Adrenalina, una cascata di ghiaccio e la montagna solitaria
Piccola storia di Adrenalina (140m, III, WI5, Gruppo Marmolada). Una storia di tanti anni fa su una cascata nel cuore delle Dolomiti più nascoste.
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Su L1 di Adrenalina
arch. Beppe Ballico
Non me la ricordavo, anzi l'avevo proprio rimossa. Mi sono scordato anche l'anno. Poteva essere l'88 o l'89 o giù di lì. A farmela tornare in mente ci ha pensato Beppe Ballico: “Ti ricordi di Adrenalina? L'ho fatta l'altro giorno... bella cascata, bell'ambiente... mi sono divertito. Se vuoi ti mando la relazione per Planet”. Quando si dice dei fantasmi del passato... d'istinto ho risposto: “... io veramente quella volta me la son fatta in mano” - a dirla tutta il francesismo è stato molto più esplicito.
Fatto sta che la relazione è poi arrivata, e adesso devo fare una scelta. Metterla nel nostro database cascate e far finta di niente. Oppure andare a “ravanare” nella memoria di vent'anni fa per raccontare una prima salita, di poca o nessuna importanza, che mi aveva fatto toccare con mano la mia inadeguatezza, ma anche la bellezza di quella montagna, “persa” e “abbandonata”, che sta tra Laste e la Marmolada. Un'avventura... del tutto personale, insomma. Un'avventura con Mauri (alias Maurizio Gallo) il mio grande compagno di cordata. Lui è stato il motore di quella prima salita. Il vero capocordata, perché fosse stato per me non se ne sarebbe fatto niente quel giorno.
Uscimmo dall'albergo scavalcando la finestra, ci eravamo fatti preparare la colazione per l'alba, ma si erano dimenticati di lasciarci la porta aperta. Così uscimmo come dei ladri, proprio mentre iniziava a nevicare. Subito pensai di essere salvo, ma Mauri rintuzzò il mio timido “nevica... rimandiamo tutto...” con un perentorio “no, questo è proprio il tempo ideale per le cascate”. Fu così che imboccammo con gli sci la stradina di Davedino. Arrivammo nel paesino che faceva ancora buio. Il silenzio era totale, sembrava di essere in un presepe...
Da una porta socchiusa filtrava una luce, e dentro c'era una vecchina che mungeva la sua mucca. Le chiedemmo informazioni su come raggiungere la cascata, lei ci indicò il sentiero e la salutammo con un buongiorno pieno di speranze. Continuavo ad avere la sensazione che forse era tutto un sogno, fuori dal tempo. Intanto quasi non mi accorsi che eravamo arrivati alla base della gran colata. Ormai era giorno... e ancora non ero convinto che fosse una buona idea attaccare, anche perché la temperatura si era alzata. Ma quel giorno il mio compagno aveva una missione da compiere, e nulla lo avrebbe fermato.
Così iniziò la salita. Ricordo che Mauri fu bravissimo. Ricordo che in una mano impugnavo la mia fida piccozza reduce dall'Everest (un cadeaux del mio amico Checco Piardi che aveva partecipato alla spedizione di Santon) e sull'altra la vecchia e mitica Chacal. E ricordo tutta la mia paura, soprattutto quando (da subito) fu chiaro che la cascata non era proprio nelle condizioni migliori... non mi ispiravano bei pensieri quelle soste e quei chiodi che toglievo come fossero nel burro. Ma forse quel giorno ero un po' troppo impressionabile. Fatto sta che finalmente Mauri mi portò fuori dalla colata e che io, in quegli ultimi metri, trovai l'acqua...
Ritornammo al paesello quasi all'imbrunire, e ad attenderci trovammo il nipote della vecchietta. Ci aveva guardato tutto il tempo della salita e ci fece i complimenti, disse che eravamo i primi ad aver salito quella cascata. Ci raccontò che d'inverno lui e sua zia erano gli unici abitanti di Davedino. Poi, ci invitò a bere un tè a casa sua... lo trovai speciale. Quel giorno forse ho vissuto un sogno... ma mi sembrò di essere in Himalaya.
Vinicio Stefanello
>> Scheda Cascata ADRENALINA
Fatto sta che la relazione è poi arrivata, e adesso devo fare una scelta. Metterla nel nostro database cascate e far finta di niente. Oppure andare a “ravanare” nella memoria di vent'anni fa per raccontare una prima salita, di poca o nessuna importanza, che mi aveva fatto toccare con mano la mia inadeguatezza, ma anche la bellezza di quella montagna, “persa” e “abbandonata”, che sta tra Laste e la Marmolada. Un'avventura... del tutto personale, insomma. Un'avventura con Mauri (alias Maurizio Gallo) il mio grande compagno di cordata. Lui è stato il motore di quella prima salita. Il vero capocordata, perché fosse stato per me non se ne sarebbe fatto niente quel giorno.
Uscimmo dall'albergo scavalcando la finestra, ci eravamo fatti preparare la colazione per l'alba, ma si erano dimenticati di lasciarci la porta aperta. Così uscimmo come dei ladri, proprio mentre iniziava a nevicare. Subito pensai di essere salvo, ma Mauri rintuzzò il mio timido “nevica... rimandiamo tutto...” con un perentorio “no, questo è proprio il tempo ideale per le cascate”. Fu così che imboccammo con gli sci la stradina di Davedino. Arrivammo nel paesino che faceva ancora buio. Il silenzio era totale, sembrava di essere in un presepe...
Da una porta socchiusa filtrava una luce, e dentro c'era una vecchina che mungeva la sua mucca. Le chiedemmo informazioni su come raggiungere la cascata, lei ci indicò il sentiero e la salutammo con un buongiorno pieno di speranze. Continuavo ad avere la sensazione che forse era tutto un sogno, fuori dal tempo. Intanto quasi non mi accorsi che eravamo arrivati alla base della gran colata. Ormai era giorno... e ancora non ero convinto che fosse una buona idea attaccare, anche perché la temperatura si era alzata. Ma quel giorno il mio compagno aveva una missione da compiere, e nulla lo avrebbe fermato.
Così iniziò la salita. Ricordo che Mauri fu bravissimo. Ricordo che in una mano impugnavo la mia fida piccozza reduce dall'Everest (un cadeaux del mio amico Checco Piardi che aveva partecipato alla spedizione di Santon) e sull'altra la vecchia e mitica Chacal. E ricordo tutta la mia paura, soprattutto quando (da subito) fu chiaro che la cascata non era proprio nelle condizioni migliori... non mi ispiravano bei pensieri quelle soste e quei chiodi che toglievo come fossero nel burro. Ma forse quel giorno ero un po' troppo impressionabile. Fatto sta che finalmente Mauri mi portò fuori dalla colata e che io, in quegli ultimi metri, trovai l'acqua...
Ritornammo al paesello quasi all'imbrunire, e ad attenderci trovammo il nipote della vecchietta. Ci aveva guardato tutto il tempo della salita e ci fece i complimenti, disse che eravamo i primi ad aver salito quella cascata. Ci raccontò che d'inverno lui e sua zia erano gli unici abitanti di Davedino. Poi, ci invitò a bere un tè a casa sua... lo trovai speciale. Quel giorno forse ho vissuto un sogno... ma mi sembrò di essere in Himalaya.
Vinicio Stefanello
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