Sean Villanueva e la sua magica Moonwalk, ovvero la solitaria Traversata del Fitz Roy in Patagonia

Intervista a Sean Villanueva O’Driscoll dopo la Traversata del Fitz Roy in Patagonia, effettuata dal 5 al 10 Febbraio in solitaria e battezzata dall’alpinista belga la Moonwalk Traverse. È soltanto la seconda volta che la mitica skyline della Patagonia viene percorsa in continuità ed è la prima solitaria.
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Sean Villanueva in cima ad Aguja Guillaumet durante la traversata della skyline del Fitz Roy in Patagonia
Sean Villanueva

Come già riportato venerdì scorso, dal 5 al 10 febbraio 2021 il climber belga Sean Villanueva ha completato la prima solitaria della traversata del Fitz Roy, affrontando la celebre skyline della Patagonia in completa autonomia e scalando i 4000m di dislivello con difficoltà fino a 6c e 50° totalmente in libera. Prima di lui soltanto Tommy Caldwell e Alex Honnold erano riusciti a completare la traversata, dal 12 al 16 febbraio 2014. L’impresa di Villanueva è stata descritta da Colin Haley come "la salita in solitaria più impressionante mai fatta in Patagonia” mentre Rolando Garibotti ha spiegato che "La realtà sembra avere questa capacità di superare sempre l’immaginazione.” Ecco l’intervista a Villanueva dopo la sua Moonwalk Traverse.


Sean, se non ci sbagliamo sei in Patagonia da un bel po’ di tempo ormai!
Sì, sono qui da un anno e da un mese, sono arrivato in Patagonia con Nicolas Favresse per arrampicare un po’ e il mio piano originale era di rimanere fino alla fine di marzo 2020. Nico aveva programmato di partire poche settimane prima di me e in realtà è riuscito a malapena a tornare a casa prima del lockdown. Io invece sono rimasto bloccato qui, inizialmente completamente, poi in una fase successiva sarei potuto tornare in Belgio suppongo, contattando l'ambasciata, ma mi è sembrato che non ne valesse la pena, perché le cose in Europa stavano andavano male, ed io ero qui, in uno dei posti più belli del pianeta. Mi sentivo come un bambino rinchiuso in un gigantesco parco giochi, in una terra così fiabesca che non vedevo nessuno bisogno di tornare. Quindi sono rimasto.

Hai fatto bene! Allora quando ti è venuto l'idea di fare la traversata? E come mai in solitaria?
Beh, in realtà era da un po’ di tempo che avevo voglia di fare qualcosa da solo, credo di essere stato molto, molto ispirato da Silvia Vidal, dalle sue spedizioni, dalla sua filosofia e mentalità quando intraprende tutti questi enormi viaggi da sola. Volevo provare qualcosa di simile, ma sfortunatamente in passato sono stato benedetto da alcuni dei migliori compagni di cordata che si potessero desiderare ;-) È davvero difficile partire per una solitaria quando il tuo compagno di cordata si inventa costantemente dei buoni progetti! Ma durante l'inverno, rimanendo bloccato qui, ho iniziato lentamente a rendermi conto che questa poteva essere la mia opportunità per tentare qualcosa da solo. Questo era forse il momento di provare la Traversata, pensavo, anche se all'inizio l’idea mi incuteva paura e sembrava completamente irrealistica.

Come mai?
Principalmente a causa del tempo. Ma l’idea si era insinuata nella mia mente e ho deciso che non avrebbe fatto male studiare la guida e provare a mettere insieme il tutto, vedere come avrei potuto fare. Poi sapete, le notti d'inverno qui sono molto lunghe e fredde... quindi ne ho passate molte a sfogliare la guida, analizzando diversi modi di mettere insieme tutti i vari pezzi del puzzle, e poi un giorno ho iniziato a credere che forse sarebbe stato possibile, dopotutto. All'inizio pensavo che avrei avuto bisogno di circa 10 giorni per farla, per via di tutta la lenta arrampicata autoassicurata che volevo fare, ma qui in Patagonia non hai mai una finestra di 10 giorni. Poi ho deciso che se avessi avuto una finestra di bel tempo di 6 giorni ci avrei provato. E poi, proprio i giorni del mio compleanno, è arrivata questa finestra di 6 giorni, quindi ho pensato che a questo punto avrei anche potuto provare, tanto per per vedere quanto lontano riuscivo ad andare.

