A Breuil-Cervinia la mostra Creste e pareti del Cervino. 150 anni di storia alpinistica
Partendo dalla celebrazione di queste prime grandi imprese, si intende ripercorrere la storia che da allora ha visto alcuni tra i più importanti alpinisti cimentarsi e vincere le pareti e le creste di questa montagna con salite che sono subito saltate agli onori della cronaca anche non solo alpina. Lo sviluppo delle vicende narrate non segue un criterio cronologico in senso stretto, bensì procede in successione "geografica" per singole pareti e creste sulle quali uomini e donne hanno scritto pagine importanti della storia dell’alpinismo.
La mostra si compone di circa 200 elementi tra fotografie e oggetti (documenti, attrezzatura, libri, periodici) selezionati dai curatori dopo approfondite ricerche bibliografiche e iconografiche in numerosi archivi, musei e raccolte private, nazionali e internazionali. Alcune immagini, come ad esempio quelle relative alla prima ascensione della parete nord (1931) o della via Pitelka (Cecoslovacchi di Sinistra, 1983), sono del tutto inedite in Italia.
La sezione fotografica è articolata in cinque sezioni, corrispondenti alle quattro grandi pareti del Cervino più il settore del Naso di Zmutt. Ognuna di queste è introdotta da una fotografia a colori che riporta con grande precisione i tracciati delle vie alpinistiche sulla montagna. Al lavoro dei curatori si è affiancata, in questo compito particolarmente delicato, l’esperienza di Hervé Barmasse. Alcuni tracciati sono praticamente inediti.
Decadi di ricerche e indagini storiche hanno consentito la compilazione di un’accuratissima cronologia delle imprese sul Cervino, dai primi tentativi agli ultimissimi exploit (1857-2015). L’elenco delle imprese è consultabile in mostra, sia in ordine cronologico che per i diversi settori.
Quando & Dove: 11 Luglio 2015 - Luglio 2016, Museo delle Guide del Cervino, Via Circonvallazione, 2 Breuil-Cervinia www.guidedelcervino.com
Organizzazione:
Società Guide del Cervino e Comune di Valtournenche
Curatela e allestimento:
Alessandro Gogna e Alessandra Raggio
PROGRAMMA COMPLETO CERVINO 150:
www.lovevda.it/it/eventi/cervino-150 e www.cervinia.it
CRESTE E PARETI DEL CERVINO - 150 anni di storia alpinistica (1865-2015)
Una tra le montagne più conosciute del mondo, presente nell’immaginario collettivo di ciascuno: è la ben nota sagoma costituita dalla piramide di roccia, dalle nobili forme e in pieno isolamento, del Cervino 4478 m. Nota come Matterhorn (il corno che poggia sul prato) ai tedeschi e agli inglesi, la montagna che da sempre esercita un fascino straordinario e incondizionato in tutto il mondo, si slancia in posizione isolata fino a un’altitudine di 4478 metri tra l’Italia e la Svizzera, nel tratto montuoso alpino delle Alpi Pennine. La sua cresta nord-ovest, da un lato, e il passo del Teodulo, dall’altro segnano la linea di confine tra i due paesi. Dal versante italiano, il Cervino, nome che gli deriva dallo scienziato ginevrino Horace-Bénédict de Saussure intorno a fine Settecento, si offre imponente a chi risale la valle di Valtournenche, fino alla conca di Breuil-Cervinia, mentre dal lato svizzero si erge la grande parete nord, al di sopra della cittadina di Zermatt e della Mattertal, nel Vallese. L’enorme piramide è definita da quattro creste: la cresta nordest o dell’Hörnli, la nordovest o di Zmutt, la sudovest o del Leone, la sudest o del Furggen, che delimitano quattro pareti altissime. Di queste, solo la parete sud si slancia interamente in territorio italiano, mentre le restanti si affacciano tutte al di là del confine con la Svizzera. Risalta tra tutte l’anomalia della parete nord-nordovest, incuneata tra lo zoccolo della cresta di Zmutt e la parete nord.
A prima vista parrebbe un gigantesco monolite compatto che si erge dai sottostanti ghiacciai che lo circondano su tutti i versanti. La roccia è invece costituita da un insieme di diverse tipologie differentemente modellate dal tempo e dagli agenti esogeni. Le falde sono di gabbro, simile al basalto, rocce eruttive intrusive, dovute al lento raffreddamento di formazioni magmatiche, che ne hanno determinato una struttura granulare evidente anche a occhio nudo. La fascia mediana è invece costituita da gneiss, mentre la punta sommitale da scisti cristallini, entrambe rocce metamorfiche. Questa particolare struttura ha favorito la penetrazione di acqua e ghiaccio, i cui movimenti dovuti al gelo e disgelo, insieme al vento che si infila tra i vari strati, ne fanno una roccia particolarmente e tristemente nota per i distacchi di pietre o addirittura di interi blocchi. Ultimo quello dell’agosto 2003 che provocò una vera e propria "mutilazione" di un tratto della cresta del Leone, il diedro verticale noto come la Cheminée, e cancellò in un attimo questo passaggio storico a 3800 m sulla via normale italiana. Dunque roccia friabile e facilmente erodibile, in genere poco adatta, nonostante il continuo affollato via vai di alpinisti sulle sue pareti e creste, all’arrampicata.
Cervino, Gran Becca, Matterhorn, o ancora "il più nobile scoglio d'Europa", come lo definì l’intellettuale e critico d’arte inglese John Ruskin, sono solo alcuni dei suoi nomi. Pur ammirato dalla bellezza delle sue forme, Ruskin non abbandonò mai il fondovalle, a differenza dei suoi più determinati connazionali, che scrutavano creste e pareti alla ricerca di una via d’accesso alla vetta.
