Silvia Vidal

Intervista a Silvia Vidal, l'alpinista catalana specialista nelle salite, in solitaria, di grandi big wall. Intervista di Ellade Ossola - introduzione di Erminio Ferrari
Catalana di Barcellona, 32 anni, Silvia Vidal ha cominciato ad arrampicare nel 1994 indirizzando subito la propria attività alle “big walls”.

Giramondo del verticale, Silvia si è avvicinata alle difficoltà elevate ripetendo, oltre ai più impegnativi itinerari dei Pirenei, le vie di Cassin e Comici nelle Dolomiti. Il punto di partenza per le spedizioni che l’hanno condotta a conoscere i graniti celeberrimi di Yosemite (e le difficoltà del “vivere di arrampicata” per chi non frequenti le cime più note e redditizie dal punto di vista mediatico), del Karakorum, in Mali, Canada.

Amante delle solitarie anche in occasione dell’apertura di nuove vie, Silvia Vidal ha collezionato una lunghissima serie di bivacchi in parete. Un esempio: nel 1999 l’apertura della via “Sol Solet” sull’Amin Brakk (Pakistan, 5’850 metri) le ha richiesto trentun bivacchi in parete. Ne è venuta fuori una via di 1’650 metri con difficoltà di 6c/A5 e pendenze di 60 gradi su ghiaccio...

Nel suo carnet figurano inoltre numerose nuove vie e ripetizioni solitarie di altri itinerari “big wall”, un’attività di elevatissimo livello che le è valsa il premio spagnolo Piolet de Oro nel 1996 e una nomination per il Piolet d’or francese nel 2000.


Silvia, cosa significa essere donna in un alpinismo ancora fondamentalmente maschile?
"Significa innanzitutto dovere lavorare moltissimo per potere essere credibili. E' una questione di mentalità. Una donna che arrampica ha sicuramente un percorso più duro da compiere perché è difficile far capire alla gente comune che anche se sei donna stai realizzando le stesse prestazioni di un uomo."


L’arrampicata è stata per te una scelta di vita, come ti ha cambiata?
"Ancora oggi, dopo sette anni, mi chiedo perché arrampico. Forse perché è un modo per incanalare la mia energia, un modo per tentare di capire molte cose. E' stata la scelta di un momento. Una risposta precisa e definitiva a questa domanda però non l’ho ancora trovata. Perché arrampico? Per quale motivo? Non so..."


Tu pratichi l’arrampicata solitaria ad altissimo livello. C’è anche una componente individualista o addirittura egoista in questo stile?
"Se essere egoisti significa avere l’opportunità di godere da soli attimi di particolare intensità, allora sì, in qualche modo lo sono. Credo però che la parola egoista sia spesso mal interpretata. La parola egoismo non ha sempre una connotazione negativa. Non è negativo essere egoisti, è invece negativo essere troppo egoisti. E' una questione di misura. Tutti gli estremi sono negativi. L’arrampicata in solitaria è per me una pratica che mi porta a mettermi del tutto alla prova. Non so se in questo modo di pensare e di agire ci sia dell’egoismo."


Tu ami i bivacchi in parete. Perché?
"Perché il bivacco è forse la parte dell’alpinismo che mi piace di più. Quando bivacchi in parete sei immerso nella natura, sei nel tuo ambiente. La notte che trascorri in parete è una specie di ponte con la giornata successiva, il tassello che ti porta al nuovo giorno, quando proseguirai la scalata. Adoro queste situazioni: è meraviglioso osservare come giorno dopo giorno avanzi nella parete. Mi piace... mi piace vivere in parete e potere contemplare i paesaggi che ho sotto di me."


Forse perché si può dire di conoscere una montagna solo se vi si è bivaccato?
"Non necessariamente. Ci sono molti modi per interpretare l’arrampicata. In stile alpino, leggero e rapido, non passi quasi mai le notti in parete, ma anche questo tipo di arrampicata ha un grande valore. Non credo che il mio modo di arrampicare sia migliore o peggiore. L’importante è cosa stai facendo in un momento preciso e soprattutto come lo stai facendo. “Big wall” o alpismo tradizionale non importa. Tutto si mischia pur essendo diverso."


