Federica Mingolla libera Angels and Demons in Valle dell’Orco
Angels and Demons racchiude in 200 metri di roccia la storia di quattro amicizie e di come il destino le abbia fatte incontrare in qualche modo sotto questa parete, il Caporal.
Un’altra volta qui, a guardare quella corda appesa nel vuoto, sul margine sinistro del Caporal, dove la parete diventa ancora più strapiombante e aggressiva rispetto alla sua "vicina" Colpo al Cuore. Lì dove 15 anni prima Ezio Marlier e Massimo Farina avevano iniziato ad aprire una nuova via futuristica per i loro tempi e lì dove tutto rimase in sospeso, proprio come la loro corda, abbandonata, in seguito all’incidente che colpì tragicamente Massimo nei mesi a seguire l’inizio della loro avventura.
In qualche modo il destino è stato anche beffardo perché pochi anni dopo l’incidente accadde che Adriano Trombetta si trovasse sotto al Caporal con una giovane Federica e, mentre rimiravano la parete, lui le indicò la via di Massimo ed Ezio dichiarando il suo desiderio di andarci a mettere le mani sopra.
Io allora non capivo né perché fosse così interessante una via incompiuta quando al Caporal ce n’erano così tante altre belle e già pronte ad essere scalate, né cosa significasse quella via per Ezio, che per altro non conoscevo ancora di persona. Così passa il tempo e il destino, che questa volta è stato crudele oltre che beffardo, si portò via anche il mio amico Adriano e in qualche modo quel suo desiderio iniziò a diventare anche il mio.
Poi io e Ezio finalmente ci incontriamo, la Valle d’Aosta diventa la mia casa e così ho anche il piacere di fare la sua conoscenza, in mezzo alla folla della Sky Way, nei rifugi, in mezzo alle nostre montagne. Per finire il destino mi ha fatto legare in cordata con Leonardo Gheza in quest’anno così tormentato e insieme abbiamo stabilito un ottimo rapporto in montagna oltre che una bellissima amicizia.
Così sotto esplicita richiesta di Ezio siamo andati insieme a riprendere in mano il lavoro di apertura che ormai era in abbandono da 15 anni. Inutile dire quanto sia stato emozionante ripercorrere quei primi metri con Leo aperti da Ezio e Massimo ripensando alla loro amicizia e alla mia con Adriano. Una sola via può racchiudere così tante emozioni? La risposta è sì.
L’ho capito in quest’ultima esperienza, mentre eravamo appesi a chiodare quegli ultimi metri di roccia prima della cima dell’altipiano, mentre ripensavo alle nostre vite e a come si sono intrecciate tra loro per arrivare ad essere lì in quel momento. Beh, alla fine la via si è rivelata un capolavoro, da cima a fondo, o sarebbe più corretto dire il contrario, e anche parecchio impegnativa!
L’altro giorno, il 24 novembre, sono andata per scattare qualche foto alla via e con me c’erano il fotografo, Federico Ravassard e un ragazzo domiciliato in Valle dell’Orco, Simone Papalia. Non avevo nessuna ambizione, solo passare un’ultima bella giornata lì, prima dell’arrivo del grande freddo.
E poi è successa la magia: riesco a salire il tiro chiave dopo avergli dato una prima, veloce sbirciata per fissare la statica a Federico. Cosa fare? La risposta è stata fin da subito chiara dentro di me anche se l’orologio segnava le due del pomeriggio e avevamo pochissimo tempo per completare la via senza rimanere al buio.
Penso sia stata la prima volta in vita mia da quando ho iniziato a scalare che ho sentito di essere nel FLOW. Mi sentivo danzare sugli appigli, non mi sembrava di aver peso, semplicemente scalavo come avevo imparato a fare, la via l’avevo studiata i giorni in cui l’avevamo pulita nell’apertura perciò era limpida nella mia mente. E la mia mente semplicemente non pensava.
E’ stata una salita bellissima, anche se purtroppo non è avvenuta con Leo che per ovvie ragioni è rimasto in Lombardia. Penso che questa sia la seconda via più dura della Valle, dopo Itaca nel Sole, e che molto probabilmente è la prima via dove, invece di spalmare i piedi, devi costringerli a tallonaggi estremi per superare inclinazioni oltre i 30 gradi.
Sono molto curiosa di ricevere dei feedback dai prossimi che la scaleranno, nel frattempo posso solo ringraziare Ezio, Leo, Federico e Simone e dedicare questa via a Massimo e Adriano che sono sempre nei nostri cuori.
di Federica Mingolla
ANGELI E DEMONI SUL CAPORAL di Federico Ravassard
Quando tocchiamo terra dopo l’ultima doppia il Caporal è avvolto dal buio già da un’ora. La luna, ancora bassa, lo illumina appena mentre iniziamo a fare su le corde. Le ultime ore sono corse veloci come in un sogno, e forse Fede era davvero in un altro mondo, da quanto concentrata sembrava nel concatenare tutti i tiri senza pensare troppo alla gara che stavamo perdendo contro il sole e altre piccole scocciature, tipo i laschi con i quali scalava mentre per recuperare minuti preziosi assicuravo contemporaneamente sia lei che il secondo di cordata sul tiro precedente.
Siamo partiti all’una passata quasi per sbaglio, e quasi per sbaglio a lei è uscita la prima libera di una delle vie più dure della Valle dell’Orco. Io mi sono esaltato ad assistere a quel flusso armonioso di movimenti e manovre dal mio posto in prima fila garantitomi da una statica che pendeva quasi sempre nel vuoto a causa della parete strapiombante, cercando di dare giustizia alla bellezza di tutto quanto mi stesse passando sotto gli occhi in quei momenti.
Alla fine dell’autunno il Caporal sembra ingigantirsi in tutto: i contrasti tra la roccia chiara e l’ombra si fanno ancora più forti, la solitudine viene amplificata dal freddo che lo circonda mentre le sue correnti d’aria calda aumentano ancora di più la percezione di essere in una bolla isolata da tutto e da tutti. È un posto magico, reso ancora più magico dalle circostanze, dalle persone e dalle storie che si rincorrono su queste pareti.
Arriviamo alla macchina stravolti, qualcuno si gira una sigaretta e qualcun’altro stappa una bottiglia di vino ghiacciato. Non proprio dei festeggiamenti in grande stile, ma vanno bene lo stesso. Ripenso alla prima volta che abbiamo scalato qui e alle strade che abbiamo percorso da allora, diverse ma comunque abbastanza simili da far sì che in certi momenti ci ritrovassimo appesi uno di fianco all’altro a fare ognuno il suo lavoro.
La via si chiama Angeli e Demoni, come quelli che ognuno si porta sempre appresso e che cerca di lasciare a terra quando va a scalare. A volte ci si riesce, a volte no: ma se ci sono posti in cui solo gli angeli riescono a seguirti, credo che abbiano più o meno le forme del Caporal.
Federica ringrazia: La Sportiva, Petzl, Sherpa Mountain Shop asporteyewear, goCamera, Firepot outdoor food, Sea to Summit