Parete del Silenzio, nuove vie d'arrampicata in Valle del Lys

Walter Polidori presenta la Parete del Silenzio, una bella fascia di roccia in Valle del Lys (Valle di Gressoney) sulla quale sono state tracciate recentemente tre nuove vie d'arrampicata.
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La memoria del chiodo, Parete del Silenzio, Valle del Lys: tiro 1
Walter Polidori

L'è mea vèra che nel silenzio
dorma dumà la malincunìa…

Davide Van De Sfroos

Una parete vergine, mai salita e visibile dalla strada? Scherziamo, oggi che "tutto" o quasi è stato fatto? E invece c’è ancora tanto da fare. Certo che bisogna avere un po’ di fantasia e abituarsi a guardare, ad essere curiosi. Continuo a testa bassa con la convinzione che l’alpinismo di ricerca e di esplorazione, di apertura, è la massima espressione della creatività in montagna.

La Parete del Silenzio, come l’ho chiamata io, l’ho trovata cercandola, cercando qualcosa di nuovo senza sapere bene cosa. Salendo nella valle di Gressoney, una domenica mattina in cui non avevo voglia di fare altro che trovare pareti, mi sono diretto a Gaby per vedere da vicino una parete che poi si è rivelata veramente brutta ed erbosa. Non tutte le ciambelle riescono col buco, ma le occasioni vanno create. E’ così che guardandomi in giro transitando con l’auto sulla strada principale, ho avuto la possibilità di vedere questa parete, dominante una valle laterale all’altezza di Lillianes. Ho cercato e trovato una strada per salire il più possibile verso la parete, ma le nuvole l’hanno coperta. E’ stata solo una visione, un invito ed una sfida. Guardie forestali trovate sul posto mi hanno confermato che non ci sono informazioni di vie alpinistiche e di persone che l’hanno salita. E’ così che è nato il progetto.

Senza carte topografiche, un paio di mesi dopo mi trovo con Carlo (Carlo dal Toè) ad arrancare sotto il peso dello zaino verso la parete. Non sappiamo come raggiungerla, seguiamo un sentiero che poi perdiamo e ci facciamo strada tra arbusti, spine, erba, per poi individuare un sentiero che arriva quasi all’altezza della parete… Da lì con un po’ di intuito ne raggiungiamo la base.

Per Carlo è la prima apertura, sono contento di condividere questa avventura con lui. Saliamo cercando di aprire in ottica classica usando solo friend, e chiodi quando necessario. La parete è un po’ sporca di erba, ma la roccia è solida e accetta abbastanza bene le protezioni veloci. Un primo tiro non molto bello anticipa un secondo tiro già interessante. Nel terzo tiro un traverso ci porta ad una zona di parete più compatta, dove Carlo apre un tiro di VI superiore che è uno spettacolo. Anche il successivo tiro che tocca a me è veramente bello. Abbiamo aperto cinque tiri per ora, è indescrivibile l’emozione che porta aprire nuovi tiri, sapendo che nessuno è passato di lì.

E’ già autunno inoltrato, le ore di luce sono limitate e la "ravanata" nei rovi ci ha fatto perdere un sacco di tempo. Decidiamo quindi, a malincuore, di scendere. Le soste lasciate ci permettono di raggiungere la terza sosta, ma da lì è difficile tornare all’attacco, visto l’andamento obliquo iniziale della via. Così ci caliamo sulle placche sottostanti e troviamo un vecchio albero secco che fa al caso nostro. Una ulteriore doppia ci riporta a terra.

Calandoci abbiamo modo di constatare il potenziale della parete, non posso che essere fiero di questa "scoperta". Siamo felici, il progetto è aperto e ben fattibile, l’avventura è iniziata. Mi basta guardare le espressioni di Carlo per capire quanto è soddisfatto, e questo vale ancora di più dell’apertura stessa. Lo capisco, io ho aperto qualche via, ma la prima ti rimane nel cuore, non dimenticherò mai cosa ho provato nella prima esperienza.

In aprile dopo diversi, troppi mesi di attesa, decidiamo di proseguire quanto iniziato. Per tutto il sentiero non vediamo anima viva, a parte quattro pecore e una aquila che volteggia alta. Con me e Carlo ci sono altri due amici: Max (Massimo Camba) e Pelo (Alessandro Pelo). Sono stati attratti dalla nostra storia, e partecipano alla "spedizione". All’attacco della parete individuano una linea a sinistra della nostra, così che saliamo in parallelo, due aperture in contemporanea!

