Escalador Selvatico, la via sull’Acopan Tepui in Venezuela di Giupponi, Larcher e Oviglia
Sono giorni difficili. Chiusi forzatamente nelle nostre case, noi che abbiamo l'abitudine di viaggiare e visitare luoghi d’arrampicata lontani, talvolta in altri continenti, abbiamo realizzato appieno la fortuna di aver potuto vivere queste esperienze. Naturalmente è quando si viene privati di una parte importante della nostra vita, in questo caso viaggiare o anche solo il poter uscire di casa, che si realizza appieno quanto essa sia importante al nostro equilibrio psico-fisico.
Questa emergenza finirà e potremo forse riprendere con i nostri viaggi, anche se il mondo purtroppo non sarà più lo stesso. E’ infatti opinione comune che, con la crisi delle compagnie aeree, potremmo retrocedere di 30 anni, in un’epoca in cui gli arrampicatori in grado di potersi permettere un volo intercontinentale, molti di noi ricordano, erano assai pochi.
Probabile che per un po’ di tempo dovremo accontentarci di riscoprire il nostro “bel paese”, ricordando con nostalgia i tempi in cui andavamo a scalare in Nord America o in Patagonia ogni anno, perché in fondo bastava prenotare l’aereo per tempo, ed il costo non era poi così proibitivo.
Nel 2014 ho avuto l’opportunità di visitare il Venezuela nonché la fortuna di riuscire ad aprire una grande via sull’Akopan Tepui, una parete strapiombante di quasi 600 metri. Condividevo quest'avventura con due eccezionali compagni, Rolando Larcher e Luca Giupponi. E’ stata un esperienza intensa, probabilmente una delle più importanti delle nostre vite, anche se queste sono valutazioni che si dovrebbero fare quando si appendono le scarpette al chiodo...
Subito dopo il nostro ritorno, come è noto, la situazione politica di quel paese è precipitata e non è stato più possibile recarsi sui Tepui per arrampicare. La stessa guida locale, che ci aveva accompagnato da Caracas a Santa Elena, ha dovuto lasciare il paese e trasferirsi in Spagna: troppo pericoloso continuare a svolgere la sua attività.
Raggiungere la zona dei Tepui non è impossibile, ma è ancora oggi una specie di roulette russa: si rischia di non arrivare neanche alle pareti, nella migliore delle ipotesi. Anche in quel caso, nel momento che non è stato più possibile replicare quell’esperienza, ho pensato spesso alla fortuna che avevo avuto nel poterla vivere. Avevamo fatto bene a cogliere quell’occasione: rimandare avrebbe significato, a posteriori, una rinuncia definitiva.
Durante quel viaggio, avevamo realizzato un filmato, fino ad ora inedito, montando le riprese fatte in apertura. Di fatto, eravamo completamente soli ed isolati nella giungla, senza radio o telefono, per più di 15 giorni: le riprese erano, sinceramente, l’ultima delle nostre preoccupazioni. Inoltre, a differenza di altri team che ci avevano preceduto, non avevamo con noi un fotografo e videomaker che si occupasse di questo ed abbiamo dovuto arrangiarci da soli, filmando a turno durante le giornate di apertura.
Non so se queste immagini, interpretate ed editate con creatività da Andrea Tosi, possano trasportarvi almeno un attimo in quegli splendidi luoghi. Per noi sono un pezzo piccolo ma importante della nostra esistenza, soprattutto in questo momento in cui siamo costretti in casa, ad aspettare che l’ombra maligna lasci il mondo, restituendogli la luce.
di Maurizio Oviglia