Generazioni, nuova via sugli Spalti di Toro
G. Meneghin, M. Bergamo, F. Durigon, D. Stefani, L. Del Favero hanno aperto la nuova via ‘Generazioni’ (200m, max 6c+/7a) per ricordare il lo compagno del Gruppo Ragni Pieve di Cadore, Lanfranco Cattel.
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Via Generazioni
arch. Gianmario Meneghin
Gianmario Meneghin, Maurizio Bergamo, Flavio Durigon, Diego Stefani, Lucia Del Favero hanno aperto, tra il 2006 e il 2007, una nuova via sulla Cima Maddalena nel Gruppo degli Spalti di Toro (Dolomiti sud orientali) dedicata al loro compagno del Gruppo Ragni di Pieve di Cadore Lanfranco Cattel.
La via a cui è stato dato il nome di “Generazioni” percorre la parete nord della Cima Maddalena ed è stata aperta dal basso con chiodi e spit, ha uno sviluppo di 200 metri e supera una difficoltà massima di 6c+/7a. Come scrivono i primi salitori, Generazioni: “Passa da dei grigi, un po' instabili sui tre tiri facili, ad una roccia sanissima che và dal nero all'arancio con un'arrampicata tecnica e atletica (vedi scheda).”
L’iter di apertura è in parte comune a molte delle vie che ogni anno vengono (ancora) aperte sulle Dolomiti e altrove per esprimere la passione per l’arrampicata e per la montagna. Per questo ci sembra giusto riportare il racconto di come (e perché) è nata questa nuova linea.
Cima Maddalena via “Generazioni” di Gianmario Meneghin
Vado in falesia a Vallesella con il Dottor (Maurizio Bergamo) e l’uomo dei tetti (Flavio Durigon), uno chiamato Dottor da quando è laureato in biologia e l’altro uomo dei tetti non per la sua dote arrampicatoria sugli strapiombi, ma perché falegname lattoniere, lì tra un tiro e l’altro viene fuori l’idea e la voglia di andare ad aprire una via nuova insieme per poterla dedicare ad un componente come noi dei Ragni scomparso di recente (Lanfranco Cattel). La proposta viene subito appoggiata da tutti , manca solo trovare il posto su cui tracciare una linea nuova. Dopo qualche giorno mi viene in mente uno scudo grigio sovrastato da una serie di tetti gialli nei pressi della forcella Scodavacca sulla Cima Maddalena e, motivato dall’idea di una nuova linea dove nessun è mai passato, il primo pomeriggio libero prendo binocolo e macchina fotografica e corro su a vedere.
Arrivo alla base con ancora parecchia neve accumulata dalle slavine scese dal ghiaione e lì intravedo la possibilità di salire con una linea quasi verticale, attraverso dei tetti. Faccio due foto e le faccio vedere ai miei due soci e, anche loro entusiasti della linea, sono pronti a cominciare questa piccola avventura un po’ per la via e un po’ per ritrovasi a scalare noi tre in montagna. Data la severità dei tetti preparo corde, friend, trapano e spit di modo da lasciare delle protezioni bomba nei passaggi più duri e sulle soste. Carichiamo tutto il materiale nel saccone e sabato 17 Giugno a mezzogiorno, visto che entrambi lavoriamo la mattina, partiamo io e Flavio per cominciare la via nuova (il dottor era impegnato).
Dopo una bella sudata in mezzo ai “baranci” sotto il sole, carichi da paura, arriviamo all’attacco con dei nuvolosi che diventano sempre più minacciosi e gonfi, facciamo a tempo a mettere giù gli zaini e i nuvoloni da grigi diventano in pochissimo tempo nero/viola… il meteo di Arabba aveva dato temporali ma non credevo così presto. Alla prima goccia grossa come un uovo ci diamo una rapida occhiata leviamo i ferri e il trapano dagli zaini, che lasciamo nascosti alla base, e con un fulmine che ci dà lo start cominciamo a correre in direzione del rifugio Padova sotto un muro d’acqua e con un buio che sembra notte. Arriviamo in rifugio e li con due birre e una maglietta prestataci da Paolo (il gestore che è sempre molto ospitale oltre che un appassionato di montagna e cuoco eccezionale) chiudiamo con un nulla di fatto la prima giornata. Il giorno dopo, domenica, visti gli impegni dei due miei soci, vado a liberare un’altra via che avevo aperto l’anno scorso sull’ultimo spirito (Cadini). Per cui tutto è rimandato al sabato successivo.