Io e Carlo ripercorriamo senza problemi i primi cinque tiri, poi ricominciamo con i dubbi e l’adrenalina della scelta della linea da seguire. Rocce buone si alternano a rocce più delicate. In particolare, il settimo tiro si dimostra particolarmente ostico. Inizio tentando un diedro con strapiombi che in realtà è molto difficile e in alcune zone poco proteggibile; è così che opto per un diedro più appoggiato alla sua destra. E’ visibilmente più sporco di muschio e umido, ma ci provo. Mi ritrovo a lottare con una placca dove i piedi non tengono e una micro fessura dove entra solo qualche chiodo o microfriend precario. Alla fine, con un po’ di artificiale e qualche imprecazione, riesco ad uscire sul facile e ad arrivare ad una caratteristica finestra creata da un grosso blocco. Da lì si intravede la parte finale della via, e gli amici che stanno arrivando da sotto. Il diedro successivo, all’apparenza sporco, in realtà regala una bella arrampicata e porta giusto venti metri sotto la cima. Il tiro successivo è di assoluto relax e lo "regalo" a Carlo, perchè arrivi per primo in vetta. Nasce così Carlito’s Way.

Max e Pelo negli ultimi due tiri salgono la nostra linea, arrivando in cima poco dopo di noi. Hanno aperto Carlo davanti, dietro tutti quanti, una via con alcuni tiri molto belli.
E’ una grande gioia trovarsi tutti e quattro appesi al cordone che abbiamo posizionato sulla cima; anche per Max è la prima apertura. Scendiamo inventandoci della calate in doppia, per poi unirci a quelle finali già usate nella prima visita alla parete. Il ritorno a valle è tranquillo e ci permette di girarci più volte verso la parete, cercando di individuare le linee disegnate. Alla macchina si fa festa, siamo stati bravi, ma soprattutto abbiamo vissuto una bella avventura, provando ciò che la vita nella società "moderna" non riesce a dare.

Un mese dopo l’apertura torna la voglia di arrampicare su questa parete. Io e Max partiamo per un’altra avventura, con il proposito di aprire ancora una nuova via, più diretta. Arrivati alla base della parete facciamo un po’ di ricognizione, ci spingiamo fino al suo limite sinistro per cercare delle nuove linee intuite nelle fotografie. Purtroppo non troviamo ciò che cerchiamo. Qui senza l’uso sistematico di fix è impossibile salire con delle buone protezioni. Decidiamo allora di partire dalla via aperta da Max e Pelo, per spingerci poi più a sinistra. E’ così che nascerà La memoria del chiodo, una nuova via che è in realtà un mix di tiri di Carlito’s Way e Carlo davanti, dietro tutti quanti, con l’aggiunta di nuovi tiri, il tutto per ottenere una linea che risulti la più diretta possibile e passi nelle zone di roccia migliore, mantenendo però la classicità delle linee precedenti, quindi senza l’ausilio di fix. Max è stato veramente bravo, e ancora una volta siamo felici per la nuova creazione, qualcosa di nostro che nessuno ci potrà togliere.

Le tre vie sono assolutamente classiche, la parete e le linee sono estetiche; presentano tratti impegnativi e necessitano di esperienza alpinistica per poterle ripetere. I chiodi in via sono pochi, si usano spesso friend di varie misure e occorre chiodare. Forse in futuro chioderemo e puliremo qualcuna di queste vie, ma non ne siamo sicuri. Per ora ci sembra bello poter lasciare questa parete selvaggia quasi come l’abbiamo trovata, perché terreni come questo sono merce rara.

La Parete del Silenzio è una parete dove si può godere del silenzio che questo angolo di montagna riesce a regalare; se andrete a ripetere una delle tre vie aperte, ascoltate questo silenzio a cui non siamo più abituati, un silenzio che dice di più di tante parole.

Quando arrivi in cima continua a salire…

di Walter "Pres" Polidori


SCHEDA: Carlito’s Way, Valle del Lys Valle di Gressoney

SCHEDA: Carlo davanti, dietro tutti quanti, Valle del Lys Valle di Gressoney

SCHEDA: La memoria del chiodo, Valle del Lys Valle di Gressoney




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