Qual è la dote maggiore richiesta a una donna per essere alpinista di punta?
"Ho sempre detto che l’uomo è diverso dalla donna e non solo per chiare ed evidenti questioni fisiologiche. Ho però anche sempre affermato che per me esistono gli scalatori, indipendentemente dal sesso. Per questo credo che le caratteristiche importanti richieste a uno scalatore non dipendano dal suo sesso. Siamo individui distinti, con esigenze diverse, non perché uomo o donna ma in quanto individui."


Spesso le tue salite vengono giudicate con un di più di attenzione proprio perché sei una donna. E' un tipo di giudizio che non gradisci…
"Sì, perché vorrei che si desse un giudizio di valore assoluto, a prescindere dal sesso. Capita che se è un uomo a salire determinate vie, le si considera grandi prestazioni; se è una donna – io ad esempio – il tutto viene ridimensionato. Sono discriminazioni che mi fanno arrabbiare. Lo so che non serve arrabbiarsi per questi giudizi di valore in fondo arbitrari, però sento il bisogno di farlo notare alla gente."


Hai conosciuto pochi grandi nomi dell’alpinismo mondiale. Ami ripetere che ti interessano di più le persone dei nomi…
"Dopo anni passati a scalare in tutto il mondo, è inevitabile conoscere i protagonisti dell’alpinismo mondiale e le loro realizzazioni. La gente parla e io non sono sorda. Tuttavia non mi ha mai interessato conoscere in modo più approfondito la loro attività. Se avessi la possibilità di incontrare uno di questi grandi nomi dell’alpinismo vorrei conoscere la persona e non il nome, il mito. Questi personaggi che hanno scritto la storia dell’alpinismo dovrebbero darmi emozioni a livello umano, e io dovrei essere in grado di dare loro qualcosa, altrimenti sarebbe un incontro senza senso."


L’alpinismo è il mondo in cui hai scelto di vivere. Cosa cambieresti?
"Non saprei. Vivo spesso isolata dal mondo reale e sono abbastanza distaccata dal resto. Le piccole cose che non mi piacciono sto cercando di cambiarle, ma non pretendo certo di cambiare l’alpinismo. Posso modificare il mio modo di essere ma per il resto non posso né voglio modificare i comportamenti altrui."


SCHEDA SILVIA VIDAL
alpinista
Barcellona, 1970
Diplomata in Educazione Fisica (INEFC)

Catalonia: 3a asc. integrale di 'Mirall impenetrable' (310 m/A5), parete de l'Aeri.
Spagna: parete W del 'Naranjo de Bulnes', solitaria della combinazione delle vie: 'Principado de Asturias' (250 m/A4) + 'Mediterráneo' + 'Rabadá-Navarro' (4 bivacchi).
Invernale di Tramuntana (1a asc. 300 m - A4+ e 7a+) + 'Rabadá-Navarro' (11 bivacchi).
USA: 7 vie al Capitan. Tra queste: 'Sea of dreams' (A5), 'Reticent wall' (A5), 'Wyoming sheep ranch' (A4) in solitaria
Mali: apertura di 'Venus del desert' alla Mano de Fatma (400 m - A4+ e 6b+).
Pakistan: apertura di 'Sol solet' a l'Amin Brakk (1.650 m - A5 e 6c+). 32 giorni di permanenza in parete.
Canada (Baffin): apertura di 'Sangtraït' al Turnweather (1.150 m - A4 e 6b+). 15 giorni di permanenza in parete.
Note: Solitarie ed egoismo
"Se essere egoisti significa avere l’opportunità di godere da soli attimi di particolare intensità, allora sì, in qualche modo lo sono.

... L’arrampicata in solitaria è per me una pratica che mi porta a mettermi del tutto alla prova. Non so se in questo modo di pensare e di agire ci sia dell’egoismo."



Il bivacco
"... La notte che trascorri in parete è una specie di ponte con la giornata successiva, il tassello che ti porta al nuovo giorno, quando proseguirai la scalata. Adoro queste situazioni: è meraviglioso osservare come giorno dopo giorno avanzi nella parete..."

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