Adesso Bashta per David Hefti e Matteo De Zaiacomo al Piz Palü
È chiaro che per vivere un’avventura alpinistica autentica, non è necessario raggiungere le pareti più remote del pianeta. Il più delle volte è sufficiente la propria immaginazione e la capacità di saper guardare un posto familiare con occhi nuovi, ed è proprio il caso di questa via e della capacità di David Hefti, di aver saputo interpretare una linea più o meno ovvia su una parete che ha visto passare ai suoi piedi centinaia di alpinisti.
Questa via nasce infatti da una sua intuizione, dalla voglia di vivere un’avventura e condividerla con qualcuno! E quel qualcuno ero io. Forse un paio di giorni prima mi ha mandato qualche foto del pilastro Crap Pers, una struttura rocciosa che fa da avancorpo al Piz Palü, e mi è apparsa ovvia la linea che voleva salire David. In realtà c'è una sezione alta della parete tagliata da 3 fessure parallele, e delle tre quella centrale sembrava la più accattivante. La logica della via è stata immaginata e poi scalata in funzione a raggiungere quella porzione di parete, e nell’insieme si è rivelata una scalata sempre abbastanza sostenuta e divertente.
Io e David abbiamo scalato qualche via insieme in passato e non siamo certo super meticolosi nell’organizzazione, per esempio dimentichiamo quasi sempre di portare qualcosa da mangiare. Una volta, totalmente incoscienti e affamati, abbiamo trovato un pezzo di pane in fondo allo zaino ma per ironia della sorte ci cadde dalla parete ancor prima di poterne mangiare un boccone.
Questa volta invece era chiaro cosa portare ma ancor di più cosa non portare: materiale per arrampicata trad ovviamente sì! Ma non il trapano, neanche per le soste. Questo perché coscienti che questa scelta avrebbe amplificato le incertezze e le emozioni della salita, ma anche perché volevamo vivere un’avventura e lasciarla tale per chi sarebbe passato dopo di noi.
Insomma, l’arrampicata si è dimostrata ingaggiosa fin dai primi metri, non è stato possibile mettere alcuna protezione fino a prendere una buona fessura ad una decina di metri da terra. Anche il tiro successivo si è dimostrato complicato nelle protezioni, con sezioni di placca liscia dove attrezzare la sosta è stata la parte più complicata; ci sono due chiodi a lama, ma consiglio caldamente ai ripetitori di portare anche un paio di pecker medi per rinforzare la sosta.
Dal terzo tiro abbiamo iniziato davvero a divertirci, le fessure concedevano buone protezioni ed un’arrampicata sostenuta e ripida. Poi ci siamo trovati ai piedi della fessura perfetta che avevamo sognato di salire, e non ha deluso le aspettative! Un muro ripido con soltanto questa fessura perfetta a dividerlo in due, è stato giustamente David a godersi la salita di questo tiro, essendo stata sua l’intuizione era giusto che l’arrampicasse lui! Ad ogni movimento era un’ esultanza di gioiosa per la bellezza dell’arrampicata e del contesto in cui ci trovavamo. L’ultimo tiro invece era di carattere molto più alpinistico volto alla sopravvivenza, roccia instabile e movimenti leggeri.
Nel complesso è stata una grandiosa giornata di arrampicata e condivisione, e passata la stanchezza è rimasta soltanto la soddisfazione di aver vissuto una piccola grande avventura dietro casa lasciando a chiunque altro lo stesso privilegio di salire una parete contando solo sulle proprie forze e forti delle proprie esperienze.