Guvercinlik Valley, Turchia: nuove vie per Sterni, Florit, Larcher e Oviglia
08/2006 Mauro Florit, Marco Sterni, Rolando Larcher e Maurizio Oviglia e le nuove vie nella Guvercinlik Valley, massiccio dell'Ala Daglar (Turchia). Come to derwish, italian guys! Se le vie possono essere differenti, lo scopo è uno solo… due team, un viaggio e un'avventura comune raccontati da Maurizio Oviglia.
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Guvercinlik Valley, Ala Daglar, Turchia: gli spazi dell'Ala Daglar, sullo sfondo il Demirkazik
archivio Rolando Larcher, Mauro Florit, Maurizio Oviglia, Marco Sterni
Nella prima quindicina di agosto 2006 Mauro Florit (CAAI), Marco Sterni, Rolando Larcher (CAAI) e Maurizio Oviglia (CAAI), hanno aperto alcune nuove vie nella Guvercinlik Valley, una valle laterale della Emli Valley, nel massiccio dell'Ala Daglar (Turchia). Questa catena di montagne è già stata oggetto di ripetute spedizioni da parte di italiani, fin dal 1955. Nel 2005, gli stessi Larcher e Oviglia, insieme a Paissan, avevano aperto due difficili vie moderne nella catena. Le montagne salite sono state quotate col GPS ed è stata proposta una nuova topografia, sulla base di quella già esistente e in accordo con gli alpinisti locali. La Guvercinlik Valley è caratterizzata dalla parete W del Guvercinlik, un'impressionante muraglia di 600 m conosciuta col nome di Tranga Wall. COME TO DERWISH, ITALIAN GUYS! Se le vie possono essere differenti, lo scopo è uno solo… (Mevlàna) di Maurizio Oviglia team: Mauro Florit, Marco Sterni - Rolando Larcher, Maurizio Oviglia Siamo partiti in quattro, con la stessa destinazione dell'estate scorsa, e questo potrebbe già essere un indizio. Fosse una spedizione, una vacanza o qualcos'altro, non lo so. So solo che mia moglie, baciandomi sulla porta di casa, mi spedì con un ironico “Buon lavoro!”. Avrei preferito un classico “Divertiti, tesoro!”, oppure un “Rilassati, almeno tu che puoi partire…”. C'era di che riflettere! D'altra parte preferivamo spendere i nostri soldi assicurandoci il biglietto per una destinazione dove probabilmente avremmo imprecato, sudato e faticato, piuttosto che sperperarli in una località balneare… siamo fatti così! L'aereo che atterrò ad Ankara vide scendere quattro alpinisti non più di primo pelo, con più di 25 anni ciascuno di carriera verticale sulle spalle… in altre parole tutti potevano vantare quarant'anni di vita ben vissuti, al massimo, senza averne sprecato neanche un minuto. Per tutto il viaggio non avevano fatto altro che parlare montagne, di pareti, di progetti per il futuro… ed in questo si erano subito riconosciuti, come fossero amici da sempre. Si erano incontrati a Monaco, allo scalo intermedio, dato che ognuno di loro viveva in una città diversa. Le loro vite si sarebbero intrecciate per quasi 15 giorni, lontano da casa, in una sperduta catena di montagne della Turchia. Il nastro bagagli scaricò due enormi colli con la scritta “HEAVY”. Due zaini apparentemente piccoli e leggeri appartenevano invece agli altri due. I sacconi contenevano un trapano e una consistente quantità di pezzi di metallo luccicante, strani uncini di metallo, barrette, una tenda, scarpette etc. Negli altri due zaini, quelli che al confronto parevano leggeri, corde, chiodi da roccia di ogni dimensione, dadi trapezoidali di metallo e strani aggeggi che sembravano cavolfiori metallici… una tendina comprata al supermercato il giorno prima, buona più per dormire in spiaggia che in montagna. Tutto questo vide la ragazza della dogana con una semplice radiografia. Si grattò il mento perplessa e pensò che questi scalatori certamente dovevano viaggiare insieme, pur avendo un assortimento di materiale diverso. Perché mai quelli del saccone si portavano appresso un trapano e gli altri no? E cosa ci avrebbero fatto, con un trapano in agosto, sugli altipiani infuocati dell'Anatolia? Era una spedizione alpinistica o i suddetti intendevano aprire un negozio di ferramenta ad Ankara? Marco e Mauro hanno già aperto una via. Noi invece siamo ancora qui a battagliare