Gary Hemming - Il ribelle del cime - Un dialogo con Mirella Tenderini
Un grande personaggio dell'alpinismo, Gary Hemming, affrontato da Simonetta Radice in un'intervista a Mirella Tenderini, scrittrice, storica e appassionata di montagna e alpinismo, nonché autrice del libro "Gary Hemming - Una storia degli anni sessanta" nuova riedizione di Alpine Studio con la prefazione di John Harlin III del volume già pubblicato nel 1992 da Vivalda Editore.
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Gary Hemming - Una storia degli anni sessanta
Alpine Studio
"Oggi ho cinquant'anni, ieri però ne avevo venticinque." Era questa la risposta che Gary Hemming soleva dare a chi gli chiedeva quanti anni avesse. Un alpinista, un vagabondo, uno scrittore, senza dubbio un animo tormentato e uno spirito inquieto. "Una storia degli Anni Sessanta" è il sottotitolo della biografia edita nel 1992 da Vivalda Editore, che Mirella Tenderini aveva dedicato al grande climber californiano. Il libro, che è stato recentemente ristampato per i tipi di Alpine Studio, presenta oggi un nuovo sottotitolo - "Il ribelle delle montagne" - e una nuova prefazione scritta da John Harlin III, figlio di quel John Harlin che per molti anni fu grande amico di Hemming.
Incontro Mirella Tenderini a Verbania, durante il festival LetterAltura che, tra giugno e luglio, riunisce ogni anno sulle rive del Lago Maggiore e nelle valli dell'Ossola alpinisti, musicisti, scrittori e artisti. Mi prende in contropiede Mirella, perché pone a me la domanda che avevo preparato per lei: "Ma secondo te Gary Hemming è ancora un personaggio attuale? Non c'è il rischio che, finiti gli anni Sessanta, il suo messaggio possa risultare negativo per le giovani generazioni?" Non me l'aspettavo, devo dire. Così le rispondo che secondo me, mai come oggi, in un tempo arreso a paure e incertezze, ci sarebbe tanto bisogno di ribellione, di scelte coraggiose, sia nella vita di ogni giorno, sia nell'alpinismo. Penso a un tempo, neanche troppo lontano, quando "andare in montagna" era sinonimo di ribellione tout court, ma oggi – le chiedo - c'è ancora qualche seme di rivolta nell'alpinismo? "Penso molto meno di un tempo, l'alpinismo oggi è assai addomesticato. Di sicuro non si può più intendere la ribellione nel senso di strappo e di rottura, se consideriamo che si comincia ad arrampicare in palestra anche a dieci o undici anni. Certo, affrontare la montagna vera è tutt'altra cosa, ma non credo che la ribellione abbia a che fare con il miglioramento di qualcosa che già si pratica né con il cercare vie sempre più difficili o pericolose. La ribellione presuppone una rottura, che oggi è difficile immaginare. Questo non vuol dire che l'alpinismo di oggi sia peggiore, è solo vissuto in maniera diversa."
"Sono cambiati i bisogni" continua Mirella "Oggi si cerca soprattutto l'ordine, la pace, l'armonia: per questo, forse, un personaggio come quello di Gary Hemming può in qualche modo disturbare e le sue caratteristiche – che in quegli anni si inserivano in un contesto ben preciso – non trovare un riscontro adeguato." Ma c'è sicuramente qualcosa, nella sua figura, che mantiene intatto il suo valore, ed è la sua idea dell'avventura, con il suo imperativo di "non lasciare traccia del proprio passaggio personale".
"Sì credo che questo sia un messaggio di un certo valore, soprattutto nella nostra epoca dove la parola d'ordine è apparire a tutti i costi. "Dice Mirella. "E' naturale che chi fa qualcosa di speciale voglia che gli altri lo sappiano, ma oggi sembra che questo bisogno sia amplificato e che tutti, qualsiasi cosa facciano, siano alla disperata ricerca di visibilità." Gary Hemming, invece, da un certo punto della sua vita in poi, decide di non parlare più delle sue salite, non scrive relazioni, non le racconta a nessuno. "E' una cosa che mi ha sempre colpito e che ho scoperto solo alla fine delle mie ricerche, quando ho avuto modo di parlare con le persone che hanno fatto con lui queste salite e mi hanno confermato che, anche da ragazzo, quando scalava le pareti in California, preferiva mantenere gran riserbo su tutto".
