Civetta, Pelmo, Antelao e Tofana di Rozes: le 56 ore nelle Dolomiti di Matteo Furlan e Giovanni Zaccaria
Civetta e Pelmo di Alice Russolo
Poco tempo fa Matteo Furlan, un compagno del corso guide di Marco (Eydallin, ndr), mi scrive, chiedendo se fossi libera per i giorni successivi, poiché lui e Giovanni Zaccaria, altro socio di Marco, hanno un progettino in mente. In caso fossi interessata, e disponibile, mi avrebbero spiegato. La curiosità è donna, oltre che parte essenziale del mio carattere. Quindi, libera e curiosa, ho chiesto di poter sapere cosa avessero in mente. Un concatenamento.
Un progetto ambizioso, a tal punto che, fino a quando non mi ci sono trovata dentro, non ho realizzato l’entità dell’impegno che gli avrebbe richiesto, non solo fisico quanto mentale. In un periodo come questo, pieno di incertezze e divieti di spostamento, pianificare un viaggio o un’avventura può risultare difficile. Ed è proprio grazie alle stranezze di quest’epoca che stiamo vivendo che è nata la loro idea di vivere un’avventura vicino a casa, partendo dalla sci alpinistica dolomitica preferita di Gio, ossia il Civetta. Passeranno poi per il Pelmo, chiamato anche "el caregon del padreterno", quindi l’Antelao, il Re delle Dolomiti, la montagna che si vede dalle finestre della casa di Matte, e poi chissà. L’idea è di andare avanti fintanto che fisico e testa reggeranno. La linea immaginaria può sembrare semplice ai più, ma sono le "curve di questa linea" ad aggiungere un sano briciolo di follia al progetto. Il programma è di salire nella stessa giornata Civetta e Pelmo, nella seconda giornata l’Antelao e puntare poi alla Tofana di Rozes. Il tutto però spostandosi a piedi tra una salita e l’altra. Niente mezzi, niente bici, solo un letto dove riposarsi qualche ora ogni tanto e rifornimenti di cibo piazzati lungo il percorso.
L’idea mi intriga parecchio. Il loro fotografo ha avuto un imprevisto last minute. Sono quasi stupita che siano arrivati a chiedere a me di poterli fotografare. Ovviamente ne sono onorata ma ho il dubbio di non riuscire a seguirli in maniera indipendente, e sopratutto sicura, lungo il loro percorso. Civetta Pelmo e Antelao sono la trilogia delle Dolomiti per quanto riguarda lo scialpinismo classico impegnativo. Ho dalla mia nelle gambe un gran allenamento e i tanti metri di dislivello fatti quest’inverno, ma comunque mi preme non essere un peso per loro, non rallentarli in nessun modo, e soprattutto, riuscire a seguirli nei tratti più tecnici senza dover sudare 7 camicie. O forse più
Detto questo, il loro progetto mi sembra fighissimo, e di grande ispirazione. Decido di andare. Discutiamo brevemente della logistica, io li seguirò fino a dove mi sarà possibile. Marco verrà con me e mi aiuterà nella logistica degli spostamenti, visto che io non li farò a piedi con loro. Marco è gasato tanto quanto me, ma purtroppo non potrà accompagnarci ovunque in quanto si è rotto una costola sciando qualche giorno prima.
Ci troviamo a Caprile a casa di Gio. Ceniamo e parliamo del più e del meno. Nessuno sembra essere teso, è l’entusiasmo a farci compagnia. La cosa che più mi spaventa (e per fortuna ho scoperto di non essere la sola ad avere questo pensiero), è la sveglia all’una e mezza
Ci vorrà circa una mezzora per raggiungere Pecol, dove nel bel mezzo della notte lasceremo la macchina per iniziare l’avvicinamento al Civetta. Ringrazio che sia notte così non vedo i 1800mt che ho sopra la testa, anche perchè saranno solo i primi di oggi. Non vedo l’ora che sia l’alba per iniziare a scattare. Quasi al passo del Tenente il cielo inizia a schiarirsi ed il sole, timidamente, tinge l’orizzonte di arancio. La neve è dura ma compatta, già mi pregusto la discesa su questi pendii dolci che potrebbero regalarci un firn magico. All’attacco della ferrata cambiamo assetto e indossiamo i ramponi. Il sole sbuca proprio dopo i primi metri. La salita al Civetta è tutta esposta ad est. La neve a salire non è troppo dura, e l’unico pezzo dove fare attenzione è proprio la ferrata ed il traverso di questa. Il cavo è solo parzialmente scoperto. La giornata è spaziale e le gambe girano bene. Matteo e Gio hanno un gran sorriso stampato in faccia. Arriviamo in cima alle 8 del mattino, la sensazione è di essere già a fine giornata, quando invece questa è appena iniziata. Il Civetta si presenta in ottime condizioni sia sopra che sotto. Oserei dire il miglior firn su cui abbiamo messo i nostri sci questa stagione.
