Due nuove vie (e nuove storie) per Pietro Dal Prà e Alessandro Rudatis sulla Lastia de Gardes

Pietro Dal Pra ha aperto con Alessandro Rudatis e successivamente liberato, “In mezzo poco” e “Gracias a la Vida”, due impegnative vie alla Lastia de Gardes, nella selvaggia Valle di San Lucano, pale di San Lucano, Dolomiti.
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Pietro Dal Prà su In Mezzo Poco, Lastia de Gardes, Pale di San Lucano - Dolomiti
Beat Kammerlander

Esercizi di stile. Oppure variazione sul tema per visioni e interpretazioni diverse. E' così, probabilmente, che andrebbe presentata l'avventura in tre atti di Pietro Dal Prà e Alessandro Rudatis sul Pilastro della Lastie di Gardes, gran gioiello di roccia perso nello scrigno infinito delle Pale di San Lucano. Tutto, come qualcuno ricorderà, era iniziato nell'aprile 2009. Allora Dal Prà e Rudatis avevano aperto Grigioverde, una via di 380m con difficoltà fino al 7c. Ovvero una bella sequenza di placche grigie "a volte sporche d'erba" con cui i due avevano fatto conoscenza con la parete. Una reciproca conoscenza si direbbe, visto che da subito la Lastia aveva svelato loro altre linee e possibilità. Così a Grigioverde si è aggiunta "In Mezzo Poco", una via di 400m aperta nel settembre 2010 superando difficoltà fino all'8a+. Mentre nella scorsa primavera è arrivata Gracias a la Vida che affronta una "scalata super", sempre fino all'8a+, su uno specchio di roccia grigia striata di giallo, strapiombante e assolutamente spettacolare. Entrambe aperte in più giorni. Ed entrambe, poi, liberate da Pietro dal Prà rispettivamente ad aprile e settembre di quest'anno.

Ora, per quelli che si chiederanno cosa c'entrino gli esercizi di stile e le visioni. Potremmo aggiungere che "Grigioverde", la via d'ingresso alla parete per Dal Prà e Rudatis, è stata aperta con spit alle soste e chiodi normali lungo i tiri. "In Mezzo Poco", invece, come del resto suggerisce il nome, è stata salita con l'uso di soli 8 spit e l'utilizzo di protezioni veloci. D'altra parte e non a caso viene presentata come una via "molto impegnativa che richiede esperienza alpinistica, con un obbligatorio complesso e duro sul 9° tiro". Infine, dulcis in fundo, "Gracias a la Vida" è stata aperta con "misurati" spit per una "Scalata super su difficoltà omogenee e continue. Con chiodatura mai veramente lunga, ma chi fa sicura deve avere molta esperienza di assicurazione dinamica. Unico runout difficile e pericoloso a fine del 6° tiro". Come dire, appunto, che ogni linea ha avuto la sua interpretazione e la sua visione. Verrebbe da aggiungere che per far questo occorre anche essere duttili, o meglio bisogna avere grande conoscenza ed esperienza per variare sul tema. Ma forse basterebbe dire che, alla fine, l'interpretazione che si dà di una linea è un'arte che ha a che fare con la sensibilità per la bellezza. Quella stessa bellezza che ci suggerisce la roccia, e che Pietro Dal Prà ci racconta nel suo report. Da parte nostra, come sempre, vi invitiamo a scoprirla sul campo questa bellezza. Sottolineando che Pietro Dal Prà descrive "Gracias a la Vida" come "una delle linee più belle che ho visto e salito nella vita". E questo, per chi lo conosce, è già un attestato di estrema qualità (a cui noi aggiungeremo anche quello dell'impegno e della difficoltà).



