti la neve era così profonda che spesso abbiamo dovuto usare speciali ciaspole di Auftriib, inserite tra lo scarpone e i ramponi. Erano un aiuto prezioso, senza il quale non saremmo saliti oltre. Contenti per i 500 metri di dislivello guadagnati a fatica, ci siamo fermati a 6.750 m per bivaccare. Altri 500 metri di dislivello ci avrebbero aspettato il giorno dopo.
Nell’ultima parte il terreno è diventato meno ripido ma, allo stesso tempo, sembrava non finire mai. Dovevamo stare attenti a trovare la giusta via. Le ciaspole erano di nuovo in azione e Banana ha battuto la traccia per gran parte della giornata. Era al suo meglio. Nel tardo pomeriggio abbiamo raggiunto i 7.250 m, appena sotto la cresta sommitale. Qui abbiamo costruito il nostro quarto e ultimo bivacco. Poi ha iniziato a nevicare.
La mattina del 5 luglio il cielo si è schiarito e abbiamo iniziato a salire verso la vetta. Volevamo salire leggeri, quindi abbiamo lasciato la tenda e il materiale da bivacco al C4. La vetta si trovava a circa 1.500 metri a ovest rispetto a noi. Prima abbiamo dovuto salire per circa 150 metri, poi il terreno ha iniziato a diventare più ripido. Dopo alcune false cime abbiamo raggiunto una grande torre di roccia sotto la headwall. Circa 150 metri di dislivello ci separavano dalla cima. Ancora una volta Banana è salito da capocordata. Poi all'improvviso, alle 10:20 ora locale, non c'era più nient'altro da salire, eravamo in cima! Ho lasciato lì un'ancora da neve con le nostre firme e la scritta "Muchu Chhish- Krkonoše Expedition".
La discesa è stata complicata per via della scarsa visibilità e del vento che aveva spazzato via le nostre tracce. Inoltre, spesso dovevamo risalire e le nostre forze iniziavano a scarseggiare. Siamo stati fortunati ad arrivare al diedro di roccia, che abbiamo usato per scendere di nuovo alla nostra tenda. Non ci siamo trattenuti troppo a lungo e abbiamo ricominciato subito a scendere. Il tempo stava per peggiorare. Non riuscivamo a vedere ad un passo davanti a noi e così siamo scesi dal ghiacciaio praticamente in modalità "autopilot". Ad un certo punto ho dovuto togliermi gli occhiali per cercare di trovare la via tra i crepacci. Fortunatamente, mentre ero salito mi ero spesso guardato indietro, cercando di ricordare esattamente il terreno sotto di me. Questo, in passato, mi aveva aiutato molto in discese simili. Sotto i 7.000 m la visibilità è migliorata e la nostra discesa è proseguita facilmente fino al nostro terzo bivacco (6.750 m).
Il giorno dopo il tempo avrebbe dovuto peggiorare gradualmente e così ci siamo alzati presto. Siamo scesi di 1.500 metri fino al ghiacciaio, di questi solo 100 metri in corda doppia. Era circa mezzogiorno e faceva di nuovo terribilmente caldo. Le valanghe continuavano a cadere intorno a noi e persino la via attraverso il ghiacciaio non sembrava sicura. Nonostante questo, abbiamo deciso di continuare a scendere. Eravamo legati e abbiamo scelto la via di discesa con molta attenzione, tenendo conto del pericolo di valanghe e dei crepacci del ghiacciaio. La discesa ha richiesto molto più tempo del previsto. Non abbiamo raggiunto il campo base fino al tardo pomeriggio. La mattina ci siamo svegliati con un cielo cupo. Il tempo stava decisamente cambiando. Accompagnati da gocce di pioggia siamo scesi lungo il ghiacciaio Muchuchar fino ad Aliabad.
di Zdeněk Hák