Arriviamo alla macchina prima delle 10. Normalmente uno penserebbe soddisfatto alla performance appena conclusasi, auto compiacendosi di aver azzeccato la gita giusta, il meteo, la bella neve, la compagnia, le birre conquistate etc etc etc, invece oggi è diverso: c’è ancora un’ascesa, una signora salita, con la famosa Cengia di Ball, alpinistica ed esposta, che permette di entrare nel seggiolone del Pelmo, il caregon del padreterno, come lo chiamano i locals. Altri 1800mt più svariati saliscendi che, di giorno, si vedono tutti. Gio e Matte pranzano velocemente e si caricano gli sci sullo zaino, ripartendo a piedi verso Coi, dove da poco più in alto rimetteremo gli sci insieme. Marco ed io decidiamo di seguirli fino alla cengia del Pelmo per fare qualche dronata del tratto più alpinistico. La neve è cotta e pesante ma nonostante gli oltre 2500 metri già percorsi e le 10 ore di attività il ritmo è ancora buono. Salutiamo Gio e Matte vicino al Rifugio Venezia. Da lì hanno ancora 1200mt per la cima e successivamente il rientro a piedi verso San Vito di Cadore, dove passeremo la notte. Forse è proprio in questo momento che mi rendo conto della grandezza del loro progetto, dei tempi (brevissimi) che intercorrono tra una cima e l’altra e dei trasferimenti e momenti di portage (decisamente lunghi) che di certo non aiutano a recuperare le energie appena spese.
Sono ormai le 18 passate quando Marco ed io arriviamo a San Vito. A Matte e Gio mancano ancora 450 metri alla cima. Più la discesa, la calata, la cengia, l’altro pezzo della discesa, ed il portage finale. Partiti con la frontale, entrano in casa con la frontale alle 22.30. Io crollo non appena tocco il divano, ancora prima di cenare. Non tanto i metri, quanto le sole tre ore di sonno mi hanno distrutta. Inizio a pensare che non so come sostenere un’altra sveglia prima dell’alba. Mi dispiace perché le gambe stanno bene, ma sono consapevole di avere tre giornate lavorative lunghe nei giorni successivi e non posso permettermi di arrivare con la palpebra calante e con la mente poco lucida. Decido dunque a malincuore di non seguirli nella seconda (o terza?!) tappa, sull’Antelao.
Mentre Marco prepara una pasta, Gio e Matte ci raccontano della salita al Pelmo. È stata più dura mentalmente che non fisicamente. Tante ore in giro, un sole che un po’ ti scalda ed un po’ ti cuoce. Ma con tanta determinazione hanno spuntato la seconda vetta della giornata e con altrettanta forza di volontà puntano la sveglia per il giorno successivo.
Antelao e Tofana di Rozes di Giovanna Zaccaria e Matteo Furlan
Se non sentissi Matteo in piedi, non credo avrei la grinta di accendere il cervello. Me ne starei orizzontale, avvolto dalla maledetta coperta e tanti saluti al resto: più che la pigrizia oggi è da vincere una guerra fisiologica. Per fortuna invece siamo in due. Stiracchio le gambe preoccupato e per fortuna la sensazione non è male. Siamo in casa, ma come in un bivacco in parete abbiamo bisogno di molto tempo per attivarci. 4 ore di sonno e quasi due per riuscire a partire, con lo stomaco che si rifiuta di mangiare e ogni piccolo spostamento che costa di più.
Su per l’Antelao il battito non sale, ma il ritmo è dignitoso, forse da fuori sembriamo due scialpinisti alla loro uscita domenicale. Dalla cima guardiamo il Pelmo come se ci dovessimo specchiare. Alla luce del tramonto di ieri, non avremmo scommesso su di noi, qui, ora.
La discesa è gloriosa e fila via veloce: le condizioni ottime ed alcune persone che superiamo ci impongono di tirare fuori il meglio, sciisticamente parlando. Peccato che Marco non sia qui con noi!
