Civetta: Colonne d'Ercole per Alex Walpoth e Martin Dejori

Il racconto di Alex Walpoth della seconda ripetizione, effettuata il 18 e 19 settembre 2014 insieme a Martin Dejori, di Colonne d'Ercole, la grande via aperta sulla Punta Tissi, parete NO del Civetta, da Alessandro Baù, Alessandro Beber e Nicola Tondini.
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Alex Walpoth e Martin Dejori durante la prima ripetizione di Colonne d'Ercole, Civetta, Dolomiti
Alex Walpoth, Martin Dejori
L'estate in Dolomiti è stato purtroppo, quasi letteralmente, un buco nell'acqua, ma ciononostante i due giovani alpinisti Alex Walpoth e Martin Dejori sono riusciti a portarsi a casa due salite importanti: una rara a-vista di Chimera Verticale sulla parete NO del Civetta e, poco più in là e sempre sulla stessa NO, la ripetizione di Colonne d’Ercole sulla Punta Tissi. Questa grande e importante via di 1200m era stata aperta tra il 2009 e il 2012 da Alessandro Baù, Alessandro Beber e Nicola Tondini che poi l'avevano liberata tra il 7 e 8 settembre 2012 con difficoltà max IX, obbl. VIII+. Adesso Walpoth e Dejori, in 20 ore d'arrampicata tra il 18 e 19 settembre, sono riusciti a ripeterla per la seconda volta, dopo quella dei primi salitori nel 2012 che aveva appunto fruttato la prima libera, confermando i gradi, la bellezza e il grandissimo spessore della via. Per la cronaca, i due hanno salito tutto a-vista, tranne in due punti (uno per ciascuno dei due) dove si sono rotti degli appigli. Ma per questi dettagli, e soprattutto per sapere come si è sviluppata questa bellissima esperienza, rimandiamo al testo di Walpoth.


COLONNE D'ERCOLE IN CIVETTA
di Alex Walpoth

Imparai a conoscere il Civetta tramite un racconto di Messner sulla sua solitaria della Philipp-Flamm. Leggendo la sua narrazione mi feci un’idea scoraggiante e fosca di questa parete delle pareti. L’idea di scalarla mi sembrò pazza e altrettanto affascinante. In effetti trascorsero ancora alcuni anni prima che mi trovassi sotto quella parete. Nel 2013 salii con il mio amico genovese Giorgio, la via Aste, molto adatta per conoscere le caratteristiche della roccia. La parete imponente, l’ambiente pacifico e non per ultimo la simpaticissima ospitalità al rifugio "Tissi", ne fecero una delle mie avventure più belle. Queste emozioni intense mi portarono con i pensieri e un po’ di nostalgia più volte in quei posti. L’articolo su Colonne d’Ercole era già stato pubblicato su questo sito, ma appena dopo il mio primo approccio con il Civetta iniziai a dedicarmi con passione e impegno alla via. Anche Martin, con il quale creo una cordata molto affiatata, formatasi grazie a innumerevoli vie insieme, sognava già dal 2013 Colonne d’Ercole. Le foto e i dati tecnici, oltre all’atmosfera straordinaria, esercitavano un’attrazione irresistibile su di noi. L’anno successivo volevamo salirla.

Purtroppo l’estate 2014 è stata tutt’altro che favorevole dal punto di vista meteorologico. Abbiamo trascorso più tempo a confrontare le diverse previsioni che non in montagna, fino a trovare finalmente quella più promettente per i nostri progetti. Con grande ottimismo e fiducia abbiamo salito alcune vie difficili, una di queste la stupenda Chimera Verticale sulla Punta Civetta, che ci riuscì a vista in cordata, contribuendo a un forte aumento della motivazione e della sicurezza. Dopo un'altra visita al Civetta con Giorgio e Marta ci sentimmo finalmente pronti. Non altrettanto il tempo che ogni giorno ci riservava delle sorprese. Ci rendemmo anche conto che le nostre idee divergevano: Martin voleva partire esclusivamente con un tempo perfetto, per me invece era oramai una questione secondaria. Infatti, si scala anche con la nebbia più fitta. Forse l’idea si era già trasformata in ossessione, fatto sta che si presentarono finalmente due giorni con basse probabilità di precipitazioni. Chiamammo Valter, che ci confermò che le condizioni erano discrete e che ne sarebbe valsa la pena.

Partiamo in macchina in direzione di Alleghe, tutt’altro che fiduciosi; è un viaggio silenzioso. Le nubi sono tante e basse, pensiamo di desistere, però non ne parliamo. Così ci ritroviamo sul sentiero ripido che porta al Tissi. All’improvviso appare il sole e ne ricaviamo tanta fiducia. La via è asciutta, solo l’ultima parte è piena d’acqua; troppo in alto, per farci impensierire già adesso. Al rifugio ci accolgono con felicità e un’ottima cena. Trascorriamo una bella serata.

Il giorno seguente ci svegliamo sopra una cappa di nubi, il cielo diventa lentamente celeste. Solo in questo momento decidiamo definitivamente di attaccare. Giulia ci ha lasciato un bigliettino sul tavolo, "Buona fortuna". L’attacco dobbiamo cercarlo nella nebbia, la cappa di nubi si è alzata. Saliamo lo zoccolo slegati e esitando, la roccia è un po’ bagnata e gli haulbags pesano. La prima lunghezza, un quinto difficilissimo, ci intimidisce. Nella lunghezza seguente cado da secondo a causa di una grossa presa che si stacca mentre libero un sacco incastrato. Mi sento sollevato, l’idea di salire la via a vista svanisce. Ora la via diventa sempre più difficile, verticale e bella.