I primi attacchi alla montagna furono di valorosi valligiani, dal 1857 al 1859: i tre tentativi, in uno dei quali era anche il canonico Amé Gorret, principale sostenitore morale dell’impresa, furono condotti da Jean-Jacques Carrel, detto il Cacciatore, Jean-Antoine Carrel, detto il Bersagliere e Gabriel Maquignaz. La Grand Tour fu il punto massimo raggiunto da questi ardimentosi, che certo non avevano bisogno dei clienti per capire quanto potesse essere importante per la valle quella conquista.
Mentre gli inglesi fratelli Parker e John Tyndall provano la cresta dell’Hoernli, il connazionale Edward Whimper, di professione disegnatore e incisore, nel 1860 si spinge fino alle Alpi in Savoia per riportarne vedute di paesaggi. Irretito dalla bellezza trionfante di quelle montagne di roccia e ghiaccio, situate in regioni per lo più inesplorate, egli percorre le Alpi nord-occidentali, aggiudicandosi anche alcune importanti salite. Già attivo nel gruppo del Monte Bianco, il giovane Whymper fa la conoscenza della montagna che lo strega al punto da diventare l’obiettivo della sua esistenza: il Cervino, l’ultima grande cima ancora inviolata! Buon camminatore e alpinista, ha un’unica grande ambizione, quella di vincere il terreno solo parzialmente esplorato durante molti falliti tentativi tra il 1861 e il 1865, talvolta in compagnia della guida Jean-Antoine Carrel.
Il difficile passaggio, poi noto come Enjambée, lungo la cresta sudovest è l’ostacolo che, nel 1862, ferma il suo temibile connazionale, John Tyndall, nella corsa alla vetta. Il susseguirsi delle stagioni alpinistiche e degli infruttuosi tentativi acuiscono la determinazione di Whymper. A fronte delle esitazioni di Carrel, sollecitato da una volontà politica che voleva Quintino Sella, allora ministro del primo governo La Marmora e buon alpinista, a sottrarre la conquista agli inglesi, Whymper aggira l’ostacolo e la montagna. Cerca compagni di cordata tra le guide svizzere. Intuizione corretta che gli vale alle 14,30 del 14 luglio 1865 la prima ascensione assoluta lungo la cresta dell’Hörnli, l’attuale via normale svizzera. In squadra ha le guide Michel Croz, Peter Taugwalder senior e Peter Taugwalder junior, oltre agli alpinisti Robert Hadow, lord Francis Douglas e il reverendo Charles Hudson. Sulla via di discesa si compie una grande tragedia: per Croz, Hadow, Hudson e Douglas un caduta fatale di mille metri. In parete, quello stesso giorno, c’è anche Jean-Antoine Carrel con la sua squadra, intento ad attrezzare l’itinerario per un’eventuale "prima" ascensione del ministro Sella. Si accorge del rivale giunto in vetta, perciò si ritira. Convinto a ripartire, a pochi giorni di distanza compie con Jean-Baptiste Bich la seconda ascensione e la prima salita della più tecnica cresta del Leone, sul versante italiano. Una vita dedicata al Cervino, nel 1890, Carrel inanella la sua cinquantunesima e ultima scalata, in compagnia del cliente Leone Sinigaglia e di Charles Gorret, che porta in salvo dal maltempo: poi muore di sfinimento nel luogo dove oggi sorge la cosiddetta Croce Carrel.
Con la vittoriosa salita al Cervino della cordata di Edward Whymper, si chiude il periodo esplorativo dell’alpinismo: da allora in poi la difficoltà non è più aggirata, ma appositamente ricercata per compiere imprese tecnicamente sempre più complesse.
Delle quattro creste, quella di Zmutt è salita da Albert F. Mummery con le guide Alexander Burgener, Johann Petrus e Augustine Gentinetta nel 1879, mentre l’ultima ad essere vinta è quella di Furggen che, nel 1911, capitola ad opera del fotografo esploratore e regista Mario Piacenza, con Jean-Joseph Carrel e Joseph Gaspard. La più famosa, e anche la più frequentata, delle pareti è la nord, considerata a suo tempo uno degli ultimi tre "problemi" delle Alpi, insieme alla Nord dell’Eiger (Heckmair-Vörg e Kasparek-Harrer, 1938) e delle Grandes Jorasses (Peters-Meier, 1935). La Nord del Cervino è la prima a "cedere" all’assalto dei due fratelli tedeschi Franz e Toni Schmid, già alpinisti affermati ed esperti, esponenti della Scuola di Monaco, nel 1931: una delle pagine più importanti della storia dell’alpinismo.
Le altre tre pareti del Cervino, est, sud e ovest cedono alla forza di Luigi Carrel, detto Carrellino, che con vari compagni le sale tutte e tre dal 1931 al 1947. Sempre sulla Nord, Walter Bonatti compie un’altra impresa straordinaria, con la prima solitaria e invernale su una nuova via, con cui conclude la carriera alpinistica, nel 1965. Non trascorre neanche un lustro e anche sul Naso di Zmutt è tracciata una nuova via dalla cordata di Alessandro Gogna e Leo Cerruti nel 1969. Sul Naso si susseguono le aperture di altri itinerari, uno ad opera di Michel Piola con Pierre-Alain Steiner, due di Patrick Gabarrou (Free Tibet con Cesare Ravaschietto e Aux amis disparus con Lionel Daudet), l’ultimo di Robert Jasper e Reiner Treppte: percorsi che rispecchiano al massimo grado l’evoluzione continua dell’esplorazione alpina. Nell’ultima decade è soprattutto la guida del Cervino Hervé Barmasse che porta avanti il discorso esplorativo. La sua salita solitaria nel 2011 della via diretta alla parete sud-est del Picco Muzio ne è la prova più convincente.
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