Sabato. Appuntamento al campo sportivo di Domegge. Carichiamo gli zaini sul Pick Up e via altro tentativo. Su in forcella come le frecce, ci imbraghiamo e parte il Dottor con il primo tiro… Comincia a piovere, mi recupera, metto giù una sosta, doppia e a casa. Comincio a rompermi di questi temporali anche perché arrivare all’attacco non è come si dice”il giro dell’orto”. Domani hanno dato pioggia e il prossimo weekend lavoro,così si continua a posticipare.
Martedì mattina guardo il meteo che dà tempo fantastico ancora per due giorni (è già un po’ che è bello e stabile) allora chiamo il “Dottor” e gli dico ”domani ci prendiamo un giorno di ferie e gli diamo un bel colpo a questa via” la risposta è un entusiastico ”Fatta!”. Mercoledì mattina, ore 05.45, apro lo scuro e guardo fuori: tempo fantastico, bene si và. Puntualissimo il Doc arriva al campo sportivo di Domegge e andiamo. Dalla macchina in un’ora arriviamo all’attacco giusto in tempo per vedere 17 camosci attraversare il ghiaione davanti a noi,oggi sembra tutto preparato per essere il top.
Parte Maurizio che và su sicuro fino alla sosta che avevamo lasciato la volta prima, mi recupera e vado io fino ad una cengia comoda, su uno spuntone recupero Maurizio che scavalca lo spigolo e arriva alla base dei grigi verticali, butta giù un ancoraggio e da lì vado io. Mi alzo dalla sosta faccio due metri e appena carico il piede sinistro l’appoggio si spacca e resto appeso sulle mani…. non è il massimo per rimanere lucidi rischiare di volare subito al primo passaggio un po’ più hard. Ma, come detto prima, la giornata è troppo bella, e allora via decisi su roccia da bella a bellissima passando dal grigio al nero per finire nella nicchia gialla - che avevo visto dal sentiero - giusto a metà parete. Più che una nicchia è una grotta comodissima dove faccio una sosta sul tetto in modo da potersi calare comodamente e allo stesso modo essere comodi e al riparo anche per far sicura al compagno nel tiro dopo,tiro che tocca di nuovo al Doc.
Abituato a ripetere vie, per cui con meno materiale possibile, Mauri caricato di trapano, fa l’elenco di tutti i Santi del Paradiso e sbuffando come una pentola a pressione comincia un tiro bellissimo su roccia che passa dal nero al rosso scuro. I primi metri sembra un po’ incerto, ma poi la molla su anche sui passaggi più ostici, incurante (o quasi) di tutto l’armamentario che si deve tirare dietro. Trova una linea di arrampicata molto elegante e divertente passando tra due pilastrini sospesi grandi come un banco di scuola: pilastrini da guardare e non toccare che contrastano tutte le leggi sulla gravità. Mi recupera in sosta e adesso viene un tiro strapiombante nero.
Il Doc mi passa la corda statica da 5mm che usiamo per tirare su il trapano e dopo aver ravanato nel sacco ci accorgiamo di aver finito gli spit, tocca rimandare la cima ancora una volta, non importa sarà per il prossimo giro,però oggi gran giornata. Altro che rimandare comincia la stagione delle piogge e del freddo, tanto che a ferragosto nevica fino a 2000 metri, e la cosa và rimandata alla primavera prossima, del resto come diceva un mio amico
”BEATO AL TEMPO CHE AL FA’ QUEL CHEL’VO’”
Dopo un inverno secco e privo di neve con temperature incredibilmente calde per la stagione arriva finalmente l’estate. Oggi è Sabato 4 agosto, è passato un anno da quando abbiamo cominciato questa piccola avventura e visto che oggi ho il pomeriggio libero prendo il mio bel saccone con il materiale e vado a farmi i primi tiri della nuova via in auto sicura, con l’intento di mettere una corda fissa in modo che il giorno dopo possa risalire fino a dove avevamo interrotto l’anno scorso.