A casa, mentre scarponi e pelli si asciugano, con poco appetito mangiamo al volo due pacchi di tortelli. È pomeriggio inoltrato quando sgambettiamo allegri attraverso San Vito come se fossimo usciti a fare una passeggiata, con gli sci in spalla. Un passo dopo l’altro, con pazienza patagonica, arriviamo al furgone parcheggiato sulla strada di Passo Falzarego. Sono quasi le 23.
Mentre preparo una piadina con la nutella da dividere a metà, Gio suggerisce di dormire un paio d’ore e salire la Tofana di Rozes prima dell’arrivo del maltempo. Pensiamo agli amici che ci darebbero dei pazzi, pensiamo a quanto abbiamo sognato questi giorni, questo momento. Volevamo metterci alla prova, eccoci serviti: forse fino a qua è stato tutto relativamente facile. Alle 2:15 è Gio che si attiva per primo, per quanto possano attivarsi due zombie. Per fortuna la luna che illumina la strada verso il Rifugio Dibona si presta al nostro barcollare. Ci trasciniamo poi fino al bivacco invernale del vecchio Rifugio Cantore, siamo in un mondo parallelo. C’è vento ed inizia a nevicare. Tra le quattro mura del bivacco spremiamo le ultime energie, è il momento di tirarle fuori!
In cima alla Tofana siamo nel whiteout, ci facciamo un selfie e non ci resta che scendere. Con calma e attenzione data la visibilità nulla e le gambe poco collaboranti.
Al parcheggio siamo bagnati da una leggera pioggerellina. Ancora una volta non c’è bisogno di parole per capirci tra noi, il nostro giro finisce qua. Un amico passa col furgone mentre ci togliamo gli sci. "Ehi, avete le facce stanche, siete andati in Tofana con questo tempo?" Siamo partiti 56 ore fa, abbiamo salito circa 9000mt di dislivello e camminato e sciato per 85km. Non abbiamo fatto le corse, il cronometro non è uno strumento che ci appartiene. Ci siamo messi in gioco, si, dal primo all’ultimo momento. Ora, da ogni punto delle Dolomiti, guarderemo queste quattro cime e l’aria che le separa con occhi diversi.
Un enorme grazie ad Alice e Marco per l’entusiasmo con cui ci hanno seguito e supportato, per averci aiutato a raccogliere e condividere la nostra piccola avventura.
Giovanni Zaccaria ringrazia: SCARPA, Ortovox, Climbing Technology, ELBEC, XMountain Guide Alpine
Matteo Furlan ringrazia: Atk Bindings e Guide Cortina360
L'articolo è stato pubblicato in precedenza su www.avventuriamocitutti.it
Siamo partiti sabato 24 aprile poco dopo le 3.00 da Pecol in Val di Zoldo. Con calma, siamo arrivati in cima al Civetta sulle 8:30. Ci raggiungono proprio in cima velocissimi Daniele Geremia e due soci, che hanno anche loro intenzione di concatenare Civetta e Pelmo in giornata. Bello avere compagnia...e non sentirsi gli unici pazzi in circolazione!
Prima delle 10 siamo giù a Pecol, mangiamo un boccone, rifiatiamo, poi ci carichiamo gli sci in spalla. Alle 18.30 arriviamo in cima al Pelmo ed alle 22.30 entriamo a casa di Matteo a San Vito.
Avevo già concatenato nel 2017, in solitaria e a piedi, Civetta e Pelmo in 20 ore. Quella sera avevo i brividi ed il giorno dopo non mi alzavo dal letto. Questa volta invece sono più allenato, e soprattutto essere in due aiuta moltissimo.
Partiamo il giorno seguente alle 7.20, in 6 ore siamo in vetta all'Antelao. Scendiamo rapidamente e dopo un paio d'ore di riposo ci incamminiamo verso la strada di Passo Falzarego. Arriviamo alle 23.30 al mio furgone, parcheggiato là preventivamente, dopo 4h30 di cammino e dopo altri 800 mt di dislivello. Dormiamo 2 ore, poi ci mettiamo altre due ore a reagire alla stanchezza, fare colazione e prepararci.
Alle 3.40 partiamo. Il vento e la nevicata in corso ci fanno fermare 40 minuti al bivacco invernale del vecchio Rifugio Cantore a riprenderci. Arriviamo in cima alle 9 nel whiteout...
Prima delle 11 siamo al furgone e, anche se avremmo una mezza idea di continuare, decidiamo che ci basta così. In totale siamo stati a spasso circa 56 ore.
Giovanni Zaccaria