I 40 ruggenti e 'Osa, ma non troppo', Cerro Cota 2000 (Paine, Patagonia)
Dal 21 al 26 gennaio 2007, Elio Orlandi, Michele Cagol, Fabio Leoni e Rolando Larcher ovvero i magnifici de I 40 Ruggenti - ogni riferimento anagrafico è assolutamente voluto - hanno aperto una nuova via sulla parete est del Cerro Cota 2000 (Torri del Paine, Patagonia). Una stupenda lavagna di granito di 700 metri che, ci assicurano i 4 patagonici, per bellezza e la qualità della roccia ricorda El Capitan. La cima, la via e la fine dell'avventura sono arrivati dopo 5 notti in parete e 6 giorni tra sole, vento, nebbie e una pioggia infernale che li ha inchiodati per 36 lunghe ore ai portaledge... Un'avventura (e una compagnia) in pieno stile Patagonia, dunque.
Come sempre nelle avventure (patagoniche) potevano ritirarsi, potevano rimandare l'appuntamento, potevano anche pensare che il momento (come l'età) non era dei più giusti... e rinunciare. Ma, appunto, forse perché si trattava dei 40 ruggenti, o forse perchè c'era quell'alchimia difficile da spiegare ma che a volta nasce in montagna e nelle spedizioni, e ancora forse perché i 4 si conoscono da sempre, fatto sta che, cogliendo anche un po' di quella fortuna di cui tutti sono "a debito" con le cime alla fine del mondo, è nata questa via di 700m, aperta per l'85% in libera (difficoltà max 7b, obbl. 7a) e per il resto in artificiale (max A2+) su granito fantastico e con alcuni tiri da favola... Parola (da credere!) dei soliti "40 ruggenti"!
Come si chiama la via? “Osa ma non troppo“, già dal nome davvero un (bel) programma...
OSA, MA NON TROPPO - Cerro Cota 2000 parete est - Parco Nazionale Torres del Paine - Cile
testo e foto de "I 40 ruggenti"
Siamo alle solite… una serata tra amici, due foto, due birre e, nel viaggio di ritorno a casa, ancora a parlare di quelle foto. Il giorno dopo siamo in quattro a discutere… e allora perché no? Ma dai, in fondo è solo un mese e poi la parete sembra proprio fatta per essere scalata: domani ci informiamo per i biglietti! E cosi, in due giorni scarsi, siamo già partiti almeno con la mente alla volta della Patagonia. Già in agenzia le signorine ci fanno notare l’età e ci propongono mete più esotiche: in fondo siamo “appena” sopra i 40 anni e, uno di noi, ne ha “ appena” sopra i 50! Diamo una sbirciatina con gli occhi alle curve sui depliant di spiagge e ciccia e… rimaniamo "fedeli alla linea".
I "40 ruggenti " sono in partenza. Anzi, il nostro pilastro è già sul posto, a scarpinare per i ghiacciai con i suoi megaprogetti, sempre in sordina, sempre con umiltà, ma con un buon compagno; senza tanti collegamenti tecnologici e senza tante previsioni del tempo sale e scende per i ghiacciai Patagonici per più di un mese, tranquillo e sorridente aggiungendo ancora un importante tassello alla sua linea ancora immaginaria, ma che piano piano anche noi riusciamo ad intravedere: bravo Elio Orlandi! Lui è una guida alpina e un Patagonico vero, di quelli che abbandonano le oramai agiate spiagge intorno alle montagne del Chalten, fatte di birrerie e ristoranti, di comode camere e docce calde. La sua casa è la Patagonia di una volta, una semplice truna nel ghiaccio a due passi dalla sua parete, in compagnia di un amicone Fabio Giacomelli; non ha bisogno di niente altro. Se il bel tempo non verrà tenterà anche con il brutto e altrimenti… pacatamente... ”otra vez…”
Rolando Larcher accademico del CAAI, poliziotto e famosissimo arrampicatore Trentino, deciso a portare la sua tecnica e tenacia sulle pareti di tutto il mondo, è il vero ideatore del progetto. Alcuni anni fa alla sua prima esperienza Patagonica, dopo un mese di bufere ininterrotte decideva di accantonare questo luogo remoto dal suo carnet, ma noi, suoi compagni per tante volte eravamo sicuri del contrario.
