David Göttler abbandona l'ambizioso tentativo sul Nanga Parbat
Nulla da fare. L'alpinista tedesco David Göttler ha abbandonato per quest'anno la sua ambiziosa spedizione al Nanga Parbat, a causa delle condizioni sfavorevoli durante il suo ultimo tentativo per la vetta. Göttler, insieme all'alpinista statunitense Mike Arnold, ha trascorso l'intero mese di maggio ad acclimatarsi nell'Himalaya nepalese prima di recarsi in Pakistan per raggiungere il Nanga Parbat (8156 m).
L’obiettivo era scalare la "montagna nuda" in stile alpino, senza corde fisse, ossigeno supplementare o supporto degli sherpa, attraverso la via Schell sul versante Rupal, rinomata per essere la parete più alta del mondo. Il loro progetto consisteva nel combinare questa salita in stile alpino con una discesa con gli sci e il parapendio. Se avesse avuto successo, sarebbe stata la prima discesa con gli sci e il primo volo in parapendio da una via "non normale" su un 8000m. Finora infatti tutte le discese con gli sci e in parapendio dalle vette degli 8000 metri sono avvenute partendo da salite sulle vie “normali”.
Dopo aver trascorso tre settimane al campo base del Nanga Parbat, aspettando che arrivasse una finestra meteo favorevole, il tempo è scaduto per Arnold che ha deciso di tornare a casa. Göttler invece è rimasto e si è messo insieme agli alpinisti/sciatori francesi Tiphaine Duperier e Boris Langenstein, che erano appena arrivati da pocoal campo base per il loro tentativo sulla montagna.
Quando finalmente si sono presentate le condizioni meteo giuste il 27 giugno, il trio ha iniziato a scalare la montagna, allestendo un campo a 6850m. Nonostante un tentativo ambizioso, il team è stata infine costretto a tornare indietro sabato 29 giugno a quota 7550 metri, a causa dell'eccessiva quantità di neve e del meteo pericoloso.
Göttler ha commentato: "Nanga Parbat, 8156 m. Questa montagna mi ha messo alla prova più a lungo e più spesso di qualsiasi altra montagna. Due volte in inverno e due volte in estate ho provato a scalarla, ma finora non sono ancora riuscito a raggiungere la cima.
A volte è stato a causa della neve alta o del tempo instabile; altre semplicemente perché il mio corpo non rispondeva come avrebbe dovuto al compito da svolgere. Ma, più di ogni altra cosa, penso che ciò che rende tutto questo così difficile sia la consapevolezza che sarò felice solo se scalerò questa montagna in uno stile che rimane fedele ai miei valori.
Voglio salirla in stile alpino, con ua piccolo team, non sulla via "normale" dove ci sono molte altre persone e, ovviamente, senza usare ossigeno supplementare o Sherpa o il supporto di portatori d'alta quota. Attenersi a queste regole autoimposte rende le già scarse possibilità di successo ancora più limitate.
Ho scalato sei vette di 8000 metri senza ossigeno supplementare, incluso il Monte Everest, e ho partecipato a più di 30 spedizioni, quindi so che rimanere fedele ai miei valori mi permette di dare il 100% alla sfida. Gran parte della motivazione per spingermi nella zona di incertezza e disagio in cui iniziamo davvero a imparare e sperimentare molto di più su noi stessi, deriva dal rimanere in linea con questi valori che rispetto profondamente. Certo, c’è sempre un po’ di frustrazione per aver dedicato così tanto tempo e fatica ed essere stato costretto a tornare indietro senza raggiungere la vetta, ma so che questo fa parte del viaggio: parte di ciò che significa scalare questi giganti”.