Barbara Vigl e il Monviso in inverno, seguendo le orme di Patrick Berhault. Di Barbara Vigl
Il Re di pietra, dalla pianura, nelle terse giornate se ne sta tutto solo all'orizzonte. La sua slanciata forma piramidale è gioia per gli occhi di chi ama le montagne. Lungo i suoi spigoli, le sue creste, i suoi canali sono state scritte pagine importanti di alpinismo. Ai suoi piedi nasce il fiume più bello e maestoso che attraversa il nord Italia, il Po.
Giugno 1968, cinquantaquattro anni fa, un tempo lontano, il secolo scorso, ricco di neve e nuove scoperte, politicamente controverso, libero e allo stesso tempo imprigionato da mille novità: Livio Patrile e Hervè Tranchero alpinisti locali, innamorati del Re, realizzano in cinque giorni e quattro bivacchi una delle più grandiose cavalcate a fil di cielo delle Alpi, la lunga Cresta nord/nord-ovest integrale che dal Colle delle Traversette (2950 m) porta in vetta al Monviso (3841 m).
Basta guardare una foto del percorso per rimanere perplessi, meravigliati e contenti che, esistano skyline così belle. Salite e discese, doppie e traversi, un concentrato di difficoltà e buona resistenza, un ambiente per Alpinisti con la A maiuscola.
E il tempo passa velocemente con un susseguirsi di stagioni. Inverno 2001, il fuoriclasse francese Patrick Berhault durante la sua stupefacente traversata delle Alpi, al suo centotrentacinquesimo giorno dopo aver salutato i due amici che l'hanno accompagnato fino al Colle delle Traversette inizia a salire verso il cielo.
La neve è tanta, il freddo pungente. Due giornate piene, siderali e silenziose e, dopo la prima solitaria portata a termine in sole 8 ore da un giovanissimo Riki Maero nell'agosto del 1990, ecco la solitaria invernale...e che invernale!
Berhault annota nel suo diario "Sembra di essere sulla Cordillera Blanca o in Himalaya.” Da allora sono passati altri, numerosi anni, qualche innamorato la percorre, sicuramente non è e non sarà mai una "classica": le mode cambiano e a volte, a torto, si guarda altrove, anche il Re sta cambiando. 2022 e il tempo passa velocemente... ora tocca a Babsi raccontarci. Ivo Ferrari
IL MONVISO IN INVERNO di Barbara Vigl
L’ispirazione è qualcosa di straordinario. È ancorata alla memoria come un'immagine, eppure può cambiare impercettibilmente nel tempo, da qualcosa di molto distante a qualcosa di tangibile, da un sogno ad un obiettivo reale. Per me personalmente, una cosa probabilmente non cambierà mai: come l'approccio di Patrick Berhault all’avventura in generale, e la sua solitaria della cresta NNO del Monviso in particolare, siano rimasti nella mia memoria. Liberi, creativi e diversi, in maniera bellissima.
Dieci anni dopo aver sentito parlare per la prima volta della traversata di Berhault, quest'inverno ho avuto l'opportunità di seguire le orme della storia. Il 3 marzo 2022 David Göttler ed io siamo partiti alle 04:30 del mattino dal parcheggio di Pian del Re. Un inverno con precipitazioni eccezionalmente basse ci ha permesso di scalare velocemente i pendii di neve dura fino al Col de la Traversette, dove le vecchie tracce finivano e dove poteva aver inizio il mio sogno a lungo desiderato.
Le condizioni erano molto buone e abbiamo progredito rapidamente attraverso le prime cinque cime (Rocce Fourioun - Aiguille Bleue - Punta Venise - Punta Udine - Punta Roma), salendo prevalentemente su roccia asciutta con tratti di neve compatta nel mezzo. Da lì, la salita e la ricerca della linea giusta sono diventate più impegnative, la cresta si è fatta più frastagliata e le piccole torri di roccia appuntite hanno richiesto continui sali-scendi ed alcune manovre di corda.
Dopo aver scalato Punta Gastaldi e Punta Due Dita, nel primo pomeriggio abbiamo raggiunto il Passo Due Dita, dove avevamo programmato il nostro bivacco. Era stato difficile pianificare fino a che punto saremmo arrivati quel primo giorno, poiché non eravamo riusciti a trovare informazioni su una salita invernale, tranne appunto quella di Berhault e quella di un tentativo di una cordata francese qualche anno fa. Sapevamo che tutto sarebbe dipeso dalle condizioni in cresta.
La mattina successiva una nuvola ha avvolto sorprendentemente la nostra montagna per oltre un'ora, e quando è dissipato è rimasto uno strato di neve fresca e scivolosa. Le temperature erano scese notevolmente e abbiamo scalato la cresta NO del Visolotto e attraversato le sue tre cime in guanti e ramponi.
L'ultima e più lunga salita, la parete nord del Monviso, offre tre opzioni. La via più semplice è il Couloir Perotti, che di solito è innevato fino all'inizio dell'estate. In assenza di precipitazioni però, abbiamo trovato solo ghiaccio nudo. Abbiamo quindi deciso di salire il pilastro rosso, che ha richiesto una progressione attenta e concentrata, dovuta anche alla neve fresca che copriva ogni presa. Dopodiché, la salita è diventata più facile e alle 16 abbiamo raggiunto la vetta del Monviso. Scendere per la via normale sul versante sud ha richiesto molta attenzione e alle 18 siamo arrivati al termine delle difficoltà. Da lì un sentiero con passaggi attrezzati porta al Rifugio Quintino Sella, dove abbiamo dormito la notte.
Inizialmente avevamo programmato di scendere a valle, ma durante il secondo giorno ho sviluppato sorprendentemente problemi ai polmoni, che hanno portato ad un collasso del polmone destro mentre scendevo al rifugio, causando gravi problemi respiratori. Per fortuna ci eravamo dati appuntamento lì con degli amici, con i quali ho passato insieme la notte nel locale invernale e la mattina mi sono ripresa sufficientemente bene per scendere con loro.
Le salite in montagna come la prima invernale di Berhault della Traversata del Monviso non possono mai essere copiate, perché la montagna ed i suoi protagonisti sono in continua evoluzione. Ecco perché non sarà mai possibile paragonare salite alpinistiche, e non credo sia necessario. Mi immagino che le condizioni fossero più difficili nell'inverno del 2001, ma penso comunque durante la nostra salita di aver trovato la magia che le parole di Berhault avevano acceso in me dieci anni fa.