L'hotel della morte lenta: Raymond Lambert tra le Alpi e il Monte Everest
Un libro e un alpinista poco conosciuto in Italia: da poco uscita la versione italiana di "A l'assaut des quatre mille" di Raymond Lambert (Monterosa Edizioni). La recensione di Simonetta Radice
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L'hotel della morte lenta di Raymond Lambert (Monterosa Edzioni)
Se il nome di Raymond Lambert non vi dice nulla, allora è il momento di leggere "L'hotel della morte lenta", versione italiana de "A l'assaut des quatre mille", opera della guida alpina e alpinista ginevrino che compì le sue più importanti imprese tra gli anni '30 e gli anni '50. Il libro è stato da pochissimo tradotto in Italiano da Livia Olivelli per la collezione "Le Parusciole" di Monterosa Edizioni e il titolo fa riferimento a uno dei più avvincenti racconti in esso contenuti, che rievoca la prima traversata invernale delle Aiguilles du Diable (1938).
Non solo sano alpinismo eroico d'altri tempi troverete in questo libro che, in realtà, è molto più di una semplice raccolta di "récit d'ascension". Lo amerete infatti se siete climber, perché Lambert, come molti suoi compagni di cordata, si avvicina all'alpinismo dalla frequentazione della falesia (quella di Salève per la precisione).
Lo amerete se siete donne, perché in un tempo in cui la montagna era appannaggio pressoché esclusivo del "sesso forte", Lambert non esitava a scegliere donne come sue compagne di cordata: da Loulou Boulaz, con cui fece la seconda ripetizione dello Sperone Croz alle Grandes Jorasses contemporaneamente a Gervasutti e Chabod, a Erika Stagni, protagonista della drammatica traversata delle Aiguilles Du Diable, da Sylvie d'Albertas a Claude Kogan con cui scalò in Himalaya.
Lo amerete infine se credete nel valore dell'understatement, perché Lambert, pur essendo un fortissimo alpinista, non enfatizzò mai il suo ruolo di guida e si limitò a effettuare ripetizioni e prime invernali, manifestando grande passione per queste ultime: "Il fascino innegabile, quella solitudine da principio del mondo, quel silenzio, quell'abbraccio di tutte le cose nel mistero bianco della neve fa sì che la nostra cordata si trovi sola là dove d'estate se ne incontrano venti".
E' forte e genuina l'energia che sgorga dalle pagine di questo libro: l'entusiasmo della scalata, la soddisfazione per aver superato un passaggio difficile, il gusto della condivisione di momenti più o meno felici; Lambert vive la montagna con grande gioia, poca retorica e uno spirito di positività che non può fare a meno di contagiare il lettore.
Ripetizioni e prime invernali, si è detto, con una grande eccezione: nel 1952, Lambert e Tenzing Norgay raggiunsero la cresta Sud dell'Everest a quota 8600 metri, diventando così i primi uomini saliti più in alto sulle montagne del mondo. Lambert racconta nel suo libro soltanto la fase finale dell'importantissima impresa svizzera, ma lo fa con grande consapevolezza - "In effetti oggi sono di una tempra differente dal quella di quattordici anni fa. Audacia, ne ho ancora. Non può più chiamarsi temerarietà essendo più matura, più ragionata." - e affronta la "sconfitta" finale con grande realismo: "Un giorno una squadra d'assalto, approfittando di condizioni eccezionali, disponendo di materiale adeguato, riuscirà a raggiungere la cima? Ne sono convinto, perché ogni spedizione beneficia dell'esperienza delle precedenti".
La vetta fu effettivamente conquistata solo un anno dopo dallo stesso Tenzing Norgay insieme a Edmund Hillary. Nel tempo a seguire, Lambert continuò a scalare in Himalaya e scoprì una nuova, grande passione: quella per il volo, che lo portò ad aprire una sua compagnia aerea di montagna e fu pilota fino a 71 anni.