Salendo per il sentiero, di ritorno da una via, altri due compagni “Ragni”, Diego Stefani Guida Alpina e Maestro di sci, e Lucia Del Favero forte alpinista e atleta. Dopo una breve sosta e due risate ci si saluta e ogni uno per la propria strada. Arrivo all’attacco. Mi metto l’imbragatura,un po’ in pensiero (perché scalare da solo è sempre più rischioso che scalare assicurato da un compagno) e poi, dopo aver pensato bene al da farsi, comincio a scalare molto attento e teso i primi passaggi e poi più tranquillo e rilassato. Arrivo alla sosta che volevo ,metto la corda fissa e mi calo. Il sistema che uso per scalare da solo funziona bene e perciò domani torno e finisco la via ho deciso. La sera a casa mi chiama Diego e sapendo il mio intento di finire la via da solo (cosa piuttosto faticosa e laboriosa) si offre gentilmente di accompagnarmi assieme a Lucia, in modo da potermi levare il peso della autosicura, grato per la cosa gli do appuntamento per il giorno dopo.
Puntualissimi domenica mattina ci troviamo sotto casa mia trasferiamo il materiale sulla mia macchina e andiamo al Rifugio Padova e dopo aver diviso il peso negli zaini andiamo in forc.Scodavacca e da li all’attacco della via. Faccio andare avanti Diego e Lucia in cordata cosi si provano i tiri che avevamo chiodato fino al tiro sopra la nicchia e io salgo prima sulla fissa e poi arrampicando. Nella comodissima nicchia che ormai chiamo “albergo”, dove c’è il libro di vetta e la targa con il nome della via (regalataci da Mario Bruno altro Ragno), e mentre gli altri si godono la stupenda roccia arancio/nera dell’ultimo tiro, preparo l’occorrente per finire di chiodare gli ultimi due tiri, poi appena Lucia arriva in sosta viene ricalata nel nostro albergo e parto su io.
Vado in sosta da Diego e da li dopo una pacca sulla spalla comincio. Arrivo tranquillo fino a dove avevo messo l’ultima protezione, e vado avanti fino a un tettino che mi fa scoppiare le braccia e, per non saltare giù metto, un friend traballante al limite mi riposo e dopo aver visto che il friend era incastrato su una piastra traballante continuo su fino a una piccola cengia dove faccio sosta. Diego mi raggiunge riparto e arrivo finalmente in cima accolto da un sole caldo come un abbraccio. Adesso felice torno assieme agli altri a valle, al rifugio Padova, dove Paolo, il gestore, ci aspetta. Bella montagna, belle emozioni e bravi compagni, questa piccola via meritava di essere aperta per ricordare Cicci e per ricordarci quanto bello sia andare a scalare e condividere queste emozioni con gli amici.
Gianmario Meneghin Gruppo Ragni Pieve di Cadore
vai alla scheda della via
La via a cui è stato dato il nome di “Generazioni” percorre la parete nord della Cima Maddalena ed è stata aperta dal basso con chiodi e spit, ha uno sviluppo di 200 metri e supera una difficoltà massima di 6c+/7a. Come scrivono i primi salitori, Generazioni: “Passa da dei grigi, un po' instabili sui tre tiri facili, ad una roccia sanissima che và dal nero all'arancio con un'arrampicata tecnica e atletica (vedi scheda).”
L’iter di apertura è in parte comune a molte delle vie che ogni anno vengono (ancora) aperte sulle Dolomiti e altrove per esprimere la passione per l’arrampicata e per la montagna. Per questo ci sembra giusto riportare il racconto di come (e perché) è nata questa nuova linea.
Cima Maddalena via “Generazioni” di Gianmario Meneghin
Vado in falesia a Vallesella con il Dottor (Maurizio Bergamo) e l’uomo dei tetti (Flavio Durigon), uno chiamato Dottor da quando è laureato in biologia e l’altro uomo dei tetti non per la sua dote arrampicatoria sugli strapiombi, ma perché falegname lattoniere, lì tra un tiro e l’altro viene fuori l’idea e la voglia di andare ad aprire una via nuova insieme per poterla dedicare ad un componente come noi dei Ragni scomparso di recente (Lanfranco Cattel). La proposta viene subito appoggiata da tutti , manca solo trovare il posto su cui tracciare una linea nuova. Dopo qualche giorno mi viene in mente uno scudo grigio sovrastato da una serie di tetti gialli nei pressi della forcella Scodavacca sulla Cima Maddalena e, motivato dall’idea di una nuova linea dove nessun è mai passato, il primo pomeriggio libero prendo binocolo e macchina fotografica e corro su a vedere.