con i primi due tiri di questa parete bastarda, che i locali chiamano Tranga, perché ricorda loro le Torri del Trango. Ma a noi non le ricorda per niente, e il calcare si presenta quanto mai ostico per chi vuol salire dal basso facendo le cose per bene! A destra ci sono degli spit che finiscono dopo soli 30 m con un moschettone di calata. E' un tentativo degli svizzeri di due anni fa, così abbiamo scoperto, gente forte. Scesi di qui hanno aperto una via di 7c dall'altro lato della valle. Se hanno rinunciato, vorrà dire qualcosa? La parete fugge verso il cielo infinita, se la guardi da sotto, ne vedi solo metà. Pure questo forse è un messaggio. Mi prende lo sconforto: se è tutta così, non avrò mai le forze per arrivare alla fine del “lavoro”. Ed ho la sensazione di trovarmi nel posto sbagliato. Anche Rolly è nervoso, sa che solo due tiri e mezzo in un giorno, su una parete di 600 m è pochino, col tempo che ci resta. Ma siamo solo in due, e tanto vale stare zitti e cercare di dare il massimo, oramai siamo in ballo e dobbiamo ballare. Intanto Marco e Mauro ci salutano da sotto. Sembrano felici. In quattro ore hanno aperto una bella via e raggiunto una cima. Noi siamo a 100 m dalla base, e ci abbiamo messo dodici ore per arrivarci. Alle due il sole gira e illumina la muraglia. A quel punto sembra davvero che si possa continuare a scalare, che non si sta poi così male. E invece inesorabilmente il sole ti secca la bocca e ti bombarda la testa, pur protetta dal casco. Bere serve, ma non a molto, i crampi sono in agguato e le nostre scorte d'acqua non sono infinite... quindi quando bevi senti l'occhio del compagno che ti controlla... bruttissimo! Il recupero del saccone poi ti sfinisce e brucia quel poco rimasto nelle braccia. Ecco perchè alla sera, dopo una giornata da 20 ore, non riesci a stare più in piedi. Almeno io barcollo verso la tenda, e se non morissi dalla fame, mi butterei direttamente nel sacco a pelo. Ora siamo al campo, invaso dalle mosche e dalle api, che sembrano quasi impazzite per il caldo e la siccità. Solo dopo il tramonto ritorna la calma. Marco e Mauro brindano con la birra alla loro nuova e bellissima via, sulla cima a destra della nostra. Hanno superato 600 m e sono arrivati su una montagna mai salita. In cima hanno costruito un ometto, un baba come lo chiamano qui, ed hanno rilevato la quota col gps. Poi sono scesi in doppie. Anche noi abbiamo finalmente terminato la nostra via, dato che la parte alta era relativamente facile. Una svolta imprevista! Ma toccherà un'altra dura giornata per liberarla, e non sarà una passeggiata. Sulla cima, a oltre 3000 m, c'erano quasi 30 gradi! Ci hanno detto che quel giorno ad Adana, il termometro ha toccato i 56 gradi. Ma come possiamo crederci? D'altra parte da giorni non si vede neanche una nuvola nel cielo. La notte è illuminata da una luna enorme, che disegna i profili delle valli e delle creste di questo infinito paradiso che è l'Ala Daglàr. Io mi rivolto nel sacco a pelo e sogno di avere ancora addosso l'imbrago che mi sega le gambe. Oggi in parete ci ha accompagnato anche Recep, che in questi giorni ci ha ospitato. Ci ha dato la sua casa, come se fosse la nostra. Ora però Recep è sospeso su un vuoto stomachevole che ansima sui jumar ripetendo in continuazione “Allah, Allah!”. Ansimo anche io sul traverso obbligatorio del mio tiro, dove un piede sembra volermi scivolare da un momento all'altro e non vedo più l'ultima protezione che dovrebbe fermare il rovinoso pendolo. Recep scatta foto e riprende con la cinepresa. Rolly ride e scalpita di sotto. Ha freddo, dice. Io muoio di caldo e mi sudano le mani, i piedi mi fanno male. “Good job, good job, guys!”, ripete in continuazione Recep. Oggi il suo regalo più bello sarà la cima di questa torre così inaccessibile, su cui saranno salite cinque o sei persone in tutto. Potrà mostrare con orgoglio le foto ai suoi amici. Gli ultimi due giorni li abbiamo spesi a due passi dalla casa di Recep e Zeynep, in un canyon di conglomerato e calcare, dove i nostri amici turchi hanno cominciato