La parabola di Hemming è in qualche modo esemplare: dall'America all'Europa in cerca di libertà e avventura, compie salite di grande rilievo tra cui la Diretta degli Americani al Dru e la parete Sud del Fou nel gruppo del Monte Bianco. Diventa famoso suo malgrado per il salvataggio di due alpinisti tedeschi sulla Ovest del Dru, si innamora svariate svolte, inizia libri che non finisce, ha un figlio con una donna che ama ma non sposerà e muore in circostanze mai del tutto chiarite, per un colpo di pistola sulle rive del lago Jenny. Omicidio? Suicidio? Mirella Tenderini ha una sua interpretazione del tragico evento che troncò la vita di Gary a soli 35 anni: fu il suo desiderio di morte – conscio o inconscio poco importa - alimentato dall'impossibilità di trovare un equilibrio in tanti campi della vita a essere in qualche modo decisivo per il suo destino, indipendentemente dalla cronaca dei fatti. "Ho tentato un'interpretazione personale forse anche discutibile, è vero, ma ho riportato la testimonianza del suo amico Bill Briggs che va in questa direzione. Quello che mi ha davvero commosso è stata invece la testimonianza del figlio di Gary che, dopo aver letto il libro, mi ha telefonato dicendomi ‘grazie, non conoscevo mio padre' (Gary morì quando Lauren era ancora molto piccolo ndr). Fu lui a raccontarmi anche dell'incontro del tutto casuale avuto con un gruppo di hippy a San Francisco che, senza che sapessero chi lui fosse, gli raccontarono di un Gary Hemming fintosi morto, ma in realtà ancora vivo e vagabondo per i monti d'America nella più totale libertà, come ben si addice ai miti di ogni tempo."
La nuova edizione di "Gary Hemming, il ribelle delle cime" contiene la prefazione scritta da John Harlin III, figlio di quel John Harlin con cui Hemming per lungo tempo ebbe un profondo rapporto di amicizia. Proprio con lui, infatti, progettò niente meno che un laboratorio spaziale ad alta quota, posizionato sulle pendici del K2. Il Laboratorio non vide mai la luce, ma fu un progetto su cui entrambi lavorarono a lungo. "Era un lato contraddittorio del suo carattere; da una parte la fuga dalla notorietà e l'understatement a tutti i costi, dall'altra i grandi progetti, i libri, il laboratorio. Fu proprio questa contraddizione a portarlo alla rottura con John, accusandolo di voler dare troppa visibilità a lui stesso e ai loro progetti." Per concludere, Gary non solo "era un personaggio molto più complesso e affascinante della somma delle sue vie leggendarie", come scrive John Harlin III nella prefazione ma, in fondo, ci piace pensare che la sua figura e la sua eredità sia anche molto più complessa e affascinante della somma delle sue mille vite.
Simonetta Radice
Incontro Mirella Tenderini a Verbania, durante il festival LetterAltura che, tra giugno e luglio, riunisce ogni anno sulle rive del Lago Maggiore e nelle valli dell'Ossola alpinisti, musicisti, scrittori e artisti. Mi prende in contropiede Mirella, perché pone a me la domanda che avevo preparato per lei: "Ma secondo te Gary Hemming è ancora un personaggio attuale? Non c'è il rischio che, finiti gli anni Sessanta, il suo messaggio possa risultare negativo per le giovani generazioni?" Non me l'aspettavo, devo dire. Così le rispondo che secondo me, mai come oggi, in un tempo arreso a paure e incertezze, ci sarebbe tanto bisogno di ribellione, di scelte coraggiose, sia nella vita di ogni giorno, sia nell'alpinismo. Penso a un tempo, neanche troppo lontano, quando "andare in montagna" era sinonimo di ribellione tout court, ma oggi – le chiedo - c'è ancora qualche seme di rivolta nell'alpinismo? "Penso molto meno di un tempo, l'alpinismo oggi è assai addomesticato. Di sicuro non si può più intendere la ribellione nel senso di strappo e di rottura, se consideriamo che si comincia ad arrampicare in palestra anche a dieci o undici anni. Certo, affrontare la montagna vera è tutt'altra cosa, ma non credo che la ribellione abbia a che fare con il miglioramento di qualcosa che già si pratica né con il cercare vie sempre più difficili o pericolose. La ribellione presuppone una rottura, che oggi è difficile immaginare. Questo non vuol dire che l'alpinismo di oggi sia peggiore, è solo vissuto in maniera diversa."