Qual era il tuo obiettivo?
Come ho appena detto, volevo solo capire fino a dove sarei riuscito ad arrivare. In realtà, quello che volevo davvero era vivere un'esperienza lassù da solo, e alla fine questo si è rivelato assolutamente magico. Sembrava che tutto andasse per il verso giusto, fin dall’inizio, con l'idea che si è evoluta lentamente. E mentalmente ho iniziato a prepararmi, lentamente, sapendo benissimo che non sarebbe mai successo, perché non hai mai una finestra di bel tempo di 6 giorni. Ma poi tutte le stelle si sono allineate e penso semplicemente di essere stato molto, molto fortunato.

Si può dire che sei stato fortunato con il tempo Sean, ma questa è solo una parte. Ti sei creato la tua fortuna. Questa traversata è qualcosa a cui hai lavorato, forse indirettamente, negli ultimi 20 anni, segna il culmine di una vita passata a scalare le vie più difficili nelle condizioni più difficili del pianeta e ti meriti pienamente questo successo. Ma come mai ha deciso di farlo nell’ordine inverso rispetto a Tommy Caldwell e Alex Honnold?
Perché era qualcosa di nuovo. Ho pensato che così sarebbe stato più avventuroso. L'unico motivo è perché non era stato fatto prima e così ci sarebbero state più incognite da affrontare.

Hai iniziato il 5 febbraio e hai terminato il 10. È andato più o meno come pensavi?
Sì, beh, in realtà non avevo un piano, tutto quello che volevo fare era vedere quanto distante riuscivo a spingermi. Quindi non avevo aspettative reali, e sicuramente non sapevo quanto sarei stato veloce. Tutto quello che volevo fare era provare e vedere.

Allora per soddisfare questa curiosità, che stile di salita hai adottato?
Sono partito molto pesante, avevo molto materiale e molto cibo. Sicuramente non ero molto efficiente strategicamente o logisticamente. Con il peso del mio zaino non avrei potuto fare nulla arrampicando slegato, era semplicemente troppo pesante, forse attorno ai 30 chili all'inizio, non ne sono del tutto sicuro perché non l'ho pesato. Avevo cibo per 10 giorni, avevo una tenda, un sacco a pelo, un grande piumino e ovviamente il mio flauto di latta! Tanto materiale davvero!

Quindi come ti sei mosso…
La mia tattica era di salire auto assicurato tutto ciò che riguardava l’arrampicata, e salire slegato tutto il terreno composto da facili roccette diciamo. All'inizio avevo uno zaino ed un haulbag, quindi arrampicavo con lo zaino che conteneva tutte le cose leggere come il piumino, il sacco a pelo e la tenda, e poi tiravo su l’ haulbag con tutte le cose più pesanti. Richiedeva molto lavoro ed era molto inefficiente cambiare strategia continuamente, mettere tutto nello zaino per andare slegato sul terreno più semplice, poi rimettere tutto nello zaino e nella haulbag per affrontare il terreno più ripido. Ma poi durante il secondo giorno il mio haulbag si è rotto, sono stato fortunato a non perdere niente, ma non riuscivo più ad usarlo. Da quel momento in poi sono stato costretto ad arrampicare, calarmi dalla sosta e risalire con i jumar e lo zaino in spalla. Ho usato un mix di strategie diverse che dovevo inventare strada facendo.

