Il diabete, l'arrampicata e la montagna

Cecilia Marchi racconta la sua storia: dalla scoperta di essere affetta da diabete mellito di tipo I al suo ritorno all'arrampicata e alla montagna. Un percorso umano e commovente di consapevolezza, forza e speranza.
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Controllo glicemia in quota
arch. Maurizio Oviglia

Il 17 febbraio di quest'anno è una data che avrebbe segnato per me uno sconvolgente cambiamento: diabete mellito di tipo I. Sì, proprio questa è stata la diagnosi. "Credo di essere diventata diabetica" - ho detto quel giorno alla collega e amica diabetologa – "ho tutti i sintomi..."

"Quanto hai di glicemia?" - mi ha chiesto preoccupata. "Non ho avuto il coraggio di misurarla". Ho lasciato il suo ambulatorio con la mia insulina, un valore di glicemia di 350 mg e una glicata di 12%.

Psicologicamente ed emotivamente provata, non riuscivo ad accettare la mia nuova condizione e soprattutto ero molto spaventata all'idea di dover cambiare vita; però mi sentivo talmente male che aver individuato la causa mi dava quasi un senso di sollievo. Ero anche piuttosto arrabbiata, sono sempre stata una salutista, attenta a prevenire il diabete di tipo II con una corretta alimentazione e l'attività fisica, ma con il tipo I non si poteva fare nulla: non sarebbe bastato correggere l'alimentazione o prendere una pastiglia, sarebbero state necessarie quattro iniezioni di insulina al giorno e continui controlli per evitare eventuali complicanze.

"Ci sono cose peggiori" mi son detta… e del resto ci avevo riflettuto spesso: dimagramento e astenia possono essere anche ... beh, meglio non pensarci!

Alpinista e climber appassionata, potevo vantare una discreta forza tanto da riuscire ad aprire una mela in due con le mani: ora però mi sentivo talmente debole da non riuscire a trasportare neppure la mia borsetta ed a sollevare l'accappatoio, che finiva per cadermi più volte per terra. Dovevo dunque appendere le scarpette al chiodo? O c'era ancora qualche speranza di riprendere?

E il mio viaggio in Bolivia? La salita dell'Illimani? Questo è stato il secondo pensiero… Avevamo programmato questo viaggio da un anno, la partenza era prevista per maggio, ed ora avevo paura di doverci rinunciare. Il tempo era poco, troppo poco, ma volevo farcela!

Inoltre non riuscivo neanche a leggere per effetto dell'iperglicemia, vedevo sfocato, avevo problemi di equilibrio e mi sentivo fisicamente a pezzi, ma ero fortemente determinata a recuperare il più in fretta possibile.

La mia diabetologa assecondò il mio desiderio di tornare alla normalità e riprendere in mano la mia vita, evitandomi un ricovero in ospedale. Così il giorno dopo la diagnosi ripresi i miei allenamenti di kung fu, dicendo ai colleghi medici che avrei fatto solo un po' di stretching. Mancava solo una settimana all'esame per il passaggio di cintura, che volevo assolutamente dare, e dovevo perfezionare alcune forme. Volevo dimostrare a me stessa che potevo continuare a fare la stessa vita di prima.

Fu molto faticoso e difficile in quelle condizioni fisiche ma, superarlo, mi diede tantissima forza convincendomi che, nonostante il diabete, potevo fare tutto lo stesso. Certamente ora diventava tutto molto più complicato! Intanto era necessario portarsi dietro il glucometro, l'insulina, cibo adatto all'ipoglicemia e soprattutto effettuare frequenti controlli…

A volte le malattie tolgono molto, ma non sono solo fasi negative della vita, ti portano a sviluppare una sensibilità e una percezione diversa. Forse anche per questo che ho accettato l'invito a raccontare la mia storia: è importante lasciarsi alle spalle le inibizioni e la paura di rendere pubblico il proprio problema. Spesso cerchiamo di trasmettere con le parole un insegnamento ai nostri figli, ma è il nostro comportamento di fronte alle difficoltà che è più incisivo. Te ne rendi conto da come ti vedono gli altri. Non è frequente ricevere i complimenti da una figlia adolescente, per questo rimasi sorpresa quando Elena mi disse "Hai un carattere meraviglioso, sei una donna forte. Perchè lotti e affronti la malattia".

Ripresa un minimo di forza, ho provato sin da subito ad arrampicare, assecondando la mia grande passione. Inizialmente riuscivo solo a fare vie semplici da seconda ma, dopo un mese, sono riuscita addirittura a fare una via lunga sul Monte Oddeu a tiri alterni con Maurizio. Quel giorno, la gestione della glicemia in parete funzionò alla grande, anche se forse avevo esagerato nei controlli: ad ogni sosta mi pungevo il dito per paura di andare in ipoglicemia e portavo con me uno zainetto con ogni genere di medicinali e provviste. Però questa giornata mi ridiede fiducia: forse avrei potuto ancora arrampicare a livelli discreti nonostante la malattia. Sicuramente c'erano ancora tante cose da imparare o mettere a punto, ma forse con il tempo avrei acquisito più sicurezza e maggiore tranquillità nell'attività sportiva.

