Ciao, Cesarino Fava
Ieri a Malé (Tn) s’è spento Cesarino Fava, aveva 87 anni ed aveva legato indissolubilmente la sua vita alle montagne della Patagonia, al Cerro Torre e all’alpinismo. Tutti gli alpinisti piangono un amico. I funerali si celebreranno oggi a Malé alle ore 17.00
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Cesarino Fava
Giulio Malfer
Sembra impossibile, Cesarino non c’è più. Sembra impossibile, perché Cesarino Fava è un uomo che non si può dimenticare. Per la sua infinita vitalità. E perché gli anni, tutti gli anni della sua vita, non avevano per nulla intaccato quel suo modo di essere, sempre appassionato e coinvolgente. Cesarino Fava amava la vita. E lo si vedeva, anzi lo si sentiva “a pelle”. Amava stare con la gente con il cuore, capire, conoscere, parlare ma anche ascoltare. E sempre, fosse l’incontro con vecchi amici o con sconosciuti, questo suo essere partecipe e “vicino” ti catturava.
Era un amico. Questo ho sentito dire di Cesarino, da tanti, da tutti quelli che l’hanno conosciuto. Era così anche per me. Era proprio così questo eterno giovane alpinista della terra trentina, partito dalla sua Malé per l’Argentina. Era un emigrato dunque, una parola a cui Cesarino aveva dato un valore alto, “combattendo” e inventando sempre la sua vita. Come sempre ha inventato il suo alpinismo. La sua montagna, che amava profondamente e con tutto se stesso. Come amava la sua famiglia, una bella famiglia come ricordava spesso.
Di Cesarino molti ricorderanno la storia indissolubilmente legata al Cerro Torre, e a Cesare Maestri. Ricorderanno che fu lui a chiamare Maestri e gli alpinisti trentini per quella montagna (e quelle montagne patagoniche) da favola. Quella volta nel 1959 fu proprio lui a salvare Maestri dopo la tragica salita del Cerro in cui perse la vita Toni Egger.
Forse in molti meno ricorderanno quella vicenda all’Aconcagua in cui tentò di salvare un alpinista americano abbandonato dalla sua guida caricandoselo in spalla. A Cesarino quell’avventura costò il congelamento di entrambi i piedi, poi amputati in gran parte. Ma non si dette per vinto e continuò a scalare, continuò ad amare la montagna come prima e più di prima. Senza mai recriminare sull’accaduto. Cercando di volare alto su tutto, di elevarsi.
Era speciale Cesarino Fava… forse per questo ieri molti alpinisti si sono sentiti un po’ più smarriti, un po’ più soli.
Vinicio Stefanello
Era un amico. Questo ho sentito dire di Cesarino, da tanti, da tutti quelli che l’hanno conosciuto. Era così anche per me. Era proprio così questo eterno giovane alpinista della terra trentina, partito dalla sua Malé per l’Argentina. Era un emigrato dunque, una parola a cui Cesarino aveva dato un valore alto, “combattendo” e inventando sempre la sua vita. Come sempre ha inventato il suo alpinismo. La sua montagna, che amava profondamente e con tutto se stesso. Come amava la sua famiglia, una bella famiglia come ricordava spesso.
Di Cesarino molti ricorderanno la storia indissolubilmente legata al Cerro Torre, e a Cesare Maestri. Ricorderanno che fu lui a chiamare Maestri e gli alpinisti trentini per quella montagna (e quelle montagne patagoniche) da favola. Quella volta nel 1959 fu proprio lui a salvare Maestri dopo la tragica salita del Cerro in cui perse la vita Toni Egger.
Forse in molti meno ricorderanno quella vicenda all’Aconcagua in cui tentò di salvare un alpinista americano abbandonato dalla sua guida caricandoselo in spalla. A Cesarino quell’avventura costò il congelamento di entrambi i piedi, poi amputati in gran parte. Ma non si dette per vinto e continuò a scalare, continuò ad amare la montagna come prima e più di prima. Senza mai recriminare sull’accaduto. Cercando di volare alto su tutto, di elevarsi.
Era speciale Cesarino Fava… forse per questo ieri molti alpinisti si sono sentiti un po’ più smarriti, un po’ più soli.
Vinicio Stefanello
Note:
Links Planetmountain | |
Le dichiarazioni di Maestri e Fava sulla via del 1959 al Cerro Torre | |
Links www | |
Intervista video a Cesarino Fava |
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