Oltre al tempo, eri preoccupato per qualcosa?
Beh durante il primo giorno la corda è stata colpita da dei sassi e in tre punti si è rotta la calza. Non appena l’ho visto, ero convinto che non sarei riuscito a concludere la traversata. La calza rotta in tre punti già al primo giorno… mi sono detto “non ce la farà mai la mia corda principale a sopravvivere fino alla fine.”

Sean, a questo punto molti sarebbero tornati indietro…
Sì, me lo stanno dicendo tutti! Ma in quel momento non me ne fregava più di tanto, l’obiettivo come dicevo era vedere fino a dove sarei arrivato, quindi ho semplicemente nastrato quelle sezioni e ho pensato di provare a continuare. Quindi sì, ero preoccupato per la durata della corda, specialmente perché man mano che andavo avanti, più la calza cominciava a rompersi; ogni giorno aggiungevo più nastro, poi continuavo. Ho cercato di trattarla bene, la mia corda, stando attento a non prendere acqua perché così si sarebbe distrutta più velocemente. E ogni volta che raggiungevo una sezione nastrata in calata ho cercato di togliere il mio peso e far passare la corda nel freno. Ho cercato di essere gentile con la mia corda, di parlare con lei, di essere carino. E lei è stata carina con me lungo tutta la traversata. Soltanto durante l’ultima calata, proprio l’ultima, si è tolta la calza ed è rimasta esposta l’anima per circa un metro! Quindi alla fine la corda si è arresa, ma solo all’ultima calata!

Non dirci che avevi una corda di solti 9mm!
Sì, allora, a dire il vero era da 8,9! Ma ne avevo una da 6mm di scorta se ne avesse proprio avuto bisogno.

Ci parli un po’ del tempo allora, l’altra grande incognita in Patagonia.
Non era male. C’erano alcuni giorni in cui il vento soffiava forte, poi c’era un giorno in cui faceva veramente freddo, ma è stata una giornata assoluta bellissima, c’era un mare di nuvole e ho arrampicato continuamente sopra o tra le nuvole. E’ stato assolutamente sbalorditivo, quasi mistico. Poi un giorno è stato molto ventoso ma sono stato fortunato perché la parete che stavo scalando era protetta dal vento. Ma quando mi sono calato in doppia dal Fitz Roy mi sono dovuto fermare presto a causa del vento, sembrava troppo pericoloso continuare a scendere perché le feroci folate di vento avrebbero potuto portare la corda dietro uno spigolo, lontano dalla mia linea di calata, quindi ho deciso di fermarmi presto a dormire su una cengia. Il giorno successivo il vento si è calmato e ho continuato a scendere, e questa si è rivelata una decisione saggia. Poi oltre al fattore vento, sono stato davvero fortunato con le temperature, sono state sempre gestibili, mai troppo fredde.

Non sei certo un novizio della Patagonia. Quante di queste montagne avevi già salito prima?
Fitz Roy, Guillaumet, Mermoz, Poincenot e Saint Exupery, le altre che ho scalato erano nuove per me. Ho scalato 10 vette in totale, anche Alex e Tommy hanno salito alcune delle vette più piccole come ho fatto io, ma non abbiamo fatto esattamente lo stesso itinerario.

Avevi con te il tuo flauto
L’ho suonato ad ogni cima, ad ogni bivacco e su alcune selle. È un modo fantastico per rilassarsi!

Ma oltre a completare la traversata in solitaria, che di per sé è un’impresa enorme, sei riuscito anche a scalare tutta in libera!
Sì, anche se in realtà l'arrampicata non è proprio difficile. Ma come accennavo prima, sono stato molto fortunato con le condizioni; quasi tutta l'arrampicata che ho fatto è stata sulle pareti sud, quasi senza sole, ma le vie non erano tutte ghiacciate, non erano tutte bagnate. Certo, c'erano alcune sezioni ghiacciate e bagnate, ma erano tratti brevi. Quindi sì, tutta l'arrampicata che ho fatto è stata in libera, ma ovviamente bisogna ricordare che avevo anche le doppie da fare per prendere tutto il materiale.