Ed eccoci qua, Fabio Leoni di Pietramurata, accademico del CAAI, moltissime salite anche per lui su quelle vette ed in tutto il mondo; forza e passione allo stato puro e, Michele Cagol da poco accademico del CAAI, il nostalgico, torna dopo vent’anni a rivivere un’avventura in Patagonia. Lasciano entrambi i banconi del Vertical World Sport ai prodi amici che lavorano per loro e via per un mese di aria pura. Che dire: bando alle ciance, siamo pronti!
Come cambiano però le cose… una volta si pensava alle pareti, a cosa si incontrava laggiù, al freddo ed alle tempeste; ma ora la vera difficoltà è lasciare a casa le nostre famiglie, compagne e bimbi costretti ad aspettarci per il nostro egoismo, per i nostri progetti verticali. Ma siamo fortunati, loro capiscono e partiamo sereni con una grande carica emotiva.
E come è cambiata anche la Patagonia! Non più avvicinamenti interminabili, magari con buoi e cavalli che per giorni interi trasportavano i carichi al campo base. Ora ci aspettano dei portatori ed in giornata siamo in cima alla nostra valle dei sogni; nel cuore della "Valle del Frances", gruppo del Paine.
Il Parco Nazionale delle Torri del Paine è oramai una delle mete più riconosciute a livello mondiale per il trekking organizzato e, dai mesi passati in completa solitudine negli anni a cavallo tra 1980 e il '90, assistiamo ora all’incredibile affluenza dei nostri giorni, ben 120.000 presenze. E allora cos’è la mitica e austera Patagonia, descritta da tanti come terra infernale dal clima implacabile? Basta un po’ di fantasia e camminare poco di più per trovarsi nuovamente nella dimensione che ricordavamo. Appena fuori dalle rotte del turismo si respira ancora un clima fatto di zaini pesanti e lunghe morene, dei su e giù per il clima bizzarro, delle vittorie e delle rinunce e dei momenti unici da condividere con i tuoi amici; inseparabili compagni di cordata.
Elio, Fabio, Michele e Rolando dopo 7 giorni dalla partenza sono già lì ha limarsi le unghie sul granito oceanico del Cerro Cota 2000. Un paretone che tanto ricorda il Californiano "El Capitan", ma con un nome sconosciuto per la Patagonia e cosa molto importante solcato solo da due altre vie.
Una parete, un gruppo di amici, guardandolo bene un obbiettivo parecchio tosto, anzi tostissimo senza contare che ci dovremo portare in parete perfino l’acqua perché sui suoi 700 metri totalmente verticali e che, in più, non c’è l’ombra di un terrazzino, di una piccola cengia carica di neve. Macchè! Per nevicare nevica, ma li proprio la neve non attacca. E allora?
Il 21 di gennaio siamo in parete con le nostre portaledge, portiamo su cibo, 40 litri di acqua e un bel po’ di materiale. Il clima è bizzarro, dal sole mattutino passiamo alla burrasca pomeridiana, al temporale (con lampi e fulmini, praticamente sconosciuti in Patagonia), al vento e finalmente al riposo nella quiete serale. Entriamo in tendina e con 400 metri sotto il "materasso" dormiamo aspettando beati il domani. Ma non avevamo detto: quiete serale? La notte invece piove talmente forte che le nostre casette sono messe a dura prova e dopo 24 ore consecutive di scrosci siamo praticamente allagati tanto che ci sembra di dormire in piscina!
Evacuazione Immediata! Siamo bagnati e infreddoliti, sacchi piuma, vestiti, tutto da strizzare, ci guardiamo: ma se ora in Patagonia ci sono i turisti che camminano ore sotto la pioggia ed il vento implacabile, allora dei veterani come noi, come possono lamentarsi? Però, in fondo, qui non ci vedrebbe nessuno; potremo scendere, asciugarci, ritemprarci e risalire. Ma il nostro spirito è ben diverso; ci giriamo un po’ da una parte e un po’ dall’altra e dopo un giorno e mezzo ecco un raggio di sole.
