Icaro - Wish You Were Here
In piena era "social" è facile confondere l’amicizia con quell’antico sentimento che corrisponde a quello stesso nome riportato, però analogicamente, tra le persone. Il nostro amico Icaro De Monte se n’è andato nel 2013 mentre scalava le rocce della Moiazza facendo la guida alpina. E’ nato in seguito per volere della sua compagna Karin Pizzinini il Progetto Icaro che tra l’altro si è occupato di istituire dei veri corsi di sicurezza sulla neve per ragazzi e adulti tenuti da guide alpine e alpinisti a titolo volontario.
Non è un necrologio quello che vorrei scrivere, per carità, ma il plauso a Icaro per essere riuscito a tenere intorno a sé tanti amici, suoi e che lo sono diventati in seguito tra di loro. Icaro ha lasciato il segno in ogni posto dov’è stato e tutti se lo vogliono ricordare, e per farlo stanno spesso insieme usandolo come collante umano al pari del buon vino e forse anche di più.
Peccato che lui non lo sappia, o forse sì, chissà. Io non sono credente ma penso che la suggestione di ognuno di noi, se ben motivata, riesca a vedere oltre la vita terrena, perché quel giorno sul prato del Sas Dlacia nel 2013, quando ci siamo riuniti per dargli il saluto come avrebbe voluto lui, cioè facendo una grande festa multicolore, scassata ma sentitissima, ho sentito qualcosa che non avevo mai sentito.
C’è una bellissima foto che lo documenta con tutti noi riuniti in un grande cerchio a mo’ di gigantesco girotondo, ma nella perfezione estetica di quell’immagine non si può provare quello che ognuno quel pomeriggio ha sentito. O almeno, io l’ho sentito.
Abbiamo fatto ogni estate una festa nello stesso luogo, sotto il sole, le nuvole e anche la pioggia ma quest’anno, puttana eva, non ce la siamo sentita di ammassarci (sì perché a noi amici di Icaro piace toccarci, baciarci e abbracciarci quando ci vediamo) su quel solito prato dolomitico perché il Coronavirus stava in agguato tanto quanto le forze dell’ordine e quindi la festa è saltata. Poi uno zoccolo duro di fedelissimi si è incontrato furtivamente lo stesso sul prato del girotondo gigantesco, ma ufficialmente la solita festa affollata non c’è stata. Mancavano in molti, proprio per il motivo di prima.
In Himalaya, in Patagonia, sulle colline toscane, nelle voragini sarde, nei sotanos messicani, negli abissi del Marguareis, tra le Dolomiti, sulla costiera triestina, nelle doline del Canin, sullo Stromboli, e l’elenco di luoghi potrebbe continuare a lungo, per molti Icaro circola ancora materializzandosi anche in più posti contemporaneamente, cosa che gli riusciva anche prima. Stavolta me lo voglio ricordare mentre David Gilmour (chitarrista dei Pink Floyd) gli stringe la mano per l’ottimo lavoro svolto dopo il montaggio del palco galleggiante del concerto di Venezia nel 1989.
Visto che l’aspetto positivo dei social è quello di poter raggiungere comunque anche tutti gli amici di Icaro, abbiamo pensato (Thomas Kostner e il sottoscritto) di fare qualcosa di grottescamente commemorativo, salendo a piedi all’alba di un giorno d’agosto su una cima appena sopra casa. Tanto per avvicinarci di più al sole come quell’Icaro disubbidiente figlio di Dedalo.
Le nostre chitarre un po’ scordate dallo sbalzo termico tra l’alba e il primo sole e la mia voce, non di certo da palco di velluto e luccichini, hanno dato senza pretese quello che potevano ma il lungo momento è stato magico anche per le rocce. Matteo Agreiter ha registrato e poi montato le immagini che seguono, e, perdonaci Karin, ma "It’s only rock and roll, but I like it" e so che capisci.