La storia di Lambert si chiude simbolicamente molti anni dopo, esattamente nel 2002, cinquant'anni dopo il suo tentativo all'Everest. Il figlio di Lambert, Yves, anch'egli guida alpina, raggiunge la vetta dell'Everest insieme al nipote di Tenzing Norgay Tashi Tenzing. Questo il telegramma da lui inviato a Ginevra: "Sommet Everest atteint en compagine de petite fils Tenzing 16/05/02 19,40 STOP Papa surement content la-haut - STOP Sacré bel Itineraire et foule nombreuse- STOP - Préparez champagne".
Simonetta Radice
Non solo sano alpinismo eroico d'altri tempi troverete in questo libro che, in realtà, è molto più di una semplice raccolta di "récit d'ascension". Lo amerete infatti se siete climber, perché Lambert, come molti suoi compagni di cordata, si avvicina all'alpinismo dalla frequentazione della falesia (quella di Salève per la precisione).
Lo amerete se siete donne, perché in un tempo in cui la montagna era appannaggio pressoché esclusivo del "sesso forte", Lambert non esitava a scegliere donne come sue compagne di cordata: da Loulou Boulaz, con cui fece la seconda ripetizione dello Sperone Croz alle Grandes Jorasses contemporaneamente a Gervasutti e Chabod, a Erika Stagni, protagonista della drammatica traversata delle Aiguilles Du Diable, da Sylvie d'Albertas a Claude Kogan con cui scalò in Himalaya.
Lo amerete infine se credete nel valore dell'understatement, perché Lambert, pur essendo un fortissimo alpinista, non enfatizzò mai il suo ruolo di guida e si limitò a effettuare ripetizioni e prime invernali, manifestando grande passione per queste ultime: "Il fascino innegabile, quella solitudine da principio del mondo, quel silenzio, quell'abbraccio di tutte le cose nel mistero bianco della neve fa sì che la nostra cordata si trovi sola là dove d'estate se ne incontrano venti".
E' forte e genuina l'energia che sgorga dalle pagine di questo libro: l'entusiasmo della scalata, la soddisfazione per aver superato un passaggio difficile, il gusto della condivisione di momenti più o meno felici; Lambert vive la montagna con grande gioia, poca retorica e uno spirito di positività che non può fare a meno di contagiare il lettore.
Ripetizioni e prime invernali, si è detto, con una grande eccezione: nel 1952, Lambert e Tenzing Norgay raggiunsero la cresta Sud dell'Everest a quota 8600 metri, diventando così i primi uomini saliti più in alto sulle montagne del mondo. Lambert racconta nel suo libro soltanto la fase finale dell'importantissima impresa svizzera, ma lo fa con grande consapevolezza - "In effetti oggi sono di una tempra differente dal quella di quattordici anni fa. Audacia, ne ho ancora. Non può più chiamarsi temerarietà essendo più matura, più ragionata." - e affronta la "sconfitta" finale con grande realismo: "Un giorno una squadra d'assalto, approfittando di condizioni eccezionali, disponendo di materiale adeguato, riuscirà a raggiungere la cima? Ne sono convinto, perché ogni spedizione beneficia dell'esperienza delle precedenti".
La vetta fu effettivamente conquistata solo un anno dopo dallo stesso Tenzing Norgay insieme a Edmund Hillary. Nel tempo a seguire, Lambert continuò a scalare in Himalaya e scoprì una nuova, grande passione: quella per il volo, che lo portò ad aprire una sua compagnia aerea di montagna e fu pilota fino a 71 anni.
La storia di Lambert si chiude simbolicamente molti anni dopo, esattamente nel 2002, cinquant'anni dopo il suo tentativo all'Everest. Il figlio di Lambert, Yves, anch'egli guida alpina, raggiunge la vetta dell'Everest insieme al nipote di Tenzing Norgay Tashi Tenzing. Questo il telegramma da lui inviato a Ginevra: "Sommet Everest atteint en compagine de petite fils Tenzing 16/05/02 19,40 STOP Papa surement content la-haut - STOP Sacré bel Itineraire et foule nombreuse- STOP - Préparez champagne".
Simonetta Radice
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