Gianfranco Corradini e l’Alpamayo
Nel mese di agosto il trentino Gianfranco Corradini, con una spedizione della Val di Non con a capo la guida alpina Roberto Daz, è stato il primo alpinista diversamente abile a raggiungere la vetta dell’Alpamayo (Cordillera Blanca, Ande peruviane).
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Alpamayo (5.947 metri), Cordillera Blanca, Ande peruviane
arch. Gianfranco Corradini
Gianfranco Corradini lo scorso agosto - insieme a Roberto Daz (guida alpina della Val di Non), Davide Giupponi e Daniele Leonardelli (del soccorso alpino di Fondo Val di Non) e Pietro Rossi (istruttore di roccia) ha raggiunto la cima dell’Alpamayo (5.947 metri) lungo la via dei francesi (600m di ghiaccio a 65°/75°) sul versante sud est.
Con questa salita il 52enne alpinista della Val di Non è il primo diversamente abile ad aver scalato la splendida piramide della Cordillera Blanca (Ande peruviane) che, non a caso, è conosciuta come "the most beautiful mountain in the world".
L’Alpamayo rappresenta un altro (importante) tassello dell’esperienza di Gianfranco Corradini che, dal 1977, è privo della gamba sinistra a causa di un incidente motociclistico. In questi trent’anni, infatti, l’attività sportiva di Corradini non si è mai fermata spaziando dallo sci di fondo agonistico (7 volte campione italiano), al ciclismo e, appunto, all’alpinismo; una passione che l’ha portato in vetta a molte montagne delle Alpi dal Monte Bianco, al Rosa, all’Ortles.
Corradini per la salita all’Alpamayo ha utilizzato una speciale protesi realizzata dal Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna) ma, soprattutto, ha saputo unire la sua forza di volontà e passione a quella degli altri componenti del gruppo per raggiungere un traguardo che come lui stesso dice: “conferma che unendo forza di volontà, sacrificio, passione, amicizia e solidarietà alle più moderne tecnologie e ottimi materiali anche i sogni possono realizzarsi”.
Intervista a Gianfranco Corradini
Allora Gianfranco, cominciamo descrivendo la spedizione all’Alpamayo.
L’obiettivo della spedizione era il raggiungimento di alcune cime sulle ande peruviane, tutte con vette oltre i 5000 metri: il Nevado Paria mt. 5600, il Nevado Pisco mt. 5752 e la prestigiosa Alpamayo mt.5947, salita dal versante sud est lungo la Via dei Francesi, la più impegnativa dal punto di vista tecnico. Il gruppo, composto dalla guida alpina Roberto Daz, dai membri del soccorso alpino di Fondo Val di Non Davide Giupponi e Daniele Leonardelli e dall'istruttore di roccia Pietro Rossi e da me, è partito dall’Italia il 3 agosto ed ha portato a termine il programma in circa 3 settimane, rientrando il 25 agosto.
Come ti sei preparato dal punto di vista fisico?
Ho cominciato a prepararmi specificatamente dalla scorsa primavera, con 4 allenamenti settimanali secondo un preciso programma preparatorio che prevedeva uscite in montagna e in bicicletta, aumentando man mano le difficoltà e facendo anche uscite tecnicamente impegnative, sia dal punto di vista della quota, oltre i 3.500 metri, che della progressione su pareti di ghiaccio.
E dal punto di vista psicologico?
Mentalmente cercavo di immaginare quali difficoltà avrei potuto incontrare in un ambiente tanto ostile, con temperature di 18-20 gradi sottozero e ad una quota per me mai raggiunta fissando la mia concentrazione sull’obiettivo, senza tuttavia lasciarmi prendere dall’ansia del successo ad ogni costo. Sono convinto infatti che, al di là delle giuste aspirazioni di successo che animano esperienze di questo genere, il senso profondo del progetto vada ricercato nel fatto stesso di aver comunque tentato e di aver vissuto una bellissima esperienza umana con un gruppo di amici molto affiatato.
Quali sono i problemi tecnici che hai dovuto affrontare?