E, nel caso fossi riuscita a partire per la Bolivia, come mi sarei dovuta comportare? Ad esempio, misurare la glicemia in quota o su un ghiacciaio, può essere decisamente complicato: se fa freddo, fare uscire la goccia di sangue dal polpastrello può divenire molto difficile a causa della vasocostrizione. Ammettendo di riuscirci, anche il glucometro potrebbe bloccarsi per la bassa temperatura!

Nel caso di uno sportivo affetto da diabete, i controlli della glicemia devono essere effettuati frequentemente per evitare sia l'ipo che l'iperglicemia. Cercai per il momento di concentrarmi sull'Illimani, ma sorgevano due grossi problemi: l'allenamento e la gestione del diabete in alta quota.

Vivendo in Sardegna e non avendo a disposizione grandi dislivelli, decisi per il momento di fare camminata veloce in salita sul tapis roulant. Il secondo problema era decisamente più complesso: come conciliare il diabete con lo sforzo ad alta quota? Sicuramente dovevano esserci degli alpinisti diabetici! Per trovare una possibile risposta, cercai su google "diabete e alpinismo" e fu così che trovai il nome di Marco Peruffo, alpinista diabetico che aveva già salito addirittura il Cho Oyu e molte altre cime sulle montagne di tutto il mondo!

Con l'aiuto di comuni conoscenze, riuscii a rintracciare il suo numero di telefono: disponibile e gentile, rispose a tutte le mie domande e mi diede tantissime ed utili informazioni. Poi mi parlò del gruppo che aveva costituito "Diabete ed alta montagna". "Se in futuro vorrai unirti a noi" - mi disse – "abbiamo in programma per l'estate la traversata delle 13 cime nel gruppo dell'Ortles Cevedale ed altre salite nelle Alpi".

"Perché no?" - pensai – "… è sicuramente una opportunità interessante!" Intanto l'Illimani era sfumato, ma non a causa del mio diabete, ma perché mi erano state revocate le ferie per carenza di organico in ospedale…

Il progetto del gruppo DAM consisteva nella traversata di 13 cime, e questo divenne allora il mio nuovo obiettivo: era importante ritornare in montagna! Coinvolsi mio marito Maurizio e la mia figlia maggiore in questo progetto: mi avrebbero accompagnato! Per me si trattava della prima esperienza in quota con il diabete, ma mi attirava soprattutto l'idea di potermi confrontare con gli altri e vedere come si comportavano, o che soluzioni avevano trovato per gestire la malattia.

Il fil rouge, come l'aveva definito Marco, che unisce passione comune e diabete, funzionò alla perfezione. Furono giorni davvero speciali: tempo splendido, panorami da favola, amicizie di lunga data e soprattutto la disponibilità a crearne di nuove con chi, come me, si era unita al gruppo. Anche se le cime da 13 son diventate 8, a causa di problemi di tempo a disposizione e soprattutto per motivi di sicurezza, considerato il numero dei partecipanti (16 di cui 9 affetti da DMT1), è stata un'esperienza indimenticabile.

Ringrazio tutti ed in particolare Marco Peruffo ed Aldo Maldonato, alpinista diabetologo, che con competenza e professionalità, senza mai interferire se non esplicitamente richiesto, ha aiutato me e tutti noi a gestire al meglio le glicemie.

Cecilia Marchi

Il Gruppo DAM (Diabete Alta Montagna) ha una lunga storia. Marco Peruffo, ottimo alpinista affetto da diabete con all'attivo salite in alta quota in tutto il mondo, ha fondato ADiQ intorno al 2000 e in quel quadro ha organizzato molte iniziative dopo IDEA-2000, fra cui DIsK-2002, ISLET-2005 e numerose uscite settimanali di avvicinamento ai giovani (Diabtrek e Snowdiab). Successivamente ADiQ è stato sciolto per varie vicessitudini.

Dopo alcuni anni, il Professor Aldo Maldonato, diabetologo e appassionato alpinista, ha deciso di organizzare per un gruppo di diabetici la salita al Monte Bianco, che aveva precedentemente "ispezionato" nel 2011. In seguito ha organizzato la salita nel 2012 (anno in cui è riuscita solo la salita sul Gran Paradiso a causa delle cattive condizioni dei ghiacciai) e nel 2013 (riuscita). Tutto ciò veniva svolto senza etichette, a parte quella del ComET (www.cometonlus.org) che sponsorizzava il tutto. 

Nel 2014, su sollecitazione dei partecipanti, Maldonato ha organizzato la salita al Dom nel Vallese e, in quell'occasione, Marco Peruffo ha pensato ad un nuovo logo per il gruppo: appunto DAM con il nodo d'amore che unisce Diabete e Alta Montagna.

Al link www.cometonlus.org/servizi/alta_montagna.html è possibile visionare attività e scopi del gruppo.

Maurizio Oviglia (con il prezioso aiuto del Prof. Aldo Maldonato)




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