Mandi Alvaro, ritorno in Val d’Avio

Beppe Ballico e Davide Trebo in Val d'Avio al cospetto dell'Adamello per una nuova cascata; Mandi Alvaro, un ciao e un ricordo per il papà di Beppe...
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Beppe Ballico sul 3° tiro di Mandi Alvaro (Val d'Avio, Adamello)
Planetmountain
24.03.2007

Mi sveglio nel tepore del sacco piuma all'interno della mia auto, fuori c'è Beppe che rumoreggia nel preparare la colazione sono le 6 e10 del mattino. Siamo in Val d'Avio (una laterale dell’Alta  Val Camonica) ai piedi del Monte Adamello. Preparati gli zaini ci incamminiamo per la mulattiera che gradualmente ci porterà in quota, là dove le cascate “ Madre” e  “Funicolare”, sono ancora ben formate.

Il ritmo di camminata è buono e in poco tempo arriviamo al primo lago, il Laghetto dell’Aviò, dove alloggiano in una casa i "guardiani" delle numerose opere idroelettriche della valle, chiedendo loro il permesso ci avventuriamo nel tunnel che costeggia il lago d’Avio, molto lungo che agevolerà l'avvicinamento sulla neve fresca. All'uscita, il paesaggio è splendido, la neve fresca caduta i giorni scorsi rende ancora più bella la valle molto aperta, con la parete Nord nord ovest della Cima del Monte Adamello, che con le sue lunghe ed impegnative goulotte, ci guarda dall'alto.

Percorriamo la sponda dell'ennesimo lago e dopo un risalto roccioso, raggiungiamo la piana dove si trovano i resti della Malga Lavedole (2044 m); da qui ci appare l'obbiettivo, una cascata mai salita, che Beppe già a metà gennaio di quest’anno aveva adocchiato. Emozionato vorrei correre fino alla base ma al contrario la neve accumulata dal vento ci costringe a calzare le ciaspe, procederemo con lentezza, sprofondando nella neve fino alla vita ancora per un'ora prima di arrivare all'attacco. Poi Beppe mi racconterà, che alcune settimane fa, alcuni suoi amici, avevano rinunciato proprio su questo ripido conoide per la troppa neve…

Alla base, Beppe si mostra fiducioso (ci siamo conosciuti la sera prima ed è la seconda stagione che arrampico su ghiaccio) e mi lascia partire per il primo tiro. Supero un primo corto salto ghiacciato, affrontando poi un ripido canale innevato, quando Beppe mi avvisa che la corda sta per finire, cerco un posto adeguato per la sosta e sulla sinistra riesco ad attrezzarla su chiodi tra le fessure della roccia granitica. Lo recupero: sale rapidamente e arrivato in sosta dà un occhiata al prossimo tiro, sembra facile e appoggiato, ma sarà realmente così?

Dopo pochi metri nevosi, l'amico arriva alle prime difficoltà, "è secco" mi dice, prepara subito un abalakov (servirà per la discesa) poi prosegue in direzione di un bel diedro con ghiaccio da goulotte. Il diedro raggiunge più o meno gli 80° e non è facile come sembra, la patina ghiacciata inoltre non è molto spessa. Beppe non si perde d'animo e con stile chiude il tiro arrivando su un piccolo piano nevoso, gli tocca scavare per trovare uno spuntone ed attrezzare la sosta, in quanto il poco spessore del ghiaccio non permette di attrezzare una calata.

Finalmente è il mio turno, il cielo si è annuvolato e comincia a nevicare, non sento più le mani, il tiro è bello, lungo e non banale e quando arrivo in sosta, non mi posso complimentare con lui, prima devo indossare le muffole: le manine ora pulsano di dolore e i ” diavoletti” si fanno sentire.

La goulotte è salita, dopo i complimenti ed una foto cominciamo le doppie, che presto ci riporteranno alla base della colata. Recuperati gli zaini scendiamo verso valle tra battute e discorsi seri di amici con una grande passione in comune, la Montagna.
Vorrei ringraziare Beppe, disposto a condividere con chi ne ha, poca, la sua grande esperienza e bravura.

Davide Trebo

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