I problemi tecnici possono essere molteplici e di varia natura. Nel mio caso, causa amputazione tranfemorale della gamba sinistra, il primo problema lo si può trovare nella progressione con stampelle sui diversi terreni in quanto, quando si incontra una situazione mista di rocce e ghiaccio, le stampelle devono essere adattate con speciali puntali e questo a volte rappresenta un’operazione non molto agevole. Il secondo problema, nel caso di pareti con pendenza oltre 40° come quelle da noi affrontate in Perù, è il fatto dover calzare la speciale protesi da arrampicata. Ciò rende necessario togliere parte dei vestiti con conseguente raffreddamento e perdita della concentrazione. Fino alla pendenza del 40% è bene infatti precisare che mi muovo sorretto esclusivamente dalle stampelle e dall’unico arto di cui dispongo! Inoltre esiste un problema tecnico davvero specifico per un portatore di protesi. Dopo diversi giorni di sforzo prolungato in alta quota, si comincia ad avvertire il calo di peso corporeo e per me questo significa problemi seri nel calzare la protesi che, a causa del dimagrimento, tende ad essere meno aderente, mettendo in crisi il sistema di collegamento che funziona tramite un meccanismo a pressione conformato alla mia anatomia in condizioni di peso forma.
Sul piano emotivo, ci sono state difficoltà particolari?
Per la riuscita di un’impresa di questo genere, nella mia condizione, occorre essere particolarmente motivati, determinati e avere grande affiatamento con i componenti della spedizione. In particolare nel mio caso con il capo spedizione Roberto Daz, con il quale arrampico da oltre diciassette anni e che ha rappresentato il mio punto di riferimento, consentendomi di affrontare tutte le difficoltà che man mano si presentavano con determinazione e nello stesso tempo con serenità. Di certo raggiungere le vette Andine e in particolare l'Alpamayo è l'impresa che più mi ha ricompensato di tutte le fatiche e arricchito interiormente, anche perchè essere il primo al mondo con questo tipo di handicap a raggiungere questi traguardi impegnativi mi conferma che unendo forza di volontà, sacrificio, passione, amicizia e solidarietà alle più moderne tecnologie e ottimi materiali anche i sogni possono realizzarsi. Desidero ringraziare in modo particolare tutti i membri della spedizione, senza il cui aiuto materiale e morale non sarebbe stato possibile realizzare questo sogno.
Con questa salita il 52enne alpinista della Val di Non è il primo diversamente abile ad aver scalato la splendida piramide della Cordillera Blanca (Ande peruviane) che, non a caso, è conosciuta come "the most beautiful mountain in the world".
L’Alpamayo rappresenta un altro (importante) tassello dell’esperienza di Gianfranco Corradini che, dal 1977, è privo della gamba sinistra a causa di un incidente motociclistico. In questi trent’anni, infatti, l’attività sportiva di Corradini non si è mai fermata spaziando dallo sci di fondo agonistico (7 volte campione italiano), al ciclismo e, appunto, all’alpinismo; una passione che l’ha portato in vetta a molte montagne delle Alpi dal Monte Bianco, al Rosa, all’Ortles.
Corradini per la salita all’Alpamayo ha utilizzato una speciale protesi realizzata dal Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna) ma, soprattutto, ha saputo unire la sua forza di volontà e passione a quella degli altri componenti del gruppo per raggiungere un traguardo che come lui stesso dice: “conferma che unendo forza di volontà, sacrificio, passione, amicizia e solidarietà alle più moderne tecnologie e ottimi materiali anche i sogni possono realizzarsi”.
Intervista a Gianfranco Corradini
Allora Gianfranco, cominciamo descrivendo la spedizione all’Alpamayo.
L’obiettivo della spedizione era il raggiungimento di alcune cime sulle ande peruviane, tutte con vette oltre i 5000 metri: il Nevado Paria mt. 5600, il Nevado Pisco mt. 5752 e la prestigiosa Alpamayo mt.5947, salita dal versante sud est lungo la Via dei Francesi, la più impegnativa dal punto di vista tecnico. Il gruppo, composto dalla guida alpina Roberto Daz, dai membri del soccorso alpino di Fondo Val di Non Davide Giupponi e Daniele Leonardelli e dall'istruttore di roccia Pietro Rossi e da me, è partito dall’Italia il 3 agosto ed ha portato a termine il programma in circa 3 settimane, rientrando il 25 agosto.
Come ti sei preparato dal punto di vista fisico?
Ho cominciato a prepararmi specificatamente dalla scorsa primavera, con 4 allenamenti settimanali secondo un preciso programma preparatorio che prevedeva uscite in montagna e in bicicletta, aumentando man mano le difficoltà e facendo anche uscite tecnicamente impegnative, sia dal punto di vista della quota, oltre i 3.500 metri, che della progressione su pareti di ghiaccio.
E dal punto di vista psicologico?
