Via Ferrata I Magnifici Quattro, Val di Fassa, Dolomiti
La via ferrata I magnifici quattro in Val San Nicolò (Val di Fassa) è stata inaugurata nel luglio 2010 in ricordo di Diego Peratoner, Ervin Riz, Alessandro Dantone e Luca Prinoth, i quattro soccorritori rimasti sepolti sotto una valanga in Val Lasties nel dicembre 2009.
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Via Ferrata I Magnifici Quattro - Val di Fassa - Dolomiti
Lucio Zennaro
La ferrata, denominata I magnifici quattro in ricordo dei soccorritori rimasti sepolti sotto una valanga in Val Lasties nel dicembre 2009, consente di muoversi in un ambiente interessante, anche se mancano la grandiosità e il senso di montagna presenti in altri itinerari dolomitici; inoltre, specialmente nella prima parte dove il percorso è in parte incassato in stretti canali, la visuale sulla Valle San Nicolò e i monti circostanti risulta piuttosto ristretta.
Si sale arrampicando su una roccia compatta, che in molti tratti si presenta povera di appigli e tale da richiedere una progressione molto tecnica, pur se disturbata per via dellumidità propria di questo ambiente, la quale contribuisce a rendere poco pulita la roccia, sulla quale è spesso presente una patina superficiale friabile un po fastidiosa per la progressione in aderenza; altre volte vi si trova invece depositato del terriccio.
Lattrezzatura della via è di buona fattura ma piuttosto essenziale in rapporto allimpegno del percorso, che comprende vari tratti verticali o a strapiombo. I cavi sono presenti con continuità e risultano sempre ben tesi; sono pure presenti (con sobrietà) degli appoggi per i piedi. Si ha comunque la sensazione di un certo compiacimento nella scelta del percorso e nella collocazione degli infissi, che testimonia levidente intenzione di creare una super-ferrata.
Il primo tratto è stato attrezzato in modo da scoraggiare chi non fosse abbastanza preparato, ma coloro che dovessero proseguire e trovassero poi insormontabile il successivo tratto, costituito senza soluzione di continuità dalla risalita di una fessura verticale, una espostissima traversata strapiombante verso destra ed una ulteriore faticosa risalita, avrebbero qualche difficoltà a procedere a ritroso fino alla base delle rocce. Risulterebbe utile in tal caso una corda per discesa in doppia. Dopo la parte intermedia su sentierino attrezzato, la ferrata riprende con altri faticosi passaggi, che tuttavia risultano un po più facili del tratto chiave sopra esposto.
Litinerario deve quindi essere percorso solo da chi si senta adeguatamente preparato; in caso contrario esso rischia di risultare ben poco divertente e di provocare la moltiplicazione degli interventi dei colleghi dei quattro valorosi soccorritori cui la ferrata è stata dedicata. Si tratta infatti di un percorso che richiede un impegno psico-fisico fuori dal comune, tale da fare di questa ferrata quella che in assoluto può essere considerata (luglio 2010) la più difficile delle Dolomiti, per la lunghezza dei passaggi difficili ed atletici. La ferrata risulta tecnicamente più difficile della Costantini alla Moiazza (anche se questa ha uno sviluppo ben maggiore), della pur severa Piazzetta sul Piz Boè, della Stella Alpina all Agner o della recente Sci Club 18 al Faloria; è ben più impegnativa della vicina Kaiserjager sul Col Ombert, della Pertini sullo Stevia o della celeberrima Tomaselli a Punta Fanes, come pure della Pisetta sul Dain Piccolo, ai margini del territorio dolomitico.
Alla conoscenza della tecnica di arrampicata deve associarsi una buona forza di braccia ed è certo preferibile non avere sulle spalle zaini pesanti, particolarmente fastidiosi nei tratti a strapiombo. Da evitare, infine, condizioni meteorologiche non stabili.
Si sale arrampicando su una roccia compatta, che in molti tratti si presenta povera di appigli e tale da richiedere una progressione molto tecnica, pur se disturbata per via dellumidità propria di questo ambiente, la quale contribuisce a rendere poco pulita la roccia, sulla quale è spesso presente una patina superficiale friabile un po fastidiosa per la progressione in aderenza; altre volte vi si trova invece depositato del terriccio.
Lattrezzatura della via è di buona fattura ma piuttosto essenziale in rapporto allimpegno del percorso, che comprende vari tratti verticali o a strapiombo. I cavi sono presenti con continuità e risultano sempre ben tesi; sono pure presenti (con sobrietà) degli appoggi per i piedi. Si ha comunque la sensazione di un certo compiacimento nella scelta del percorso e nella collocazione degli infissi, che testimonia levidente intenzione di creare una super-ferrata.
Il primo tratto è stato attrezzato in modo da scoraggiare chi non fosse abbastanza preparato, ma coloro che dovessero proseguire e trovassero poi insormontabile il successivo tratto, costituito senza soluzione di continuità dalla risalita di una fessura verticale, una espostissima traversata strapiombante verso destra ed una ulteriore faticosa risalita, avrebbero qualche difficoltà a procedere a ritroso fino alla base delle rocce. Risulterebbe utile in tal caso una corda per discesa in doppia. Dopo la parte intermedia su sentierino attrezzato, la ferrata riprende con altri faticosi passaggi, che tuttavia risultano un po più facili del tratto chiave sopra esposto.
Litinerario deve quindi essere percorso solo da chi si senta adeguatamente preparato; in caso contrario esso rischia di risultare ben poco divertente e di provocare la moltiplicazione degli interventi dei colleghi dei quattro valorosi soccorritori cui la ferrata è stata dedicata. Si tratta infatti di un percorso che richiede un impegno psico-fisico fuori dal comune, tale da fare di questa ferrata quella che in assoluto può essere considerata (luglio 2010) la più difficile delle Dolomiti, per la lunghezza dei passaggi difficili ed atletici. La ferrata risulta tecnicamente più difficile della Costantini alla Moiazza (anche se questa ha uno sviluppo ben maggiore), della pur severa Piazzetta sul Piz Boè, della Stella Alpina all Agner o della recente Sci Club 18 al Faloria; è ben più impegnativa della vicina Kaiserjager sul Col Ombert, della Pertini sullo Stevia o della celeberrima Tomaselli a Punta Fanes, come pure della Pisetta sul Dain Piccolo, ai margini del territorio dolomitico.
Alla conoscenza della tecnica di arrampicata deve associarsi una buona forza di braccia ed è certo preferibile non avere sulle spalle zaini pesanti, particolarmente fastidiosi nei tratti a strapiombo. Da evitare, infine, condizioni meteorologiche non stabili.
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Note:
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