Salire tutto in libera non ha semplicemente reso le difficoltà ancora più difficili?
Il mio gioco è sempre stato l’arrampicata libera, aveva perfettamente senso salire in libera lassù, anche se ero da solo. Non ho nulla contro l'arrampicata artificiale, ma il mio gioco è sempre stato il free climbing e per me è stata la cosa più naturale da fare.

Hai parlato delle doppie. Verso la fine, dalla Guillaumet, hai visto come si è staccato un grosso blocco dalla via sulla quale ti stavi per calare
Sì, giusto. Era l'ultimo giorno ed c’era abbastanza vento. Il mio piano era di calarmi dalla parete ovest, ma questa è la parete più esposta al vento, quindi ho deciso di calarmi dalla Amy, che è probabilmente una delle vie più gettonate della Guillaumet poiché è esposta a est ed è protetta dal vento. Pensavo di andare sul sicuro e percorrere quella via, anche se finisce sul ghiacciaio e non mi piaceva tanto l'idea di camminare sul ghiacciaio da solo. Ma avevo notato alcune tracce e pensavo di poterle seguire, che la traccia mi avrebbe dato un po’ più di margine di sicurezza. Così ho posizionato le corde e stavo per iniziare le doppie quando un enorme blocco nel mezzo della Amy, forse grande la metà di una macchina, si è staccato da metà via. C'era il sole e faceva caldo, quindi ogni tanto la montagna perdeva pezzi, e questo blocco è volato giù per la via, ha colpito il ghiacciaio e ha provocato una valanga che ha spazzato via tutte le tracce. Quando l'ho visto ho pensato "OK, beh, non scenderò da lì!

Assolutamente no!
In realtà è stata una cosa piuttosto positiva perché poi sono sceso lungo la via Brennero-Moschioni, che segue la Guillaumet fino alla fine. È la vera skyline. Se fossi sceso dalla Amy, la linea disegnata sulla relazione non sarebbe stata così bella ;-)

Stavi scendendo da lì quando la tua corda si è arresa?
Ho dovuto lottare un po‘ contro il vento, quindi mi sono preso il mio tempo, mettendo le corde in una borsa in modo che non volassero in giro, e sono riuscito ad arrivare fino alla fine della linea di cresta. Un altro aspetto positivo della via Brennero-Moschioni è che non c'è il ghiacciaio, sotto i miei piedi sono tornato a toccare terreno solido. Sì, è lì che la corda si è arresa, aveva fatto il suo lavoro ed ero felice di essere tornato giù. Da quel momento non dovevo fare altro che tornare lentamente alla civiltà.

In quei giorni lì su da solo avevi festeggiato il tuo 40° compleanno. Come è stato?
È stato fantastico. È stato il giorno in cui ho fatto Poincenot e Kakito, mi sono fermato presto a La Brecha e mi sono goduto il resto del pomeriggio, sapendo che avrei scalato il Fitz Roy il giorno successivo. È stato bello, c'era sicuramente un senso di festa, ma ad essere sincero ciò che mi ha colpito davvero è stato quando sono tornato giù, vedendo tutti i messaggi di compleanno dagli amici, dalla mia famiglia, e la risposta che la mia salita ha ricevuto dal mondo alpinistico. È stato davvero, assolutamente travolgente. Ma come ho già detto più volte, mi era sembrato che tutto si fosse messo nel posto giusto in modo assolutamente naturale. Sapete, ho passato più di un anno qui, ero rimasto bloccato qui, poi mi sono divertito ad essere nel magico El Chalten. L’idea è nata man mano, ho avuto molto tempo per pensarci, per visualizzarla, poi questa finestra di bel tempo è arrivata proprio nei giorni del mio compleanno, per di più il mio 40°… non lo so, in qualche modo sembrava che fosse destino.