NUOVE VIE E STORIE IN VALLE DI SAN LUCANO.
di Pietro Dal Prà

Già la prima volta alla Lastia, mentre con Ale si apriva Grigioverde, avevo sentito che quel luogo aveva qualcosa di speciale. E quel qualcosa, denominatore comune dal sapore diverso di tante pareti, mi aveva già un po’ stregato. Avevo anche annusato le potenzialità di quel pilastro, così selvaggio e fiero, di roccia e colori intensi. Già guardavo attratto a sinistra di dove stavamo salendo, sospettando una linea continua di appigli dove la parete girava in una zona apparentemente liscia e strapiombante prima del Diedro Mariet, salito per la prima volta da Marco Anghilleri e Valerio Carotta nel 95. Ma pochi mesi dopo non arrivavo neanche all’attacco della sperata linea, rompendomi un ginocchio ancora nel bosco sottostante e buttando all’aria il sogno di una stagione.

Alla fine della scorsa estate 2010 tornavamo alla base di Grigioverde, ne salivamo i primi tre tiri, e sul quarto ce ne staccavamo, per andare a prendere l’arrotondato spigolo del pilastro. L’idea era quella di salire la parete lasciandoci su poco ferro, nella convinzione che meno tecnologia e materiale si usa, più emergono le capacità di uno scalatore. In quattro giornate aprivamo quella che sentivamo essere una gran via, su roccia splendida, con qualche chiodo, pochi friend, poche clessidre insperate, tredici spit sui tiri più quelli alle soste. Passato l’inverno, questa primavera, dopo due ricognizioni e pulizia appigli, mi bastava una mattinata per salire in libera la bellissima linea. Poche ore non stressanti, in cui ero riuscito a scalare tranquillo e leggero. Quasi una delusione per la facilità della libera, pensando all’impegno mentale che aveva invece richiesto l’apertura. Il nome della via doveva renderne un po’ il carattere, e “In mezzo poco” ci sembrava il più calzante. Inoltre “In mezzo poco” ci sembrava (e ci sembra) un’ immagine evocativa di un bel concetto su cui, sempre di più in questo momento storico, varrebbe la pena soffermarsi a pensare. Quasi una dedica a Serge Latouche e alla sua idea della decrescita.

La via è impegnativa, anche pericolosa se non la si affronta con la dovuta cautela. Ovviamente è dura la prima volta che la si sale. Poi, conosciuta, diventa più tranquilla. E appunto la prima volta, arrivare alla fine del pilastro in giornata, anche fermandosi a riposare su tutte le protezioni, non deve essere facile, sia per i runout e la gestione delle protezioni, sia per la difficoltà del tratto più duro, sul nono tiro, in cui l’obbligatorio è intenso, aleatorio e di difficile interpretazione. Per affrontare “In mezzo poco”, ci vuole un livello ben superiore a quello che dicono i numeri sulla relazione, e una solida esperienza di gestione della sicurezza in parete.

Calandomi sulla via, non potevo non notare il tratto di parete fra questa e il Diedro Mariet, un muro leggermente strapiombante, lungo, omogeneo, striato di grigio e di giallo. Un pezzo di roccia… con un certo carattere… ma che a vederlo da sotto non faceva nemmeno sperare di poter essere salito. Troppi sembravano i punti morti. Ma altrettanta era l’attrazione che quelle strisce grigie e gialle esercitavano su di me. Sapevo che le probabilità di arenarsi sul liscio erano molto più alte di quelle di poter passare, ma non riuscivo a non pensarci. Così, ancora una volta con Ale, ad aprile di quest’anno, si partiva all’insù. Solite belle giornate a risolvere enigmi di sequenze di appigli per trovarne sempre un successivo. E sempre con quel mezzo timore di non trovarlo. Più di una volta siamo arrivati alla fine delle prese, per scoprire che si doveva prendere prima un’altra direzione. Per tre giornate “giocavamo” così, senza nessuna fretta, ad aprire i primi quattro tiri partendo da casa. Poi, ormai abbastanza in alto, la risalita a jumar diventava sempre più lunga e noiosa. Allora magia della vita da portaledge, per aprire, in un “soggiorno verticale” di tre giorni e due notti, gli ultimi tre tiri. Dopo qualche ora di fatica, concentrazione massima e tensione sui cliff, calarsi alla portaledge per starci sopra il pomeriggio e la sera a rilassarsi guardandosi in giro, è uno di quei regali della vita che difficilmente ti dimentichi.

