Alpinismo sul Pizzo Badile: intervista a Schenk e Gietl dopo la nuova via Amore di Vetro
Con la loro ascensione di ‘Amore di Vetro’ lo scorso 16 novembre le due guide alpine Marcel Schenk e Simon Gietl hanno colpito nel segno, aprendo con indiscussa classe una linea effimera quanta desiderata sulla parete nordest del Pizzo Badile. L’hanno fatto in grande velocità, lasciando in parete soltanto due chiodi, affrontando difficoltà abbastanza alte ma, soprattutto, assumendosi un livello di rischio non indifferente. Un rischio “misurato” e “nascosto” dietro la lettera R della loro proposta di gradazione, che indica anche una grande avventura alpinistica su una delle sei grandi pareti nord delle Alpi.
INTERVISTA A MARCEL SCHENK E SIMON GIETL
Marcel, lo sai vero che questa linea era un grande sogno anche per altri alpinisti?
Sì, da quando l’abbiamo salita, e da quando ne abbiamo dato notizia, siamo venuti a conoscenza di quanti avevano messo gli occhi su questa linea. E anche di quanto fosse stata già tentata in passato.
Allora tu Marcel, per quanto tempo l’avevi sognato?
Marcel: Quando ho salito la via Cassin il 12 febbraio 2015 con David Hefti, abbiamo seguito una variante nella parte superiore, lungo una lingua di ghiaccio molto sottile e selvaggia. L'arrampicata era eccezionale, ma difficile da proteggere. Dopo questa salita ero convinto che, con le giuste condizioni, sarebbe stato possibile salire la linea che poi abbiamo percorso.
Quanto conoscevate il Pizzo Badile?
Marcel: Spesso porto i miei clienti sul Pizzo Badile, principalmente lungo lo Spigolo Nord oppure sulla Via Cassin, che è bellissima. Ho anche salito altre vie come "Neverland" o “Another Day in Paradise". Purtroppo la maggior parte degli alpinisti ripete soltanto lo Spigolo oppure la via Cassin, il che significa che le altre vie cadono nel dimenticatoio. Personalmente mi piacerebbe salire altre vie su questa montagna, in particolare quelle sul lato sinistro della parete NE.
Simon: avevo salito la via Cassin una volta in precedenza, nell’inverno 2009. Questa quindi è soltanto la mia seconda via su questa parete.
L’avete salita a metà novembre, ma già ad ottobre le condizioni erano buone…
Marcel: Sì, forse. Ma chi lo sa! Dall'Engadina, dove vivo, si ha una buona vista sull’ultima parte della parete. Ho visto la montagna cambiare volto in autunno, e a volte sono andato fino in Val Bondasca con il binocolo per verificare più da vicino. Sembrava in condizione ad ottobre, ma da lontano è difficile sapere con assoluta certezza. Devi salire e vedere da vicino, ma purtroppo non sono riuscito a trovare un compagno di cordata.
Così, Simon, hai ricevuto la chiamata da Marcel
Simon: Sì. Ci eravamo incontrati in Patagonia alcuni anni fa. Però non avevamo mai scalato insieme.
Non male come prima via allora!
Marcel: Sì. E probabilmente non sarà l'ultima. Gli ho telefonato ed è stato subito entusiasta. La nostra idea era di dare un’occhiata, se fosse stata in condizione l’avremmo provata, altrimenti avremmo salito qualcos’altro. Ci siamo resi conto immediatamente che condividevamo le stesse idee per quanto riguarda lo stile di salita. Per esempio, per me era chiaro fin dall'inizio che non volevo piantare degli spit. Così, quando ho chiesto a Simon se dovevamo portare con noi uno spit d’emergenza per una eventuale ritirata, ha riso dicendo "Beh, se non portiamo degli spit con noi, allora non li possiamo neanche piantare." Quindi non li abbiamo nemmeno presi.
Siete saliti leggeri. Avevate con voi dell’altro materiale?
Simon: Il nostro piano originale era di salire la via e poi bivaccare nel bivacco di emergenza poco sotto la cima, così abbiamo portato con noi due sacchi a pelo ultraleggeri. Per il secondo lo zaino era piuttosto pesante. Alla fine siamo stati così veloci che siamo sbucati in cima alle tre, ed abbiamo deciso di scendere subito giù alla capanna Sasc Furä. Da lì manca poco più di un’ora per ritornare a valle, quindi abbiamo continuato a scendere per celebrare con una birra. O due…
Durante il primo giorno avete raggiunto la spalla e finalmente avete visto per bene la parete. Qual è stata la prima reazione?
