Eiger, la montagna maledetta dei soldati di Hitler
18 luglio 1936, mancano pochi giorni all'inaugurazione delle Olimpiadi di Berlino. Una cordata austro-tedesca vuole regalare al Führer il primato della Parete Nord. Ma per una serie di imprevisti e un errore fatale sono costretti ad una disperata discesa in verticale nell'abisso. L'estate di colpo diventa inverno. Poi una slavina. "Aiuto, sono tutti morti!”.
A metà della Parete Nord dell'Eiger c'è una placca di roccia liscia sopra un terrificante strapiombo. E' larga 5 metri.
Si tratta del passaggio più difficile della scalata ed ora due tedeschi e due austriaci devono superarlo.
È il 18 luglio del 1936.
Andreas Hinterstoisser, come il suo conterraneo Toni Kurz, è un soldato della Wehrmacht.
Andreas fissa un chiodo in alto e aggancia la corda.
Deve muoversi lateralmente, arrivare dall'altra parte, fissare un altro chiodo e assicurare la fune dentro un gancio.
Ai piedi della montagna, intanto, turisti e giornalisti lo osservano con i binocoli.
La traversata riesce.
I suoi tre compagni possono sfruttare la corda fissa e sorpassare l'ostacolo, uno dietro l'altro.
La vetta è a 900 metri di distanza in linea d'aria. Il più è fatto.
I quattro alpinisti sono così su di giri che compiono un errore fatale: ritirano la corda che hanno fissato, dimenticando che servirà loro per il percorso a ritroso.
Non ci pensano, la loro ossessione è salire e farlo in fretta.
Vogliono regalare a Hitler un primato alpinistico alla vigilia delle Olimpiadi di Berlino.
Avanzano veloci. Ma l'imprevisto è in agguato.
Una scarica di sassi li sorprende al centro di una gigantesca lingua di neve.
Il Sole battente ha sciolto il ghiaccio dei nevai sovrastanti liberando centinaia di pietre che adesso precipitano giù come saette. Riescono a schivarle, muovendo il capo come pugili sul ring.
Un sasso, però, colpisce l’austriaco Willy Angerer alla nuca.
Il suo connazionale, Edi Rainer, gli fascia la fronte per arginare la perdita di sangue.
Il dolore è lancinante ma Willy decide di non ritirarsi.
Dopo due giorni, però, si arrende, crolla, perde i sensi.
A questo punto la scalata è compromessa per tutti.
L'obiettivo diventa quello di portare in salvo l'austriaco.
Nel pomeriggio la temperatura si abbassa in modo repentino. L'estate, di colpo, diventa inverno. Quando si trovano nuovamente nei pressi del passaggio chiave della placca liscia, si scatena un forte temporale.
La pioggia si congela all'istante sulla roccia.
Ripetere la traversata è impossibile senza la corda fissa e con la parete che ormai si è trasformata in una inespugnabile lastra di ghiaccio. Hinterstoisser ci prova per 5 ore di seguito ma perde continuamente la presa.
E' costretto ad abbandonare per sfinimento.
Sono in un vicolo cieco.
L'unica via d'uscita ha del pazzesco: bisogna arrivare, nel pieno del nubifragio, all'ingresso del tunnel della ferrovia calandosi su una roccia ripida fino ad una parete di 60 metri verticale e a strapiombo. L'Eiger ha questa caratteristica: nel cuore della montagna passa un treno che sale fino a quota 3000 metri.
A quell'altezza c'è una porticina scavata nella roccia che si spalanca direttamente sulla Parete Nord. E' lì che devono arrivare.
Si calano in verticale, portandosi dietro un ferito che non è più in grado di muoversi da solo.
Ad un certo punto sentono in lontananza la voce di un uomo: "State bene?".
È il cantoniere della ferrovia. Risponde Angerer: "Stiamo scendendo".
"Allora vi preparo un tè caldo".
Ancora poche decine di metri e i quattro alpinisti potranno considerarsi al sicuro.
Non fanno in tempo a pensarlo che vengono travolti da un’enorme slavina.
Hinterstoisser, che si era sganciato dalla cordata per andare avanti e preparare la discesa, viene spazzato via e catapultato 600 metri più in basso.
Angerer viene sbattuto sulla parete con una violenza inaudita.
Kurz sopravvive ma dondola nel vuoto. Sopra di lui Rainer è appoggiato alla roccia, immobile. La fune che ha attorno al corpo lo sta soffocando a causa del peso dei due compagni.
