Giacomo Meliffi: Urbania - Gran Sasso e ritorno in bicicletta
Senza mezzi motorizzati, ma solo con la forza e la resistenza del proprio corpo e delle proprie gambe, credo che questo sia stato il punto chiave che mi ha spinto ad intraprendere questo viaggio. I principali motivi sono stati la voglia di scoprire e di mettersi in gioco. Scoprire quali paesaggi e quali persone si trovano fra me e la montagna, godersi appieno il viaggio e non solo la meta.
Per fare ciò ho scelto di mettermi in gioco in uno sport che non mi è del tutto sconosciuto, la Mountain Bike. Prima di iniziare ad arrampicare andavo spesso in bicicletta a livello amatoriale, ma alla fatica delle salite prediligevo la bellezza della discesa, praticavo Enduro nei trail vicino casa e non. Però, la resistenza che richiede l’andare in bicicletta per più giorni è tutta un'altra cosa. Per complicare ulteriormente la situazione ho scelto di percorrere un tragitto che prevede molte strade sterrate e qualche single trail (sentiero), in modo da poter godere appieno della compagnia della natura.
Mi trovavo assieme a Donato, un caro amico nonché socio della palestra One Way Up di Pesaro. Dopo essere scesi da una via sul secondo pilastro di Intermesoli in val Maone, bevendo una birra al bar di Prati di Tivo, gli parlo del mio progetto, che consisteva nel raggiungere il Gran Sasso in bicicletta per poi scalare la parete est del Corno Piccolo in auto-sicura e poi tornare nuovamente a casa in bici.
Donato si offre subito di aiutarmi, da prima facendo da supporto logistico per l’attrezzatura e in un secondo momento, dopo averne parlato anche con gli altri soci, decidono di sponsorizzare il progetto anche economicamente; rendendo così possibile il realizzarsi di questo bellissimo viaggio.
Cosi in una settimana organizzo tutto: percorso, attrezzatura, amaca per dormire sotto le stelle, cibo e quant’altro. Il 18/10/2020 in una soleggiata domenica mattina si parte per il Gran Sasso. Il tragitto di andata prevedeva 250 km con 7500m di dislivello in positivo (cioè in salita) e 6400m in negativo (cioè in discesa), praticando per lo più strade sterrate.
Il primo giorno sarei dovuto partire da casa mia in Urbania (P.U.), poi passando per il valico della Scheggia raggiungere Gualdo Tadino e bivaccare all’ aperto in un bosco qualsiasi. Dopo 83 km e 3050m di dislivello riesco a raggiungere la tappa, prendendo un meritato riposo sulla mia amaca appesa fra due alberi in una classica macchia mediterranea.
Il secondo giorno invece avrei dovuto raggiungere Norcia, ma le strade sterrate erano piene di fango e mi sono spesso ritrovato a dover spingere la bicicletta in salita per poter proseguire, visto anche il carico che portavo. Così dopo diverse ore di spinta e lotta contro il fango sono costretto a fermarmi a Prieci per la notte, all’incirca a 20 km da Norcia, bivaccando per l’occasione sotto un ponticello trovato poco prima del calar del sole. Risultato giornaliero 61km con 3750m di dislivello.
Dopo una nottata insonne a causa del freddo e di un cane lupo, che passeggiava li intorno facendo abbaiare tutti i cani del vicinato, riparto facendo una buona colazione per caricarmi e recuperare la tappa. Decido però di alleggerire un pò il dislivello, facendo questa volta più strade asfaltate. Dopo aver attraversato la laga e parecchi paesi colpiti dal terremoto, raggiungo il lago di Campotosto recuperando così la tappa e mi preparo per la notte stendendo il mio sacco a pelo sopra un tavolino e accendendo un fuoco, in una piazzola per barbecue affianco al lago, con una magnifica visuale sul Gran Sasso. 80 km-3990m dislivello.
All’alba del 4° giorno, con soli 30km e 2000m di dislivello, raggiungo Prati di Tivo, in attesa del mio amico Iacopo, che si è offerto volontario per portarmi l’attrezzatura, stendo l’amaca e mi riposo un poì. Al suo arrivo mangiamo qualcosa insieme e prima del sorger della notte mi ritrovo di nuovo solo sotto un appariscente cielo stellato.