Il più bel regalo laggiù... due ore di raggi mattutini sempre più caldi ci asciugano e poi, come i veri duri che affollano le riviste, verso le 11 del mattino riprendiamo a scalare… Le prime due lunghezze della giornata, la nona e la decima diventeranno per l’estetica e la difficoltà il clou dell’intera via, due lunghezze che valgono i sacrifici di una spedizione. Il piacere ed il gusto nell’affrontare in maglietta una superba flake di 50 metri, trovando per sosta un minuscolo ma comodo “cap spire” di mezzo metro quadrato.
L’impegno, l’incognita e la sorpresa della successiva, battezzata “Changing dihedral”, tiro chiave, che ci ha portato da un sistema di diedri a quello più a destra, diretto e bello. Uno scambio strapiombante senza fessure, che da sotto ipotizzavamo molto in artificiale e poi risolto insperatamente in libera, con un pizzico di morale ed un bel obbligatorio. Così, proseguendo sempre su un granito da sogno, dopo 5 notti in parete e 6 giorni tra sole, pioggia, vento e nebbie siamo in cima alla nostra vetta. Nessuna conquista, ma un sapore dolcissimo da accarezzare, un contorno di abbracci e sorrisi, raffiche di foto, sguardi complici del successo di una cosi bella e difficile salita
Mancava il nome. L’abbiamo battezzata "Osa ma non troppo". Forse suona strano ed un po' presuntuoso, ma a noi piaceva tanto… e, alla fine poi, eravamo anche indecisi tra questo e un altro nome interessante e molto attuale: "Il senso della misura". Mah!?!… Quien sabe!
I 40 Ruggenti...
COMPONENTI DELLA SPEDIZIONE "I 40 RUGGENTI"
Elio Orlandi, Guida Alpina, vive a San Lorenzo, veterano delle cime patagoniche, con moltissime vie nuove all’attivo, una su tutte “Linea d’eleganza” al Fitz Roy candidata al Piolet d’Or 2005.
Michele Cagol, neo Accademico del CAI, vive a Mattarello, comproprietario dell’attività commerciale Vertical World Sport, alla sua terza esperienza patagonica e la seconda via nuova.
Fabio Leoni, Accademico del CAI, vive a Pergine, comproprietario dell’attività commerciale Vertical World Sport, per la decima volta in Patagonia con molte vie nuove all’attivo, ma anche realizzazioni a Baffin ed in Alaska.
Rolando Larcher, Accademico del CAI, vive a Mattarello, poliziotto alla questura di Trento, alla sua seconda esperienza patagonica, ha aperto vie in Marocco, Madagascar, Messico e Turchia.
la via
OSA, MA NON TROPPO
Cerro Cota 2000 parete est – Parco Nazionale Torres del Paine - Cile
Via nuova aperta, in stile capsula, dal 21 al 26 gennaio 2007
Apritori: Elio Orlandi, Michele Cagol, Fabio Leoni, Rolando Larcher
Sviluppo: 700m
Difficoltà max in libera: 7b
Difficoltà max in artificiale: A2+
Difficoltà obbligatoria: 7a
Materiale per una ripetizione: una serie di stopper, 2 serie di camalot fino al nr°4, tripli dal nr°0,5 al 2, due serie di microfriends. Tutte le soste sono attrezzate. I chiodi messi sono stati lasciati. Alla sosta n°7 è possibile bivaccare in 2-3 persone senza l’uso della portaledge.
Note: Il granito della parete, si è rilevato fantastico, solido per il 95%, il tutto a favore dell’arrampicata libera, che siamo riusciti a mantenere al l’85%, dei 700 metri della via. Muri a liste, fessure flake e diedri super, da farsi in dulfer più qualche tratto obbligatorio severo, compongono questa bella ed interessante via, riparatissima dal vento, che consigliamo vivamente per una ripetizione. Con un po’ di fortuna nel tempo, trovando le fessure un po’ più asciutte, sia possibile liberare integralmente la via tranne il 3° tiro.
vai allo schizzo e al tracciato della via
Per i materiali si ringrazia:
Prosaccheria Ravelli di Trento, La sportiva, Kong,
The North Face per Rolando Larcher,
Salewa per Fabio Leoni e Michele Cagol,
Montura per Elio Orlandi
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