Mentalmente cercavo di immaginare quali difficoltà avrei potuto incontrare in un ambiente tanto ostile, con temperature di 18-20 gradi sottozero e ad una quota per me mai raggiunta fissando la mia concentrazione sull’obiettivo, senza tuttavia lasciarmi prendere dall’ansia del successo ad ogni costo. Sono convinto infatti che, al di là delle giuste aspirazioni di successo che animano esperienze di questo genere, il senso profondo del progetto vada ricercato nel fatto stesso di aver comunque tentato e di aver vissuto una bellissima esperienza umana con un gruppo di amici molto affiatato.
Quali sono i problemi tecnici che hai dovuto affrontare?
I problemi tecnici possono essere molteplici e di varia natura. Nel mio caso, causa amputazione tranfemorale della gamba sinistra, il primo problema lo si può trovare nella progressione con stampelle sui diversi terreni in quanto, quando si incontra una situazione mista di rocce e ghiaccio, le stampelle devono essere adattate con speciali puntali e questo a volte rappresenta un’operazione non molto agevole. Il secondo problema, nel caso di pareti con pendenza oltre 40° come quelle da noi affrontate in Perù, è il fatto dover calzare la speciale protesi da arrampicata. Ciò rende necessario togliere parte dei vestiti con conseguente raffreddamento e perdita della concentrazione. Fino alla pendenza del 40% è bene infatti precisare che mi muovo sorretto esclusivamente dalle stampelle e dall’unico arto di cui dispongo! Inoltre esiste un problema tecnico davvero specifico per un portatore di protesi. Dopo diversi giorni di sforzo prolungato in alta quota, si comincia ad avvertire il calo di peso corporeo e per me questo significa problemi seri nel calzare la protesi che, a causa del dimagrimento, tende ad essere meno aderente, mettendo in crisi il sistema di collegamento che funziona tramite un meccanismo a pressione conformato alla mia anatomia in condizioni di peso forma.
Sul piano emotivo, ci sono state difficoltà particolari?
Per la riuscita di un’impresa di questo genere, nella mia condizione, occorre essere particolarmente motivati, determinati e avere grande affiatamento con i componenti della spedizione. In particolare nel mio caso con il capo spedizione Roberto Daz, con il quale arrampico da oltre diciassette anni e che ha rappresentato il mio punto di riferimento, consentendomi di affrontare tutte le difficoltà che man mano si presentavano con determinazione e nello stesso tempo con serenità. Di certo raggiungere le vette Andine e in particolare l'Alpamayo è l'impresa che più mi ha ricompensato di tutte le fatiche e arricchito interiormente, anche perchè essere il primo al mondo con questo tipo di handicap a raggiungere questi traguardi impegnativi mi conferma che unendo forza di volontà, sacrificio, passione, amicizia e solidarietà alle più moderne tecnologie e ottimi materiali anche i sogni possono realizzarsi. Desidero ringraziare in modo particolare tutti i membri della spedizione, senza il cui aiuto materiale e morale non sarebbe stato possibile realizzare questo sogno.
Note: Gianfranco Corradini è nato a Tassullo in Val di Non (TN) nel 1955. A seguito di un grave incidente motociclistico, nel 1977, perde interamente la gamba sinistra e subisce numerose fratture e lesioni agli altri arti. La condizione di diversamente abile non gli preclude tuttavia la possibilità di continuare a coltivare il proprio amore per lo sport e così, da oltre quindici anni, pratica lo sci di fondo, disciplina nella quale vince sette titoli italiani e ottiene numerosi piazzamenti nella categoria disabili, il ciclismo e naturalmente l’alpinismo. In questa disciplina raggiunge risultati straordinari compiendo numerose ascensioni con l’ausilio di protesi o stampelle. Fra le più importanti il Monte Bianco, Cima Gnifetti, cima Bishorm e cima Burnabye nel Gruppo del Rosa, Weissmies, Grossglochner, Piz Buin, Cevedale, cima Ortles e Gran Zebrù, Palon de Lamar, Rosole, San Matteo. Con una protesi specifica per l’alpinismo, progettata dal Centro Protesi di Budrio, compie diverse ascensioni per le vie nord, arrampicando su pareti di ghiaccio e neve con pendenze che sfiorano il 70%, quali Presanella, Cristallo e Marmolada.
Il gruppo ha avuto come partner tecnico per le calzature l'azienda AKU, che ha fornito il proprio modello Spider a tutti i membri della spedizione.
Il gruppo ha avuto come partner tecnico per le calzature l'azienda AKU, che ha fornito il proprio modello Spider a tutti i membri della spedizione.
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