La mattina seguente, indosso le vesti da alpinista e assieme ad esse un pesantissimo zaino contenente materiale da scalata e da bivacco. Prendo il sentiero che porta al Rifugio Franchetti, posizionato esattamente al centro della montagna, una montagna che indossa già un invernale mantello bianco, sopra un tappeto di foglie rosse e gialle, provenienti da una secolare faggeta che fa da padrona a questo scenario idilliaco. Arrivato al bivacco invernale prendo il resto della giornata per riposarmi e studiare la via, che si trova esattamente di fronte al rifugio. Baphomet, è il nome della via che ho scelto di scalare, una bellissima linea che solca la compatta placca calcarea superiore della parete est del Corno Piccolo.
Dopo 5 giorni di fango, freddo e stanchezza la mattina del 6 giorno parto finalmente alla volta della parete, purtroppo però complici la stanchezza e lo zaino pesante non riesco a passare lo zoccolo di roccia e ghiaccio posto sotto al monolite superiore, così dopo aver capito che non ero nelle giuste condizioni fisiche e mentali per affrontare la scalata, decido di scendere e di rinunciare così alla salita. So di poter tornare a ripetere la via quando voglio e in condizioni estive posso anche collegarla ad una via sotto stante, ma non sarà la stessa cosa. Per me questa volta la via è iniziata dal momento in cui mettendo il piede sul pedale ho iniziato a pedalare, perciò tornare qua in macchina e scalare la parete non sarà la stessa esperienza.
Sono arrabbiato con me stesso per aver rinunciato ad un passo dalla fine, ma ora mai è tardi per riprovare, da domani arriverà il maltempo, così dopo essere tornato al rifugio ed essermi calmato e rifocillato decido che quest’ avventura merita un finale diverso. Abbandonato lo zaino parto dunque per raggiungere la vetta occidentale del Corno Grande.
Raggiungo la sella dei due Corni, traversando a sinistra arrivo al ghiacciaio e risalendolo mi porto sulla cresta alzo lo sguardo e voilà, in men che non si dica mi trovo sulla vetta più alta d’Abruzzo, essendo partito dalle Marche. Mi prendo un momento per godere a pieno della visuale a 360° che mi offre la vetta e mi accorgo di avere un sorriso stampato sulla faccia, sono soddisfatto di ciò che sono riuscito a fare e della nuova esperienza vissuta, ma siamo ancor a metà, ora si torna a casa.
Scendendo mi incontro con Donato e Diego, i quali sono venuti a riprendere l’attrezzatura e a godersi il bellissimo panorama visibile dal rifugio. Passo la notte appeso nella faggeta del Gran Sasso, che mi dona un ultimo saluto portato dai suoi emissari, un branco di lupi ulula sotto un cielo illuminato da una luna crescente.
Il viaggio verso casa prosegue senza grossi problemi, eccetto per la costante pioggia del 7 giorno. Dopo 9 giorni totali di bivacchi all’ aperto, passando questa volta verso la costa, Arrivo a casa. Le restanti tappe sono state: Prati di Tivo - Ascoli Piceno (75km 2720m dislivello), Ascoli Piceno - Matelica (103km 4700m dislivello), Matelica - Urbania (78km 2760m dislivello).
Dati conclusivi :
Dislivello positivo (salita) Urbania - Vetta occidentale: 13420m
dislivello negativo (discesa) Urbania - Vetta occidentale: 13420m
Km totali: 515km
Lungo il tragitto ho avuto occasione di parlare con molte persone che hanno vissuto i tragici eventi del terremoto. Durante quegli episodi questi individui hanno perso le loro case e le loro vite. Sono stati allestiti dei prefabbricati per permettere agli sfollati di poter dormire con un tetto sopra la testa, con la promessa che un giorno le loro case sarebbero state ricostruite. Ma tutt’ oggi a distanza di 11 anni dal terremoto avvenuto all’Aquila questa promessa non è stata mantenuta e le notti invernali sugli Appennini non sono affatto amichevoli, soprattutto se non si ha nemmeno il caldo tepore di una stufa per poter rallegrare il ricordo di un trauma passato.
Ci tenevo a riportare queste piccole testimonianze e ad invitare, chiunque abbia la possibilità, di visitare questi magnifici posti aiutando così economicamente queste persone. Credo che ogni viaggio abbia qualcosa da insegnarci e per questo ringrazio quelle persone che con i loro racconti hanno reso questa esperienza indimenticabile.
Ci tengo in fine a ringraziare la One Way Up che ha reso possibile questo progetto, Iacopo Santi che mi ha portato il materiale e tutti gli amici e la famiglia, che mi hanno dato consigli e mi hanno sostenuto.
di Giacomo Meliffi
Link: Instagram Giacomo Meliffi, One Way Up Climbing