A giugno inoltrato abbiamo finito di aprire questa via dalla insperata generosità, giusto in tempo prima del caldo estivo che rende questo luogo impraticabile. E proprio durante l’estate mi accorgo che mi è ancora possibile innamorarmi di un pezzo di roccia, di una linea, di una montagna e di un luogo che mi riportano ad un già conosciuto me stesso. Mi dimentico che esistono anche altre pareti, arrampico poco niente fino ai primi di agosto e poi mi do una ventina di giorni in falesia per rimettermi in forma in vista di settembre, mese che credo buono per il muro della Lastia.

Già prima dell’estate avevo scalato per la prima volta con Nicolò, un giovane di Belluno, e con piacere avevo sentito un buon feeling. Ora “Nic” mi fa sorridere di piacere quando mi dice che è pronto per venire a farmi sicura. In altri due giorni di portaledge, il tempo non passa solo a pulire e imparare sequenze di appigli, ma anche a scoprire una affine sensibilità, benefica pillola in una vita dove gli eccessi di comunicazione sterilizzano sempre più.

Dopo le due giornate conosco abbastanza gli appigli e le sequenze di questo muro di duecentosettanta metri. I “piedi” non li ricordo bene, ma mi incoraggio sapendo che se si prende il giusto feeling, quelli vanno da soli e veloci proprio dove devono andare. Da una parte vorrei aspettare Alessandro per salire in libera la via, ma capiamo che non ci saranno occasioni ed è lui a dirmi di andare. Mentre io faccio il finto tonto scaramantico, lui mi sfotte, sapendo che la salirò in libera al primo giro. Accampo scuse in cui non credo neanche io. Ma in effetti c’è veramente caldo, il sole arriva all’una sulla via, accendendo il forno. Sia io che Nicolò non amiamo le sveglie crudeli, quindi partiamo a piedi alle sette del mattino, camminando veloci e non perdendo tempo. Sui primi tiri scalo male, statico, decisamente poco fluido. Sono solo tranquillo perché sento abbastanza margine. Ma non me la godo, mente e corpo non si liberano… In fondo è ovvio, sempre più raramente sono di fronte a “prove verticali”, visto che sono un po’ annoiato dalla scalata sportiva e non provo mai tiri nuovi in falesia, e certamente cala così anche la capacità di bene assecondare l’ansia da prestazione.

Al quarto tiro però, su un boulder duro, non posso più andare “controllato” e nel mollarmi con un urlo nel campo dell’insicurezza, perdo lo zaino della tensione. Da lì in su diventa solo scalata della migliore. Oggi è il primo giorno della mia vita in cui faccio il completo “assistito”, non recuperando il sacco e nemmeno Nicolò. Ci pensa lui a fare tutto ad ogni sosta, e così…. è un’altra vita… L’ultimo tiro sale un naso strapiombante, il punto più esterno della parete. All’uscita , dal ribaltamento finale, puoi vedere un bel po’ di metri sotto e più “in dentro” di te il tuo compagno, e tutto il muro, uniformemente inclinato, che hai appena salito.

Scalando ho anche il tempo di pensare a quanta fortuna abbiamo avuto ad arrivare in questo posto, ad avere vissuto così tanto quassù, su questa parete quasi…privata, dove per anni siamo venuti a scalare solo noi, dove abbiamo potuto trovare il terreno perfetto per aprire tre vie bellissime, una accanto all’altra, tutte distinte e con una loro forte identità, con tre stili diversi. Grigioverde è abbastanza facile e solo a chiodi, “In mezzo poco” dura ed alpinistica, e quest’ultima, solo a spit, è una delle linee più belle che ho visto e salito nella vita. Non sarà facile in futuro trovare un luogo così in Dolomiti, le montagne in cui vivo. Forse non capiterà più. Ma intanto è capitato.