Marcel: Merda!!! Ho subito notato il grande nevaio che dovevamo attraversare, pieno di neve non consolidata, e ci siamo resi conto che forse non saremmo nemmeno riusciti a raggiungere l’attacco. Abbiamo discusso sul da farsi e abbiamo deciso di battere una traccia ed assicurarci sulle rocce per raggiungere la base della via.
Come è stata la notte nel bivacco?
Simon: Il locale invernale a Sasc Fura è comodo, con una stufa a legna e letti buoni. Avevamo con noi un sacco di cibo e avevamo portato anche alcune lattine di birra.
Marcel, hai iniziato tu ad aprire la via la mattina successiva
Marcel: La sera prima, mentre attraversavamo verso l’attacco, avevo un buon feeling. Che poi è stato confermato non appena ho iniziato a salire i primi metri. Nonostante le scarse protezioni, siamo riusciti a salire bene.
M5, R… tutto in libera, incredibile!
Marcel: La via segue la naturale linea di debolezza della parete. Abbiamo pensato a lungo a che grado dare alla via. M5 si riferisce semplicemente alle difficoltà tecniche che abbiamo incontrato ed è quindi completamente dipendente dalle condizioni. Le principali difficoltà erano certamente collegate alle scarse protezioni.
Fateci capire meglio
Marcel: L'arrampicata mi ha ricordato quello che avevo salito sulla Via Cassin l'inverno scorso. La variante che avevo salito offriva le stesse difficoltà, aveva lo stesso stile d’arrampicata, sapevo quindi a cosa stavamo andando incontro. Era chiaro però che una caduta era fuori discussione, così abbiamo scalato con grande attenzione e ad un ritmo costante.
Detto così suona troppo semplice, quasi banale.
Simon: le condizioni erano eccezionali, ma come ha detto Marcel, sapevamo che non potevamo permetterci di fare nessun errore e quindi siamo stati molto concentrati. Dopo la nostra salita l’abbiamo scherzosamente riassunta come una free solo con la corda. Sì, a volte le protezioni erano brutte, e questo ci ha portato a salire alcuni tiri veramente lunghi. Uno per esempio era lungo quasi 110m, arrampicavamo in conserva, con soltanto un pecker tra di noi che ci proteggeva.
Ci parli del materiale allora
Simon: Avevamo con noi anche dei chiodi e ne abbiamo piantati 4 se non erro, il secondo li ha rimossi visto che non sapevamo cosa ci aspettasse in alto. Soltanto un chiodo non voleva venire fuori, l’abbiamo lasciato in parete. Durante la discesa abbiamo aggiunto un chiodo per rinforzare la sosta dell’ultima doppia, ci sembrava stupido rischiare di farci del male a quel punto!
Sareste stati in grado di ritirarvi?
Marcel: Nella parte inferiore sì, giù per le vie esistenti. Nella parte superiore una ritirata sarebbe stata estremamente difficile.
Tuttavia siete comunque riusciti a scattare delle foto ...
Marcel: Sì, è stata una gradita distrazione, mi ha fatto pensare ad altro!
L’avevate definito come una logica linea invernale, in quelle condizioni
Marcel: Sì, è sicuramente una linea logica nella stagione fredda. La sezione superiore entra in condizione più spesso rispetto al nevaio inferiore. Se questo accade, allora è possibile abbinare la parte superiore con la parte inferiore della via Cassin.
Ultima domanda: cos’è la cosa migliore di Amore di Vetro?
Marcel: La sua linea, unita al fatto che abbiamo vissuto una vera e propria avventura così vicino a casa. Al giorno d'oggi, per effettuare una prima salita di tale qualità solitamente bisogna viaggiare per mezzo mondo per settimane e settimane. Per me il Badile, e l'intera Val Bondasca, sono uno degli angoli migliori e più belli del mondo.
Marcel Schenk ringrazia: Black Diamond, Suunto
Simon Gietl ringrazia: Salewa, Neolit, Grivel, Komperdell, Evolv, Keaxl-Board, Hotel Schwarzenstein, Julbo, Lyo-Foot
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