Fiori nei Cannoni, prima libera in Val di Mello per Bassi e Quintavalla

Il report di Martino Quintavalla della prima libera, effettuata insieme a Caterina Bassi, di Fiori nei Cannoni sulla parete sud dell' Escudo del Qualido, la via aperta sopra la Val di Mello nel 1995 da Simone Pedeferri e Stefano Pizzagalli.
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Caterina Bassi durante la prima libera di Fiori nei Cannoni, Escudo del Qualido, Val di Mello
archivio Bassi/Quintavalla

Era l’estate del ’95 e Simone Pedeferri e Stefano Pizzagalli, poco più che ventenni, tornavano dalla Val di Mello dopo due giorni di apertura all’Escudo del Qualido. La radio della macchina parlava della guerra del Golfo e passava Mettete dei fiori nei vostri cannoni. La scelta fu naturale e la via appena aperta prese il nome dalla famosa canzone, prima di cadere quasi nel dimenticatoio per più di 20 anni.

Qualche tempo fa, sfogliando la guida alla ricerca di progetti interessanti nel Masino, mi cade l’occhio proprio su Fiori nei Cannoni e recito ad alta voce la descrizione: "difficoltà elevata e notevole distanza della chiodatura". Caterina mi guarda storto e capisco subito lo sguardo di rimprovero: l’anno scorso siamo riusciti a ripetere Ho-kahey (Stefano Pizzagalli, Domenico Soldarini, Marco Vago, 1996), un’altra via di placca sul Qualido, e ci eravamo prefissati di lasciar stare le placche per un po’ per dedicarci a qualche salita più fisica. Ridiamo entrambi perché sappiamo benissimo come vanno a finire queste cose: basta fare un tentativo su una via bella e questa ci catturerà irrimediabilmente, facendoci dimenticare i buoni propositi!

Conoscendo un po’ il Masino, chiamiamo Simone per chiedergli qualche dritta, utile ad evitare brutte sorprese. Ci dice subito: "è una via psicologica, altro che Ho-kahey! l’abbiamo chiodata lunga apposta!" (bene! penso sarcastico…) e rincara la dose con: "i gradi sono tutti sbagliati, sarà 8a+ ma nessuno l’ha ancora fatta in libera!" Dotato di una formidabile memoria per quanto riguarda l’arrampicata ci descrive sommariamente i tiri e ci dispensa anche i consigli fondamentali per portare a casa la pelle: "portatevi dei chiodi perché dopo averla aperta ne abbiamo tolto uno fondamentale." Si riferisce, ci racconterà in seguito, ad un chiodo precario che aveva piantato sul secondo tiro per proteggere un lungo runout. Nell’entusiasmo dell’apertura gli sembrava di scalare sul Pesce, con il chiodo vari metri sotto i piedi e svariati passi tecnici da fare prima dello spit della salvezza.

A fine luglio ci incamminiamo verso l’Escudo col timore reverenziale del primo tentativo. Dalla base della parete strizziamo gli occhi fino a vedere quello che potrebbe essere il primo spit a 15 m da terra. Parte Caterina e per fortuna si tratta di una placca relativamente semplice seguita da una fessura ben proteggibile. Tocca a me invece il fatidico secondo tiro: parto con il cuore in gola e affronto i primi passaggi. Tutto procede bene fino a un bellissimo fungo con cordone, seguito da una placca e dalla fessura del famigerato chiodo, la quale porta a uno spit 10 metri sopra. Intuisco una linea di salita sulla placca e ci provo: spalmo, altro spalmo, ribaltamento, parolacce non pubblicabili e insulti all’apritore, consulto con l’assicuratore, ritorno alla base e altro tentativo…

Dopo mezz’ora i polpacci si stanno per esaurire: tento per l’ultima volta con una spaccata e mi ritrovo oltre il punto di non ritorno e mi prende il panico. Guardo in basso e vedo una cengia che assicura l’infortunio in caso di volo. Cerco di recuperare la calma, prendo un chiodo, lo appoggio in un punto più o meno a caso nella fessura che si apre nella direzione che non riesco a vedere e do un colpo col martello: dinnn dinnn dinnn… il suono del paradiso! Rinvio, riesco a fare i passi successivi e, raggiunto lo spit, mi calo in sosta e lascio andare avanti Caterina. Ho il cervello in pappa! Alternandoci riusciamo a salire anche il tiro successivo che si rivela essere assai psicologico. Mancano "solo" due tiri ma ne abbiamo abbastanza e torniamo a valle!

In vista della partenza per le vacanze estive (scalatorie, ovviamente), pensiamo di fare un vero tentativo, dopo un altro paio di ricognizioni in cui abbiamo familiarizzato con la via e intuito i passi del tiro più duro, che esige soprattutto una bella spinta di gambe. Per scongiurare la calura di agosto saliamo all’hotel Qualido nel pomeriggio e la sera andiamo a ripassare i passi del secondo tiro, quello più aleatorio e psicologicamente stressante, visto che la sezione più dura è proprio prima della sosta, dopo i passi più esposti. Tutto fila liscio e da secondi le cose ci vengono bene!

Truuut truuut… suona la sveglia alle 3 del mattino all’hotel Qualido e ci svegliamo tutti umidi. Era molto meglio la sera prima davanti a un bel fuoco! Intorpiditi camminiamo verso l’Escudo con la frontale. Attacchiamo alle prime luci dell’alba e ben presto siamo alla base del secondo tiro. Parto io e riesco al primo colpo. Mi calo in fretta e assicuro Caterina ed anche lei riesce subito. Siamo molto concentrati e scalare a mente lucida sulla roccia fredda e aderente è davvero una bella sensazione. Caterina sale il tiro successivo ed arriva il momento di provare il quarto tiro. Parte lei e cade, le do il cambio per cadere allo stesso movimento… maledetti cristalli! Prova lei di nuovo e riesce a passare, si arma di coraggio e affronta gli ultimi runout fino alla sosta. Yu-huu! La libera è fatta! E’ di nuovo il mio turno e questa volta salgo molto teso perché sta arrivando il sole e so che con la roccia calda non avrò un’altra occasione. Mi aggrappo disperatamente agli appigli e riesco ad uscire, anche se con uno stile che lascia un po’ a desiderare.

Sapendo che stiamo facendo la prima libera, arrivare in cima è un po’ un dovere morale, tradotto: 3 ore su una cengia per aspettare che l’ultimo tiro asciughi. A volte l’arrampicata è uno sport di pazienza, soprattutto quando si è seduti sull’erba pungente! Alla fine Caterina sale fino in vetta e mi recupera.

Anche questa volta siamo riusciti a completare un bellissimo progetto insieme, cercando di incitarci e sostenerci a vicenda. A volte ci sembra assurdo essere così sincronizzati ed è incredibile che mentre le cose stanno accadendo sia tutto sia così naturale!

Scendiamo rapidi al Bar Monica e raccontiamo a Simone della nostra salita bevendoci una birra gentilmente offerta!

di Martino Quintavalla


SCHEDA: Fiori nei Cannoni, Escudo del Qualido, Val di Mello




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