ad attrezzare una zona di arrampicata sportiva. Ci sembra un posto fantastico, con un potenziale enorme. La chiamano la Kazikli Valley, perché 100 anni fa un tizio di nome Kaziliki salì una fessura strapiombante solo conficcandoci dei bastoni a mò di pioli. Voleva nascondere il suo miele in una piccola grotta. Sebbene sull'altipiano ci siano 37 gradi, quaggiù tira un vento fresco e secco. E così si scala anche in pieno agosto. Zeynep, una delle più forti scalatrici turche, prova uno dei due tiri che le ho regalato. Rolly battaglia con uno spigolo infinito e strapiombante, dove ha voluto piantare anche l'ultimo bolt rimasto. Marco si muove su un muro a presine microscopiche con la sua consueta eleganza, tanto che è un piacere vederlo scalare. Mauro invece sta per fondere la sua nuova Nikon. Il viaggio insomma è finito, solo 13 giorni, che ci sono sembrati lunghissimi. Ce ne andiamo con gli occhi pieni di luce e di pareti vergini, quindi mi sa proprio che quaggiù torneremo ancora. Per la nostra via, considerato il tormentone, ci starebbe bene il nome “Good job!”, ma Zeynep ci propone qualcosa di più sottile, un modo di dire di Mevlàna, un poeta mistico Sufi vissuto nel 1200 in questa zona. “Qui diciamo come to derwish…”, dice, “per invitare tutti, di qualsiasi fede e razza siano, a venire e lasciarsi incantare dalla danza, perdendosi in essa, raggiungere l'estasi…” “Come to derwish, italian guys!”, sembra sussurrare Zeynep quando la mattina carichiamo i bagagli sul Kangoo impestato dal fumo del vecchio taxista. di Maurizio Oviglia GUVERCINLIK VALLEY (Turchia) LOWER GUVERCINLIK (TRANGA TOWER), 3000 m, parete W Via “Come to derwish” - Rolando Larcher e Maurizio Oviglia, aiutati da Recep Ince, 3/5/7 agosto 2006- Rotpuntk 10 agosto 2006 600 m - 7b max (7a obbligatorio). La via vince con percorso logico l'impressionante parete W della torre, già oggetto di un tentativo da parte dello svizzero Giovanni Quirici, nel 2004. Sulla parete SW esisteva invece già una via, pure questa con uso di spit, aperta da sconosciuti, presumibilmente cecoslovacchi. La nuova via presenta una scalata esigente e continua nei due terzi iniziali. In posto 65 spit, più le soste. Portare cordini per clessidre. Utili piccoli friend, non usati dagli apritori. Tratti obbligatori esposti.
MIDDLE GUVERCINLIK, 3185 m, parete W Via “Italian Classic” - Mauro Florit e Marco Sterni, 4/5 agosto 2006 - 600 m - VI+ max. Scalata bellissima che, ha detta degli apritori, merita di divenire una grande classica. Uno spit a sosta, piantato a mano. In posto chiodi. Discesa in doppia. La cima raggiunta era, con tutta probabilità, vergine.
UPPER GUVERCINLIK, 3183 m, parete W Via “Remembering 1955” - Mauro Florit e Marco Sterni, 8 agosto 2006 - 500 m - VI+ max. Bella scalata su roccia molto bella. Soste attrezzate.
YENICERI DAGI, 3073 m, parete E Via “Ocio muli!” - Mauro Florit e Marco Sterni, 3 agosto 2006 - 210 m - VI+ max. Bella scalata su roccia molto bella, poco proteggibile. Quattro chiodi in posto.
KAZILIKI VALLEY Natural woman, 7b (Maurizio Oviglia) The king of Ala Daglar, 7b+ (Maurizio Oviglia) Trans Ala Daglar, 7c+ (Rolando Larcher) INFO Per ogni altra informazione sulle vie o sulla logistica nel massiccio dell'Ala Daglar contattare Maurizio Oviglia (movigli@tin.it) o Recep Ince (incerecep@yahoo.com) SPECIAL THANKS Desideriamo ringraziare Recep e Zeynep Ince per l'ospitalità e l'aiuto logistico. Mauro Florit e Marco Sterni ringraziano la Società Alpina delle Alpi Giulie Rolando Larcher ringrazia per l'attrezzatura tecnica North Face, La Sportiva, Kong e Lizard Maurizio Oviglia ringrazia per l'attrezzatura tecnica La Sportiva, Kong ed E9
Nelle foto, dall'alto: L'incredibile monolito del Parmakkaya (ph R. Larcher); Mauro Florit e Marco Sterni; Maurizio Oviglia e Rolando Larcher sulla prima parte di Come to Derwish (ph M. Florit); Rolando Larcher in vetta al Lower Guvercinlik, sullo sfondo il Kaldi (ph M. Oviglia); Mauro Florit bivacca al freddo e al gelo (ph M. Sterni). |
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