Arrivo alla base con ancora parecchia neve accumulata dalle slavine scese dal ghiaione e lì intravedo la possibilità di salire con una linea quasi verticale, attraverso dei tetti. Faccio due foto e le faccio vedere ai miei due soci e, anche loro entusiasti della linea, sono pronti a cominciare questa piccola avventura un po’ per la via e un po’ per ritrovasi a scalare noi tre in montagna. Data la severità dei tetti preparo corde, friend, trapano e spit di modo da lasciare delle protezioni bomba nei passaggi più duri e sulle soste. Carichiamo tutto il materiale nel saccone e sabato 17 Giugno a mezzogiorno, visto che entrambi lavoriamo la mattina, partiamo io e Flavio per cominciare la via nuova (il dottor era impegnato).
Dopo una bella sudata in mezzo ai “baranci” sotto il sole, carichi da paura, arriviamo all’attacco con dei nuvolosi che diventano sempre più minacciosi e gonfi, facciamo a tempo a mettere giù gli zaini e i nuvoloni da grigi diventano in pochissimo tempo nero/viola… il meteo di Arabba aveva dato temporali ma non credevo così presto. Alla prima goccia grossa come un uovo ci diamo una rapida occhiata leviamo i ferri e il trapano dagli zaini, che lasciamo nascosti alla base, e con un fulmine che ci dà lo start cominciamo a correre in direzione del rifugio Padova sotto un muro d’acqua e con un buio che sembra notte. Arriviamo in rifugio e li con due birre e una maglietta prestataci da Paolo (il gestore che è sempre molto ospitale oltre che un appassionato di montagna e cuoco eccezionale) chiudiamo con un nulla di fatto la prima giornata. Il giorno dopo, domenica, visti gli impegni dei due miei soci, vado a liberare un’altra via che avevo aperto l’anno scorso sull’ultimo spirito (Cadini). Per cui tutto è rimandato al sabato successivo.
Sabato. Appuntamento al campo sportivo di Domegge. Carichiamo gli zaini sul Pick Up e via altro tentativo. Su in forcella come le frecce, ci imbraghiamo e parte il Dottor con il primo tiro… Comincia a piovere, mi recupera, metto giù una sosta, doppia e a casa. Comincio a rompermi di questi temporali anche perché arrivare all’attacco non è come si dice”il giro dell’orto”. Domani hanno dato pioggia e il prossimo weekend lavoro,così si continua a posticipare.
Martedì mattina guardo il meteo che dà tempo fantastico ancora per due giorni (è già un po’ che è bello e stabile) allora chiamo il “Dottor” e gli dico ”domani ci prendiamo un giorno di ferie e gli diamo un bel colpo a questa via” la risposta è un entusiastico ”Fatta!”. Mercoledì mattina, ore 05.45, apro lo scuro e guardo fuori: tempo fantastico, bene si và. Puntualissimo il Doc arriva al campo sportivo di Domegge e andiamo. Dalla macchina in un’ora arriviamo all’attacco giusto in tempo per vedere 17 camosci attraversare il ghiaione davanti a noi,oggi sembra tutto preparato per essere il top.
Parte Maurizio che và su sicuro fino alla sosta che avevamo lasciato la volta prima, mi recupera e vado io fino ad una cengia comoda, su uno spuntone recupero Maurizio che scavalca lo spigolo e arriva alla base dei grigi verticali, butta giù un ancoraggio e da lì vado io. Mi alzo dalla sosta faccio due metri e appena carico il piede sinistro l’appoggio si spacca e resto appeso sulle mani…. non è il massimo per rimanere lucidi rischiare di volare subito al primo passaggio un po’ più hard. Ma, come detto prima, la giornata è troppo bella, e allora via decisi su roccia da bella a bellissima passando dal grigio al nero per finire nella nicchia gialla - che avevo visto dal sentiero - giusto a metà parete. Più che una nicchia è una grotta comodissima dove faccio una sosta sul tetto in modo da potersi calare comodamente e allo stesso modo essere comodi e al riparo anche per far sicura al compagno nel tiro dopo,tiro che tocca di nuovo al Doc.