All’ultimo tiro, il grande strapiombo, sono rilassatissimo e scalo, sentendomi, con queste consapevolezze, molto leggero. Mi raggiunge Nicolò e lo abbraccio di gioia e di gratitudine. Scendendo penso per la prima volta che questa via dovrà pure avere un nome. “Gracias a la Vida”, per tutte le fortune dette, legate a questo pilastro. E non solo per quelle.

Pietro Dal Prà

Lastia di Gardes – Pale di San Lucano (Dolomiti)
VIA IN MEZZO POCO
prima salita: Pietro Dal Prà e Alessandro Rudatis 09/2010
prima libera: Pietro Dal Prà 04/2011
Via molto impegnativa che richiede esperienza alpinistica, obbligatorio complesso e duro sul 9° tiro.
difficoltà: 8a+ max
lunghezza: 400m, 10 tiri
materiale: 2 corde 60m, 8 rinvii, cordini, friends BD 04, 05, 075, 1, 2.
discesa: in doppia sulla via
accesso: da Pont, località a 30 minuti a piedi da Col dei Pra (fine della Valle di San Lucano) attraversare il ponte sul torrente, subito a destra per passare altro ponte su cascata. Prendere il sentiero che parte dietro la vecchia casa della cava. Su in obliquo 3 minuti e poi 20 minuti in piano fino ad un primo evidente canale roccioso. Dopo il canale cominciare a salire in obliquo a sinistra. Seguire gli ometti fino alla base parete. Traversare a destra fino a dove possibile (diedro 2 chiodi). Prima sosta 5m a destra. (da Pont 45 minuti)
Nota bene:
Camalot fondamentali: 6° tiro: 0.4 prima del 1° spit; 0.75 in buco-fessura verticale fra il 1° e 2° spit. 7° tiro: n.1 dopo la prima clessidra, n. 2 dopo il solo chiodo.. Tutte le clessidre (cl) segnalate. Soste a spit. No campo per telefonino

Via In Mezzo Poco pdf


Spiz di Lagunaz, Pilastro Ovest – Pa Pale di San Lucano (Dolomiti)
Via GRACIAS A LA VIDA
prima salita: Pietro Dal Prà e Alessandro Rudatis, primavera 2011
prima libera: Pietro Dal Prà 09/2011
Scalata super su difficoltà omogenee e continue. Chiodatura mai veramente lunga ma chi fa sicura deve avere molta esperienza di assicurazione dinamica. Unico runout difficile e pericoloso a fine del 6° tiro.
difficoltà: fino a 8a+
lunghezza: 270m, 7 tiri
materiale: 2 corde e rinvii, tre tracolle per allungare il 1° e gli ultimi due spit del 3° tiro (attriti). Il cordino di recupero sacco si può usare per collegare l'ultimo spit del 6° tiro e il 4° del 7° per rendere possibile la calata.
discesa: in calata sulla via, con corda fissa da ultimo spit 6° tiro e fine strapiombo del 7° (anche passando i rinvii impossibile)
accesso: da Pont, località a 30 minuti a piedi da Col dei Pra (fine della Valle di San Lucano) attraversare il ponte sul torrente, subito a destra per passare altro ponte su cascata. Prendere il sentiero che parte dietro la vecchia casa della cava. Su in obliquo 3 minuti e poi 20 minuti in piano fino ad un primo evidente canale roccioso. Dopo il canale cominciare a salire in obliquo a sinistra (5 min.), traversare a 2° canale, poi su per il bosco (seguire gli ometti) fino alla base della parete. La via sale a destra del grande ed evidente diedro (diedro Mariet) che parte a metà parete.
zoccolo: attaccare sullo spigolo dello zoccolo in prossimità di un evidente Colle. Salire 50m (1 pass. IV°), traversare a destra su grande rampa per 30m, salire parete a sinistra (20m, 1 pass. IV°) e ancora a destra su una rampa che termina su una cengia erbosa da seguire da seguire per 30m verso destra fino alla base del diedro. Su tutto o zoccolo soste a spit e spezzoni di corda (da verificare, utile uno jumar) sui salti di roccia.

Gracias a la Vida pdf

Note:
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