Cima Grande di Lavaredo: in Dolomiti Jacek Matuszek e Łukasz Dudek aprono Premiere
Jacek Matuszek e Łukasz Dudek sono meglio conosciuti per il loro Alpine Wall Tour, un viaggio che nel corso degli anni li ha portati a ripetere alcune delle vie di più tiri più difficili delle Alpi come End of Silence (Alpi di Berchtesgaden), Silbergeier (Rätikon), Des Kaisers neue Kleider (Wilder Kaiser), Brento Centro (Monte Brento, Valle del Sarca) e Bellavista, La Via degli Spagnoli e Project fear (Tre Cime di Lavaredo, Dolomiti). Man mano che guadagnavano esperienza, i climber polacchi hanno iniziato però a chiedersi cosa non avevano ancora vissuto in montagna e si sono subito resi conto di non aver mai aperto una nuova via. Centrare questo obiettivo, più di ogni altra cosa, era tutto ad un tratto ciò che gli interessava di più.
I primi viaggi nell'agosto 2017 in Marmolada e al Monte Taè alla ricerca di nuove linee si sono rivelati infruttuosi e mentre sfogliavano una guida d’arrampicata hanno appreso che La Strada alle Tre Cime di Lavaredo non era mai stata ripetuta. Aperta nel 1980 dai loro compatrioti Piotr Edelman e Jan Fijalkowski, non potevano non tentare di salire la linea sul lato destro della Cima Grande, ma arrivati all’attacco hanno constato che la linea era completamente bagnata. La parete poco più a destra invece era asciutta e c'era spazio sufficiente per aprire qualcosa di nuovo.
Matuszek ha spiegato: "Abbiamo tirato fuori tutti i nostri giocattoli dagli zaini e Jacek ha iniziato a mettere sull’imbrago spit, chiodi, nuts e friends. Sembrava un albero di Natale mentre saliva la prima sezione facile per raggiungere una placca. Per la prima volta in vita sua, Jacek si è fidato di uno skyhook e dopo aver trapanato un po’, il primo spit brillava orgogliosamente in parete. Avendo salito in artificiale con l’aiuto dei Friends il resto del tiro, è finalmente arrivato ad una comoda cengia, dove ha fatto sosta. Ora era il mio turno. Prima di entrare sul terreno vergine ho esaminato attentamente gli skyhook e li ho provati per la prima volta. Era agosto 2017, eccezionalmente freddo, con temperature in parete non superiori a 10°C. Siamo saliti all'ombra per la maggior parte del tempo, il che ha reso ancora più difficile riscaldare le mani e le dita."
Durante l'estate 2017 hanno aperto sei tiri che li hanno portati su terreno meno impegnativo prima che l’arrivo dell’autunno interrompesse il gioco. Mentre nell'estate 2018 hanno aperto i restanti 6 tiri. La Strada nel frattempo è stata ripetuta per la prima volta da Simon Gietl, Thomas Huber e Rainer Treppte, e Dudek e Matuszek hanno effettuato la prima libera della loro via il 15 agosto 2018, nonostante la pioggia che li ha costretti ad aspettare per diverse ore sulla buona cengia a metà prima di completare la salita.
Parlando con planetmountain.com dopo la salita, Matuszek ha spiegato: "Premiere inizia a destra di La Strada e sale direttamente sul contrafforte per poi seguire lo spigolo. Poi raggiunge la buona cengia del bivacco a metà, da dove si tuffa nello strapiombo più grande prima di correre a sinistra verso il bordo e condurre finalmente verso terreno facile sotto la vetta. La via offre molti tiri intorno al 7b che richiedono sia resistenza che nervi d'acciaio. Inoltre, dopo l’esposto traverso del quinto tiro, non è più possibile tornare indietro senza lasciare una corda fissa. Questo inconveniente è tuttavia controbilanciato dalla suddetta cengia due tiri più in alto che consente un bivacco moderatamente confortevole."
Con vie fino al 9a di arrampicata sportiva al loro attivo e ripetizioni di alcune delle vie lunghe più dure delle Alpi, al primo sguardo Premiere può sembrare un po’ meno eccitante. Ma Matuszek indica che l'esperienza in Dolomiti è stata l’esatto contrario. "Dobbiamo ammettere che ripetere vie già esistenti ed aprire una via nuova sono due mondi completamente diversi. Aprire una via equivale ad uno sforzo fisico notevole e non tanta arrampicata, e a noi sembrava più come un lavoro in fune piuttosto che una bella danza in parete. Inoltre, aprire una via è molto pesante psicologicamente. Il più delle volte abbiamo smesso di arrampicare non perché eravamo stanchi fisicamente, ma perché eravamo esausti mentalmente. Tuttavia, essere in grado di prendere le proprie decisioni ed accettare le proprie responsabilità è molto più interessante che seguire le orme di qualcun altro. Aprire la strada attraverso l'ignoto è accompagnato dall’eccitazione legato alla incertezza della possibilità, oppure impossibilità, di progredire. Bisogna credere in se stessi, è un lungo processo creativo intrecciato con sentimenti di insicurezza e punti interrogativi, tutto avvolto nella paura. Invece mentre tenti una via esiste, anche se ridicolmente difficile, la consapevolezza che qualcuno prima di te l’ha già fatto fa la grande differenza. Ti fa sentire un passo avanti, perché sai che si può fare. Tuttavia, dopo molti giorni in arete siamo riusciti a lasciare la nostra traccia sulla Cima Grande ed una cosa è certa - lì eravamo i primi. E questo cambia tutto."
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