Passa qualche minuto e la scena è questa: appesi a corda doppia ci sono Rainer, Kurz e Angerer.
Kurz è l'unico ancora in vita.
Si mette ad urlare: "Aiuto, sono tutti morti!".
Il cantoniere lancia subito l'allarme. Nel giro di un'ora salgono le guide alpine bernesi, arrivano ad una quarantina di metri dal punto in cui Kurz è sospeso in una macabra altalena nell'abisso.
Raggiungerlo non è possibile con il maltempo, con il buio e con quelle barriere ghiacciate a strapiombo che li dividono.
"Resisti, se saliamo rischiamo di morire. All'alba ritorniamo".
Kurz si dispera, li prega di restare, li implora a provare il tutto per tutto. Ma loro, con la morte nel cuore, poco prima della mezzanotte tornano indietro.
Kurz ha anche perso un guanto e adesso ha una mano assiderata.
Al mattino è ancora vivo.
I soccorritori hanno studiato un piano: visto che loro non possono salire, deve essere lui a raggiungerli.
Kurz, allora, taglia la corda sotto e sopra di lui, liberandosi dei corpi dei due austriaci.
Risale per qualche metro la parete e lega i tre pezzi della fune in modo da farne arrivare un capo alle guide alpine svizzere.
I soccorritori, a loro volta, annodano intorno a quella fune una corda di 40 metri che possa reggere il suo peso.
Kurz la tira su, se la fa passare nel moschettone all'altezza dell'addome e inizia a scendere.
Lentamente arriva fino a 15 metri dalla salvezza.
Poi si blocca, rimane di nuovo sospeso nel vuoto.
Il nodo della corda è troppo grosso per passare attraverso il moschettone.
Con una mano sola non riesce a scioglierlo.
Prova ad arrivarci con i denti, ma non è un contorsionista.
Non può più scendere né salire. Per ore lotta per la vita. Poi si lascia andare. Grida: "È finita. Non ce la faccio più!".
E inizia a volare.
di Antonio Panei
In cima a sé stessi di Antonio Panei
La Bussola editore, prima edizione, novembre 2024
pag. 156, ISBN 979-12-5474-592-2, 16 euro
Indice
1. Eiger, la montagna maledetta dei soldati di Hitler
2. La scalata col figlio in grembo e il volo sul K2
3. Le Ande, i Boney M. e l'amico che tagliò la corda
4. Walter Bonatti e la tragedia che sconvolse la Francia
5. La Parete Lucente e l'ombra del terzo uomo
6. Wanda Rutkiewicz, il mistero dell'ultima vetta
7. Il Ragno delle Dolomiti e il giallo della Patagonia
8. Messner, un razzo rosso sul Nanga Parbat
9. Naomi Uemura, un uomo solo al Polo Nord
10. Compagnoni, Lacedelli e il gregario del K2
11. Freney, fulmini e coramina sul Monte Bianco
12. Maurice Wilson, il fantasma dell'Everest
13. La traversata degli Angeli e l'orsacchiotto sul Cervino
14. Jim Bridwell, l'hippy dello Yosemite e la lucertola di Rio
15. Tutta la Polonia sull'Everest
16. Lo spigolo del metallurgico
17. L'uomo che salvava gli altri
18. Giusto Gervasutti, il Fortissimo sul Cerro Littoria
19. Un cablogramma per Nuova Dheli
20. Carlos Soria, vertigini sugli 8000
Info: www.labussolaedizioni.it
L'autore
Antonio Panei, 1963, Consigliere di Disciplina dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, proviene da una famiglia di montanari abruzzesi ma ha ereditato la passione per gli sport invernali solo sulla carta. Ha vissuto l’infanzia ad Ovindoli dove il padre, ex discesista, gestiva negli anni sessanta le prime strutture ricettive della società Valturvema ai piedi degli impianti di risalita del Monte Magnola. E’ nipote dell’alpinista e nazionale di sci Gigi Panei, di cui ha scritto la biografia "Gigi Panei e Courmayeur, storia di un alpinista abruzzese" che è stata in vetta alla classifica dei libri di alpinismo più venduti a Courmayeur tra il 2019 e il 2020 (classifica Libreria Buona Stampa, Montagne360, rivista del Club Alpino Italiano). Nel 2022 ha vinto il Premio Saggistica di Rogliano per il libro "Francesco Rose, diario di un marxista libertario".