Dhaulagiri 2005: fulmini in quota
10/05 ottavo report dalla spedizione Dhaulagiri 2005: Nives Meroi, Romano Benet e Luca Vuerich e compagni hanno dovuto scendere dalla montagna per una bufera di tuoni e fulmini. Faranno un nuovo tentativo.
Tempesta sull'Himalaya, tra l'Annapurna e il Dhaulagiri. Al Dhaula una bufera, con tuoni e fulmini a 7000m (!), ha costretto ad una discesa "elettrica" il gruppo di Nives Meroi, Romano Benet e Luca Vuerich. Dall'altra parte, sull'Annapurna, proprio in queste ore il gruppo dei Ragni di Lecco (Panzeri, Merelli e Bernascone), con Ed Vierstus e altri, stanno tentando la cima in mezzo alla bufera... Al Dhaulagiri, intanto, si attende una schiarita per ritentare un'altra volta. Una cosa è certa: il meteo di questo primo scorcio di stagione sugli Ottomila è stato davvero pessimo. Avete mai sentito di tuoni e fulmini a 7000m? FULMINI IN QUOTA di Nives Meroi 7 maggio Campo base. Le previsioni "promettono" un leggero miglioramento del tempo: attenuazione del vento e condizioni di tempo discreto. Domani si parte per cercare di raggiungere la cima vera, sta volta. 10 maggio quota 6800 metri. Partiti dalla nostra tenda a 6300, sta mattina alle 8, il tempo era sereno ed il vento lieve. Pian piano il cielo si è chiuso ed è iniziato a nevicare. Adesso siamo qui, rintanati in un crepaccio, a meditare sul da farsi. Anche laltra volta, quando siamo arrivati sulla "Italian Summit"- come labbiamo scherzosamente soprannominata - , il tempo fino al campo a 7300 era simile, ma adesso sembra peggiorare a vista docchio. Sopra la nostra testa partono le corde fisse del ripido spigolo di roccia e neve che porta al nostro campo 2. Nevica forte, la visibilità è scarsa; io e Luca decidiamo di "metterci in cammino". Saltiamo fuori dal crepaccio, ci spostiamo sullo spigolo e attacchiamo lo jumar alla corda. Un crepitio intorno alla testa, come unaureola. In un attimo ci rendiamo conto: fulmini. Laria è piena di elettricità. Con un salto siamo di nuovo al riparo nel crepaccio. E adesso? Cosa facciamo? Innanzitutto dobbiamo aspettare un po per vedere se passa il temporale e poi scegliere se andare avanti, scendere al base, oppure tornare al campo 1 e aspettare un giorno. Da fuori Romano infila la testa nel crepaccio, "qui, continua a peggiorare. Dobbiamo decidere." Il temporale non accenna a spostarsi, ma sono già caduti almeno 30 centimetri di neve e la visibilità è nulla, al massimo 5/6 metri. Dobbiamo cercare di scendere. I primi 500 metri sono relativamente facili da intuire, anche se "accecati" dalla nebbia: una lunga cresta nevosa dalla pendenza relativamente tranquilla. Il problema ben presto lo avvertiamo, sono nuovamente i fulmini. Laureola intorno alla testa, uno strano "sfrigolio" nella mano che stringe la piccozza, ed in bocca il sapore amaro dello zolfo. Corriamo per qualche metro e quando latmosfera si carica troppo, ci accucciamo a terra, allontaniamo le picche e aspettiamo un po; poi ci rialziamo, facciamo qualche altro metro e poi giù di nuovo. Alla fine della cresta dobbiamo buttarci a destra e prendere il lungo plateau che porta alla sella a 5800 ed in mezzo al quale, oltre a qualche crepaccio, si trova il nostro campo 1. Spostandoci dalla cresta dovremmo essere meno esposti ai fulmini, ma qui i problemi sono altri: il rischio di far partire qualche valanga e quello di trovare la strada. La nebbia è sempre fitta, nessun punto di riferimento, "a naso" prendiamo una direzione: il primo scende e quando inizia a sparire nella nebbia parte il secondo. Sotto i piedi, il rumore di una placca di neve, ti sposti, per cercare di evitarla e non far partire la valanga. Lontano adesso si sente il fragore del tuono; mentre quello che avvertiamo qui è tensione, fatica. Troviamo la tenda a 6300, intuiamo la direzione dei grandi crepacci, finalmente arriviamo alla sella a 5800 metri. Da qui in poi basta "imbroccare" il ponte di neve sul crepaccio, scendere sul plateau, poi licefall, e attraverso il ghiacciaio raggiungere il campo base: un paio dore. Via radio avvisiamo Leila che ci aspetta al base. Anche lì la situazione non è piacevole: il vento ha quasi portato via la tenda mensa. Scendiamo veloci, qui ha nevicato di meno. Ancora qualche problema in fondo al plateau, dove la nebbia ci fa perdere in mezzo ai crepacci e finalmente, verso le 16 arriviamo al campo base; stanchi, stufi e "ghiacciati". di Nives Meroi Dal diario di Mario Cedolin Martedì 10 maggio 2005 Bufera a 7000 La casualità delle variabili naturali non asseconda certo le aspettative umane, ne esalta invece limprevedibile, quello che da certezze lindomani. Stamane sono fragili progetti in vetro che il vento rabbioso infrange. Diventano infiniti cristalli e si confondono con quelli della neve: strali beffardi che tinfilzano il poco scoperto e la volontà; poi il brontolio del tuono si confonde con il fragore della valanga e la folgore con ladrenalina. Fluttui nella nebbia ionizzata come in un bagno elettrolitico che ti adorna con un orpello di ghiaccio, la neve lievita a inglobare le cose e lintorno, monta soffice a nascondere la traccia: Filo dArianna che conduce al ritorno. Qui gli ignavi non campano, così proponi e scegli. Scegli di accettare il rischio(certamente calcolato) della "fuga" anelando agli "agi"del CB fra crepacci occulti e probabili valanghe. Oggi listinto e la ragione ti hanno premiato. Sei nella condizione di recuperare e mettere insieme i pezzi del tuo progetto di cristallo.- di Mario Cedolin Dall'alto: Bufera a 6800m sul Dhaulagiri; Luca Vuerich e Romano Benet; Campo 1. (Foto archivio Luca Vuerich). |
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