"Sono cambiati i bisogni" continua Mirella "Oggi si cerca soprattutto l'ordine, la pace, l'armonia: per questo, forse, un personaggio come quello di Gary Hemming può in qualche modo disturbare e le sue caratteristiche – che in quegli anni si inserivano in un contesto ben preciso – non trovare un riscontro adeguato." Ma c'è sicuramente qualcosa, nella sua figura, che mantiene intatto il suo valore, ed è la sua idea dell'avventura, con il suo imperativo di "non lasciare traccia del proprio passaggio personale".
"Sì credo che questo sia un messaggio di un certo valore, soprattutto nella nostra epoca dove la parola d'ordine è apparire a tutti i costi. "Dice Mirella. "E' naturale che chi fa qualcosa di speciale voglia che gli altri lo sappiano, ma oggi sembra che questo bisogno sia amplificato e che tutti, qualsiasi cosa facciano, siano alla disperata ricerca di visibilità." Gary Hemming, invece, da un certo punto della sua vita in poi, decide di non parlare più delle sue salite, non scrive relazioni, non le racconta a nessuno. "E' una cosa che mi ha sempre colpito e che ho scoperto solo alla fine delle mie ricerche, quando ho avuto modo di parlare con le persone che hanno fatto con lui queste salite e mi hanno confermato che, anche da ragazzo, quando scalava le pareti in California, preferiva mantenere gran riserbo su tutto".
La parabola di Hemming è in qualche modo esemplare: dall'America all'Europa in cerca di libertà e avventura, compie salite di grande rilievo tra cui la Diretta degli Americani al Dru e la parete Sud del Fou nel gruppo del Monte Bianco. Diventa famoso suo malgrado per il salvataggio di due alpinisti tedeschi sulla Ovest del Dru, si innamora svariate svolte, inizia libri che non finisce, ha un figlio con una donna che ama ma non sposerà e muore in circostanze mai del tutto chiarite, per un colpo di pistola sulle rive del lago Jenny. Omicidio? Suicidio? Mirella Tenderini ha una sua interpretazione del tragico evento che troncò la vita di Gary a soli 35 anni: fu il suo desiderio di morte – conscio o inconscio poco importa - alimentato dall'impossibilità di trovare un equilibrio in tanti campi della vita a essere in qualche modo decisivo per il suo destino, indipendentemente dalla cronaca dei fatti. "Ho tentato un'interpretazione personale forse anche discutibile, è vero, ma ho riportato la testimonianza del suo amico Bill Briggs che va in questa direzione. Quello che mi ha davvero commosso è stata invece la testimonianza del figlio di Gary che, dopo aver letto il libro, mi ha telefonato dicendomi ‘grazie, non conoscevo mio padre' (Gary morì quando Lauren era ancora molto piccolo ndr). Fu lui a raccontarmi anche dell'incontro del tutto casuale avuto con un gruppo di hippy a San Francisco che, senza che sapessero chi lui fosse, gli raccontarono di un Gary Hemming fintosi morto, ma in realtà ancora vivo e vagabondo per i monti d'America nella più totale libertà, come ben si addice ai miti di ogni tempo."
La nuova edizione di "Gary Hemming, il ribelle delle cime" contiene la prefazione scritta da John Harlin III, figlio di quel John Harlin con cui Hemming per lungo tempo ebbe un profondo rapporto di amicizia. Proprio con lui, infatti, progettò niente meno che un laboratorio spaziale ad alta quota, posizionato sulle pendici del K2. Il Laboratorio non vide mai la luce, ma fu un progetto su cui entrambi lavorarono a lungo. "Era un lato contraddittorio del suo carattere; da una parte la fuga dalla notorietà e l'understatement a tutti i costi, dall'altra i grandi progetti, i libri, il laboratorio. Fu proprio questa contraddizione a portarlo alla rottura con John, accusandolo di voler dare troppa visibilità a lui stesso e ai loro progetti." Per concludere, Gary non solo "era un personaggio molto più complesso e affascinante della somma delle sue vie leggendarie", come scrive John Harlin III nella prefazione ma, in fondo, ci piace pensare che la sua figura e la sua eredità sia anche molto più complessa e affascinante della somma delle sue mille vite.
Simonetta Radice
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