Abituato a ripetere vie, per cui con meno materiale possibile, Mauri caricato di trapano, fa l’elenco di tutti i Santi del Paradiso e sbuffando come una pentola a pressione comincia un tiro bellissimo su roccia che passa dal nero al rosso scuro. I primi metri sembra un po’ incerto, ma poi la molla su anche sui passaggi più ostici, incurante (o quasi) di tutto l’armamentario che si deve tirare dietro. Trova una linea di arrampicata molto elegante e divertente passando tra due pilastrini sospesi grandi come un banco di scuola: pilastrini da guardare e non toccare che contrastano tutte le leggi sulla gravità. Mi recupera in sosta e adesso viene un tiro strapiombante nero.
Il Doc mi passa la corda statica da 5mm che usiamo per tirare su il trapano e dopo aver ravanato nel sacco ci accorgiamo di aver finito gli spit, tocca rimandare la cima ancora una volta, non importa sarà per il prossimo giro,però oggi gran giornata. Altro che rimandare comincia la stagione delle piogge e del freddo, tanto che a ferragosto nevica fino a 2000 metri, e la cosa và rimandata alla primavera prossima, del resto come diceva un mio amico
”BEATO AL TEMPO CHE AL FA’ QUEL CHEL’VO’”
Dopo un inverno secco e privo di neve con temperature incredibilmente calde per la stagione arriva finalmente l’estate. Oggi è Sabato 4 agosto, è passato un anno da quando abbiamo cominciato questa piccola avventura e visto che oggi ho il pomeriggio libero prendo il mio bel saccone con il materiale e vado a farmi i primi tiri della nuova via in auto sicura, con l’intento di mettere una corda fissa in modo che il giorno dopo possa risalire fino a dove avevamo interrotto l’anno scorso.
Salendo per il sentiero, di ritorno da una via, altri due compagni “Ragni”, Diego Stefani Guida Alpina e Maestro di sci, e Lucia Del Favero forte alpinista e atleta. Dopo una breve sosta e due risate ci si saluta e ogni uno per la propria strada. Arrivo all’attacco. Mi metto l’imbragatura,un po’ in pensiero (perché scalare da solo è sempre più rischioso che scalare assicurato da un compagno) e poi, dopo aver pensato bene al da farsi, comincio a scalare molto attento e teso i primi passaggi e poi più tranquillo e rilassato. Arrivo alla sosta che volevo ,metto la corda fissa e mi calo. Il sistema che uso per scalare da solo funziona bene e perciò domani torno e finisco la via ho deciso. La sera a casa mi chiama Diego e sapendo il mio intento di finire la via da solo (cosa piuttosto faticosa e laboriosa) si offre gentilmente di accompagnarmi assieme a Lucia, in modo da potermi levare il peso della autosicura, grato per la cosa gli do appuntamento per il giorno dopo.
Puntualissimi domenica mattina ci troviamo sotto casa mia trasferiamo il materiale sulla mia macchina e andiamo al Rifugio Padova e dopo aver diviso il peso negli zaini andiamo in forc.Scodavacca e da li all’attacco della via. Faccio andare avanti Diego e Lucia in cordata cosi si provano i tiri che avevamo chiodato fino al tiro sopra la nicchia e io salgo prima sulla fissa e poi arrampicando. Nella comodissima nicchia che ormai chiamo “albergo”, dove c’è il libro di vetta e la targa con il nome della via (regalataci da Mario Bruno altro Ragno), e mentre gli altri si godono la stupenda roccia arancio/nera dell’ultimo tiro, preparo l’occorrente per finire di chiodare gli ultimi due tiri, poi appena Lucia arriva in sosta viene ricalata nel nostro albergo e parto su io.
Vado in sosta da Diego e da li dopo una pacca sulla spalla comincio. Arrivo tranquillo fino a dove avevo messo l’ultima protezione, e vado avanti fino a un tettino che mi fa scoppiare le braccia e, per non saltare giù metto, un friend traballante al limite mi riposo e dopo aver visto che il friend era incastrato su una piastra traballante continuo su fino a una piccola cengia dove faccio sosta. Diego mi raggiunge riparto e arrivo finalmente in cima accolto da un sole caldo come un abbraccio. Adesso felice torno assieme agli altri a valle, al rifugio Padova, dove Paolo, il gestore, ci aspetta. Bella montagna, belle emozioni e bravi compagni, questa piccola via meritava di essere aperta per ricordare Cicci e per ricordarci quanto bello sia andare a scalare e condividere queste emozioni con gli amici.
Gianmario Meneghin Gruppo Ragni Pieve di Cadore
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Note:
Planetmountain | |
Via Generazioni | |
Link | |
www.grupporagni.it |
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