Brenta Open 2022, le potenzialità oltre i limiti sul Campanile Alto e Basso
È un evento unico in Italia, di quelli che - finché non vedi -, non credi possibile. E che, quando vedi, ti fa toccare con mano l'energia che sprigiona il connubio tra competenza, forza di volontà e amicizia. Eppure, questa iniziativa così straordinaria e magica stenta ad avere risonanza anche solo là dove è nata e dal 2015 si rinnova ogni anno, il Trentino delle Dolomiti di Brenta.
Domenica 24 luglio mattina, tre alpinisti con disabilità hanno raggiunto due cime, arrampicando in cordata su "vie" potenzialmente in grado di dare problemi anche ad atleti normodotati: il Campanil Basso e il Campanil Alto, con difficoltà che arrivano fin quasi al quinto grado. E la conquista delle vette è stata suggellata da un concerto senza pari in Italia, se non altro per la dislocazione degli strumenti: un sax soprano su una cima, una tromba sull’altra. Tutti e tre ascesi, ovviamente, insieme a chi li ha fatti vibrare.
È Simone Elmi l'inventore di "Brenta Open", l'evento clou dell'associazione "Dolomiti Open" di cui è il fondatore. Lui, guida alpina formata per l'accompagnamento di persone con fragilità fisiche o psichiche, per l’ottavo anno consecutivo ha portato a termine la sua impresa: mostrare quanto "vale" e quanto "può" una persona disabile, una volta datale una guida (alpina) e degli amici su cui contare. Tanti, ogni anno sempre di più. Cosi, anche quest'anno il gruppo è partito da Molveno nella mattinata di sabato: prima la jeep fino al rifugio Croz dell'Altissimo, e poi a piedi fino al Pedrotti attraverso il rifugio Selvata, il Bivacco dei Massodi e circa 1000 metri di dislivello che dal bosco innalza fino al più lunare calcare dolomitico.
Con Elmi, c'era anche Martina Caironi, classe 1989, tre ori e due argenti alle Paralimpiadi dello scorso anno. Ma c'erano anche altri tre atleti ormai di casa a Brenta Open: Nicolle Boroni di Madonna di Campiglio, il bomber paralimpico Gianluigi Rosa di Lavis (Trento) e l'alpinista Kevin Ferrari di Puegnago sul Garda (Brescia), tutti accomunati dallo svegliarsi quotidianamente con una gamba (Ferrari e Rosa) o una mano (Boroni) sola. E non metaforicamente.
Dolomiti Open conta tutti gli anni anche sulla presenza del bolognese Alberto Benchimol, che dal 1985 sta avvicinando allo sport decine di disabili (alcuni dei quali presenti all’evento). Ma non solo. Insieme a loro, rigorosamente a piedi, anche i musicisti: Michele Selva con il piccolo sax soprano nello zaino e Michele Pavesi con la tromba.
Tradizione vuole che al tramonto, prima di cena, tutto lo staff di Brenta Open - composto anche da guide alpine - si trovi davanti al rifugio per presentare i protagonisti dell'avventura, soprattutto quelli che partecipano per la prima volta.
È qui che ha preso suono, insieme ad alcuni intermezzi musicali, la toccante testimonianza di Nicolle: "Fino a circa un anno e mezzo fa - ha raccontato - io che sono senza una mano tendevo a nascondere il mio corpo". È stato un viaggio in Africa a farle scattare la molla: "Lì ho capito che ci sono cose molto peggiori, persone che muoiono di fame, che non hanno l'amore della propria famiglia, la vita fortunata che ho io. Come dico spesso, io nella mancanza ho trovato l'abbondanza. Così ho preso coraggio, e ad oggi sono estremamente felice della persona che sono".
Martina ha invece ammesso di aver sofferto un poco l’avvicinamento al rifugio: "Io sono più per gli sport di sprint, qui invece a contare è la resistenza". Eppure, anche lei ce l’ha fatta, in pieno spirito Brenta Open: arrivare un poco più in là rispetto a quello che pensavi fosse il tuo limite.
Ad accompagnare il gruppo, anche un nugolo di studenti del Liceo della Montagna di Tione: per loro, la giornata è stata un importante occasione per guadagnare crediti scolastici in regime d’alternanza scuola-lavoro.
In quest’edizione, Brenta Open è stato partecipato anche dallo statunitense Brian Chung, co-fondatore di Evolv, l’impresa che ha donato a Rosa e Caironi il "piedino" da installare sulla protesi alla gamba, per poter arrampicare.
Ed ecco che, una volta raggiunte, con l’Inno alla Gioia a far da colonna sonora dell’evento – è così ogni anno – all’inizio e alla fine del concerto.Un'emozione senza pari: in quel momento, e per davvero, ognuno ha potuto percepire come non importasse se si era fermato al Pedrotti (i ragazzi bolognesi con disabilità, per esempio), o se era asceso su una cima piuttosto che sull'altra.
Tutti si sono trovati accolti in un unico grande abbraccio, nel quale ogni persona - idealmente rappresentata dal musicista che aveva vicino - ha potuto vibrare del medesimo stupore. D'altronde, e lo ha sottolineato Selva al rientro, "la musica si pone come un linguaggio sia fisico che metafisico. Supera ogni barriera, ogni ostacolo". Ed ecco allora "il connubio tra Dolomiti Open, tra montagna e musica". Davvero "il più forte".
di Marcello Palmieri
Link: www.dolomiti-open.org, Climbing Technology