Molto probabile Sean. Parlando di visualizzazione; ogni mattina durante la tua salita hai meditato. È qualcosa che fai spesso?
No, per niente, normalmente non ne abbiamo il tempo. Ma qui l'ho fatto, stavo seduto nella mia tenda per circa un quarto d'ora ogni mattina e portavo la mia mente nel presente, mi concentravo sul mio respiro, sentivo le sensazioni, rilassavo il mio corpo, ascoltavo la natura. Mi svegliavo prima dell'alba e lo facevo al buio, ma niente di troppo lungo, quanto bastava per portare la mia mente nel presente. Poi faccevo colazione e cominciavo ad arrampicare alle prime luci dell'alba.

Hai arrampicato in solitaria, ma quanto sei stato da solo durante questa traversata? E qualcuno sapeva cosa stavi facendo?
Ho incontrato tre altre cordate, una sulla Poincenot, una a La Brecha mentre scendevano dal Fitz Roy ed una sugli ultimi tiri del Fitz Roy mentre scendevano in corda doppia. Attualmente le montagne sono ovviamente molto tranquille, c’è poca gente in giro e tutti quelli che ho incontrato sono gente del posto con cui ho trascorso l'anno.

E’ presumibile che questi incontri siano stati speciali, sia per te che per loro!
Assolutamente. Erano davvero entusiasti per me e mi hanno dato una buona energia per continuare. All'inizio non potevano credere a quello che stavo facendo, anche perché non avevo parlato praticamente a nessuno del mio piano.

Veramente?
Sì. Avevo paura che nessuno mi avrebbe capito e che forse avrebbero pensato che fossi completamente pazzo. L'ho detto a Juan, sul cui terreno abito e vivo, e l'ho detto a Rolando Garibotti la mattina prima di partire.

Non sono molte persone in effetti!
Sì, credo di sì. Invece quando sono tornato giù in paese, tutti lo sapevano prima ancora che arrivassi a El Chalten! E quando finalmente sono arrivato lì ho ricevuto un enorme benvenuto, tutti, ma veramente tutti hanno iniziato a tifare e festeggiare.

Abbiamo visto il video di te che entri dalla porta di Horacio Gratton, fantastico!
O sì. Vive a El Pilar, a pochi chilometri fuori da El Chalten, mi sono fermato lì mentre scendevo e ho mangiato qualcosa prima di entrare in città. È stato un bel momento.

Sembri felice. E anche sorprendentemente fresco!
Grazie ;-) Ma come accennavo, non mi sono mai sentito eccessivamente stanco o completamente distrutto durante questa salita, avevo livelli di energia davvero buoni per tutta la traversata. È vero, non dormivo molto perché le giornate erano lunghe, ma ero semplicemente molto felice ed eccitato di essere lassù, per tutto quel tempo, era così speciale. Forse poi c'è anche un'altra ragione per cui sembro fresco: sono sceso dalla Guillaumet verso le 2 o le 3 del pomeriggio e avrei potuto facilmente tornare a El Chalten quel giorno, ma mentre scendevo mi sono reso conto che non avevo voglia di tornare in città in quel momento, quindi mi sono fermato un'altra notte in un bivacco, in un bellissimo campeggio, per rendermi conto di tutto quello che avevo appena fatto.

E per preparati alla prossima finestra di bel tempo?
A dire il vero presto ci sarà una "ventana", ma questa la lascio passare!

Sean Villanueva ringrazia: Patagonia, Petzl, SCARPA, Lyofood


Note: The Moonwalk Traverse
Fitz Roy skyline, Patagonia

Aguja de l’S
Aguja Saint-Exúpery
Aguja Rafael Juárez
Aguja Poincenot
Aguja Kakito
Cerro Fitz Roy
Val de Bois
Aguja Mermoz
Aguja Guillaumet.



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