Frana del Paretone del Gran Sasso: il punto

Stefano Ardito e Giampiero Di Federico fanno il punto sulla situazione del Pasretone del Gran Sasso dopo l'impressionante frana del 22/08/2006.
Paretone Gran Sasso

L'impressionante frana che il 22 agosto scorso ha sconvolto il Paretone del Gran Sasso è stata "rivisitata" (con un volo in elicottero) da Stefano Ardito (giornalista e scrittore) insieme a Giampiero Di Federico (guida alpina e autore di molti exploit sulle pareti del Gran Sasso). Ecco il punto della situazione:

Paretone Gran SassoLA FRANA DEL GRAN SASSO
di Stefano Ardito

La ferita del Paretone del Gran Sasso si vede dalla valle del Vomano, da molte località della costa abruzzese, perfino da Pescara e da Chieti. A creare la striscia bianca, alta un migliaio di metri, che solca la parte bassa della più alta parete dell’Appennino è stata la enorme frana dello scorso 22 agosto. La roccia (dai venti ai trentamila metri cubi) si è staccata dalla base del Quarto Pilastro, ha percorso per due o trecento metri il canale Jannetta, poi ha traversato l’altissimo zoccolo della parete.

I detriti si sono accumulati alla base, mille metri più in basso del punto di distacco, nel Fosso di San Nicola. Lo spostamento d’aria e il calore hanno letteralmente “bruciato” la vegetazione nel raggio di qualche centinaio di metri. La nuvola di polvere ha raggiunto l’autostrada Roma-L’Aquila-Teramo, che è stata chiusa al traffico per precauzione per qualche ora, e le case di Casale San Nicola.

Le impressionanti immagini scattate dagli automobilisti che salivano verso il Traforo del Gran Sasso hanno fatto, via Internet, il giro d’Italia e del mondo. Il presidente della giunta regionale Ottaviano Del Turco è stato tra i primi a visitare in elicottero la zona, la notizia ha tenuto banco a lungo sui giornali, il sindaco di Isola del Gran Sasso ha vietato l’accesso ai sentieri che partono da Casale San Nicola.

Nel mese di settembre un programma di monitoraggio della parete è stato avviato dalla Protezione Civile, dall’Istituto Nazionale di Ricerca sulla Montagna, dall’Università di Roma “La Sapienza” e dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Il luogo della frana, che ha creato una enorme cavità alla base del Quarto Pilastro, rende facile prevedere altri crolli in futuro. Il profondo vallone alla base del Paretone fa sì che l’autostrada e i paesi siano quasi certamente al riparo.

Venerdì 22 settembre, su un elicottero del Corpo Forestale dello Stato, chi scrive è salito a dare un’occhiata da vicino alla frana. Il tempo era splendido, il cielo limpidissimo, la ferita del Paretone si vedeva dall’aeroporto di Pescara, ed è diventata via via più impressionante man mano che l’AB 412 si avvicinava al Paretone. Giampiero Di Federico, guida alpina e autore di molti exploit sulla muraglia (tra queste la prima invernale del Terzo Pilastro e il primo concatenamento dei quattro Pilastri) mi ha aiutato a capire cosa è stato toccato dalla frana.

“Sono crollati i primi tre tiri del Quarto Pilastro, capolavoro di Gigi Mario ed Emilio Caruso nel 1959, e la Guglia Bambù che gli si affianca è sospesa sul nulla. Anche la via Aquilotti ’79, sulla sinistra della via originaria è stata toccata dalla frana” spiega Giampiero. Un po’ a sorpresa, qualche giorno più tardi, l’alpinista ciociaro Fabio Lattavo, molto attivo negli ultimi anni sul Paretone, ha dato una diagnosi diversa.

“Negli ultimi anni ho aperto quattro vie nella zona, l’ultima l’ho completata a settembre, dopo la frana. Negli ultimi anni nella zona ci sono stati molti crolli più piccoli, la frana di agosto si è staccata più in basso, il Quarto Pilastro è rimasto sostanzialmente integro. L’unica differenza rispetto a prima, a settembre, era data da uno strato di polvere che copriva la parete e gli appigli” racconta Fabio.
Non c’è bisogno di percorrere il Quarto Pilastro, o di conoscere di persona le sue vie per capire che il canale Jannetta, che offre un classico itinerario estivo e invernale, è stato percorso dalla frana per due o trecento metri di dislivello, è esposto in pieno ad altri crolli, e sarà quindi off-limits per molto tempo. Sono invece integri e percorribili i primi tre Pilastri e la Farfalla, lo strapiombo creato da una frana di fine Ottocento che è percorso da una delle vie più dure del Gran Sasso.

Per raggiungere questi itinerari, invece che scendere dall’Anticima dell’Orientale, occorrere però salire dal basso (traversando però, su un percorso pericoloso e oggi vietato, il punto di arrivo della frana), o partire dal bivacco Bafile e aggirare la cresta Sud est dell’Orientale. Nessun cambiamento, invece, nel settore destro della parete, dove le vie che escono sull’Anticima dell’Orientale possono essere raggiunte, come in passato, scavalcando la cresta Nord.

di Stefano Ardito


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