Mentre saliamo il grande diedro, perfetto nella sua forma, mi torna in mente il confronto di Alessandro Beber tra questa prima parte con la nostra parete di casa la "Meisules dala Biesces": ha proprio ragione, l’arrampicata è stupenda! Una fessura difficile ci porta all’inizio della placca centrale, levigata, liscia e assolutamente impressionante. Nessuna traccia di un chiodo, ma Martin trova la via giusta grazie all’intuito e un po’ di fortuna. Supera una placca molto repulsiva e arriva in sosta. Il primo chiodo della prossima lunghezza spunta dalla roccia a grande distanza e la placca che ci separa dal chiodo è priva di appigli. Dopo un esame più attento capiamo che ci tocca scendere un po’, lì troviamo alcuni chiodi piantati in modo molto creativo.

Purtroppo anche Martin deve abbandonare il sogno della salita a vista. Gli si stacca proprio la prima presa dopo la sosta. Non si mette più sotto pressione e sale in modo elegante e leggero. Ora tocca a me, salgo una placca appoggiata, che richiede però uno stile d’arrampicata molto tecnico e preciso. Nel tiro chiave ho difficoltà a capire quale potrebbe essere la sequenza giusta delle prese. Un rovescio piccolissimo si rivela la presa cruciale, arrampico senza esitare e arrivo felice alla cengia dove avremmo dormito. È stretta, però non abbiamo il tempo di preoccuparci; vogliamo assolutamente superare ancora i prossimi due tiri, per non dover riscaldarci su un tiro di nono inferiore la mattina seguente.

Martin è sotto all’ultima placca difficile quando il sole è oramai tramontato da un po’ e l’ultima luce del giorno svanisce velocemente. L’ultima protezione è un friend discreto assai distante. In sosta rifletto che deve essere il punto dove Ale Beber aveva estratto il coniglio dal cilindro, compiendo fantastici movimenti su mono e bidito. Martin però non ne sa niente, così non gli resta altro da fare che lanciarsi nell’imprevisto per sfuggire all’oscurità. Un urlo che esprime gioia e meraviglia mi suggerisce che oramai è fatta, almeno per oggi. Mi arrampico nell’oscurità profonda, con la lampada che si spegne alcune volte, ma nonostante ciò anch’io arrivo esultando in sosta.

Fissiamo una corda e ci caliamo fino alla cengia. Anche se ci mancano ancora dieci tiri siamo sollevati e felici; abbiamo salito tutti i tiri difficili in libera e finalmente possiamo riposarci per alcune ore. Il cielo è sereno, ammiriamo le stelle luminose come si vedono solo in montagna. Girando lo sguardo nella direzione opposta vediamo le luci di Alleghe. Ci troviamo nel mezzo, tra un forte legame con la parete e noi stessi. I nostri sacchi a pelo belli caldi ci regalano alcune ore di sonno, ogni tanto mi sveglio e osservo la parete verticale sopra di me e la nebbia che nel frattempo ci avvolge.

La colazione si svolge di nuovo davanti ad un panorama mozzafiato. Risalendo la corda notiamo che le forze si stanno consumando. I prossimi tiri, tutti intorno al settimo grado, sono difficili e bellissimi. A questo punto si presenta l’ inevitabile: il quartultimo tiro è completamente bagnato, proprio come l’avevamo immaginato vedendolo da sotto. Ora il nostro ottimismo ci abbandona; o saliamo oppure traversiamo per la cengia del miracolo. La decisione richiede tanto tempo e sofferenza. Finalmente Martin chiude la discussione, superando il tiro con grande convinzione. Gli ultimi cento metri ci regalano ancora un’arrampicata avvincente e spettacolare; la godiamo per quanto le braccia doloranti lo permettono.

La cima della Punta Tissi è avviluppata nella nebbia, soffia un forte vento gelido che però non incide sulla nostra felicità di essere stati i primi a ripetere questa straordinaria via. Siamo contenti di aver superato i tanti momenti di dubbio, raggiungendo la punta Tissi per la magnifica Colonne d’Ercole, un vero capolavoro del trio Baù, Tondini e Beber. Fa così freddo che non proviamo quella solita malinconia quando si abbandona una cima. Scorgiamo una persona che sale in solitudine, confondendosi nella nebbia. Ci accoglie con una doccia di birra; è Venturino de Bona del rifugio Torrani e grande esperto della Civetta. Si è appena sentito al telefono con Valter del Tissi, che ha seguito meticolosamente la nostra salita. Ci sentiamo parte della comunità appassionata dell’alpinismo. Perciò è ancora più difficile andarsene da quel posto, meno male che esiste la gioia dell’attesa per la prossima avventura!

Ringraziamo Valter, Paola, Giulia, Luca e Diego per l'atmosfera famigliare che hanno sempre creato; Aaron, David e Hubert che ci hanno prestato gli haulbags e un cordino kevlar da 50 m.
Alex ringrazia lo sponsor Mountain Hardwear.



17/05/2013 - Colonne d'Ercole, Punta Tissi alla Civetta, intervista ad Alessandro Baù
Intervista ad Alessandro Baù sulla nuova grande via aperta e poi liberata dallo stesso Baù insieme ad Alessandro Beber e Nicola Tondini sulla Punta Tissi (parete NO Civetta, Dolomiti).




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