Hungchi parete ovest salita in stile alpino da Charles Dubouloz e Symon Welfringer
Gli alpinisti francesi Charles Dubouloz e Symon Welfringer hanno effettuato un'impressionante prima salita della finora inviolata parete ovest dell'Hungchi in Nepal. A volte indicata come Cha Khung o Gyuba Tshomotse, questa montagna di 7029 metri si trova a cavallo tra Nepal e Tibet ed è stata salita per la prima volta attraverso la cresta sud-ovest nell'aprile 2003 dagli alpinisti giapponesi Kanji Shimizu, Tadashi Morita e Katsuo Fukuhara, in una spedizione guidata da Shiro Takashi.
Dubouloz e Welfringer si sono recati in Himalaya con l'intenzione di tentare Gyachung Kang (7952m). Hungchi si trova cosi "timidamente" accanto a Gyachung Kang che inizialmente i due non l'hanno nemmeno presa in considerazione. Tuttavia, nei primi cinque giorni si sono evoluti una serie di fattori - quali meteo difficile, Welfringer che si è ammalato durante l'acclimatazione - che il loro sguardo si è rivolto "verso questa complessa ed estetica montagna". Mentre Welfringer si è riposato al campo base per una settimana, Dubouloz si è acclimatato completamente facendo una salita in solitaria di tre giorni fino a 6200m lungo la via normale di Hungchi.
Entrambi concordavano sul fatto che la parete ovest fosse un obiettivo interessante. Dubouloz nel suo diario annota "Ci sono molti seracchi su questa parete, ma a sinistra è tracciata una linea diretta ed evidente. Poi c'è una cresta di 400 metri che porta diretta in vetta. Una discesa per lo sperone che ho appena tentato farebbe un giro molto estetico. Sulla carta il piano è semplice, pulito e preciso. Ovviamente è un piano B, che non arriva fino ai 7952m del Gyachung Kang. Resta comunque tecnico e motivante."
Il 16 maggio i due hanno lasciato il campo base e quattro ore dopo hanno stabilito il campo base avanzato a 5300m. Sono partiti alle 5 del mattino del 17 maggio, con l'obiettivo di salire 1300 m per raggiungere la spalla a circa 6600 metri poiché sulla ripida parete ovest sapevano che non c'era alcun possibilità di bivaccare. L'arrampicata si è rivelata tecnica e nonostante le condizioni fossero perfette - nessuna nuvola e assenza di vento per tutto il giorno - Welfringer in particolare ha risentito la quota. Tuttavia ha perseverato e 12 ore dopo hanno raggiunto il colle a 6580 metri dove Dubouloz ha preparato il bivacco mentre Welfringer, stremato, ha cercato di recuperare un po' di forze.
Dubouloz annotava nel suo diario "Mangiamo a malapena e la notte è inevitabilmente difficile. Eppure, al risveglio, i primi raggi di sole alimentano la nostra motivazione e ci incoraggiano a continuare l'avventura. Partiamo per la vetta. Siamo così allenati che non capisco perché ci troviamo in questo stato; perché è così difficile?"
Soltanto 400 metri li separavano dalla vetta e il 18 maggio, nonostante l'avanzato stato di stanchezza di Welfringer, i due hanno proseguito. "Probabilmente ci vogliono 6 ore per scalare la cresta, non è difficile tecnicamente ma è fisicamente impegnativo battere la traccia." ha scritto Welfringer.
Alle 13:30 gli alpinisti erano in vetta ma hanno festeggiato solo brevemente il 35esimo compleanno di Dubouloz perché il vento si era alzato e stava nevicando. Hanno iniziato velocemente la discesa lungo la via normale sulla cresta SO, sperando di perdere quota più velocemente possibile, per arrivare almeno fino a 6300 m. Con scarsa visibilità e raffiche di vento la cresta ripida e instabile si è rivelata molto più difficile di quanto immaginassero e a 6700 m sono stati costretti a fare un altro bivacco improvvisato.
Durante la notte la loro tenda si è rotta e con le previsioni del tempo avverse, la mattina dopo si sono resi conto che dovevano scendere dalla montagna il più presto possibile. Hanno abbandonato quello che restava della tenda per essere il più leggeri possibile e poi hanno proseguito lungo la cresta. Ma ben presto si sono trovati di fronte ad una scelta estremamente difficile: o continuare lungo la cresta esposta ed improteggibile, oppure calarsi per 1300 metri lungo la parete ovest, piena di seracchi, sapendo che avevano poco materiale per le doppie. Welfringer ha poi avuto una terza idea: calarsi lungo la sconosciuta parete est, che sembrava essere alta circa 700 metri. Dopo molte considerazioni hanno optato per il "totale sconosciuto". Come ha affermato più tardi Welfringer: "La cosa buona dell'ignoto è che può essere la scelta peggiore o la migliore".
Per fortuna la parete est si è rivelata una decisione saggia. I due hanno effettuato circa 15 calate ripide, trovando ogni volta ghiaccio sufficientemente buono per realizzare degli Abalakov. "Ogni doppia era una scoperta assoluta. L'ansia di finire in un vicolo cieco era palpabile. Questa volta, però, la fortuna ci sorride..." scriveva Welfringer. Alla fine hanno raggiunto un accogliente corridoio innevato. Il sollievo è stato enorme perché sapevano che a questo punto avevano eliminato il 90% dei rischi. Hanno completato la discesa nella valle opposta e poi hanno iniziato il lungo ritorno al campo base, dove sono stati accolti dall'amico e fotografo Mathurin Vauthier e dal resto della spedizione.
La nuova via è stato chiamata Le cavalier sans tête. Riflettendo sulla loro salita , Welfringer ha dichiarato: "Tanta intensità in questi 3 giorni trascorsi lassù... Abbiamo dato tutto, giocando con un meteo complesso e un fisico indebolito. Sono soddisfatto. Non ho bisogno di niente di più, e niente di meno."