Filippo Manca e i boulder con l’anima dello Yosemite
Ecco che dopo circa due anni mi ritrovo a bordo di un aereo pronto al decollo... direzione California con Francesco Spadea e Simone Masini.. Negli ultimi mesi avevo pensato parecchio a una destinazione per un viaggio e alla fine ho optato per tornare in uno dei posti che maggiormente mi affascinano, lo Yosemite dove nel 2017 ero riuscito a salire Midnight Lightning e, soprattutto, ho avuto la fortuna di incontrare il primo salitore, Ron Kauk.
Forse ad alcuni lettori potrà suonare strano o addirittura tempo non speso nel migliore dei modi stare in questo Parco esclusivamente tra i sassi, ma sono convinto che ognuno di noi possa cercare la propria felicità verticale (e non solo) come meglio crede. Nelle molteplici forme che la scalata offre, nessuno può dire quale sia il modo migliore di vivere le proprie emozioni. E io, onestamente, tra quei sassi sto maledettamente bene. Anche perché i boulder lì sono tra i più belli del mondo.
Sin da prima di leggere i libri di Jerry Moffat e Ben Moon sono sempre stato molto colpito e stregato dalle storie che hanno caratterizzato quell’epoca anni 80/90, molte delle quali appunto accadute tra i blocchi di questa valle. Consapevole delle mie capacità e soprattutto dei miei limiti mi ero posto come obbiettivo la salita di uno storico blocco del 1991 di Jerry Moffat, The Force, originariamente V11 poi diventato V9 dopo la rottura di una presa. Il blocco forse non è nulla di che per chi fagocita gradi ma per me questo pezzo di roccia significa invece tanto.
La mia vacanza parte male, dopo il primo giorno rimedio una frattura all’alluce sinistro e un senso di delusione mi si materializza davanti in maniera quasi surreale, ogni mattina esco dal sacco a pelo con il sogno che sia tutto un incubo invece il dolore mi riporta senza pietà alla realtà. Mi metto l’anima in pace le mie giornate sono caratterizzate da abbondanti dosi di caffè, poi sempre la solita routine in giro per la valle a vedere sassi con due bastoni che uso come stampelle.
Un pomeriggio però a Camp 4 accade qualcosa che smuove il mio animo; mentre leggo per l’ennesima volta l’ormai l’obsoleta guida incontro Tommy Caldwell, con il quale ho il piacere di scambiare due chiacchiere; ovviamente vista la mia condizione mi chiede del piede poco dopo ci salutiamo e lui conclude con un classico "Good Luck Man!"
Il mio cervello inizia ad accendersi e questo incontro mi porta alla memoria il recente film The Dawn Wall, i sacrifici e le sofferenze di Tommy per raggiungere i propri sogni e completare la storica prima libera su El Capitan insieme a Kevin Jorgeson. Il giorno seguente, motivato da questo incontro, decido comunque di buttare una corda per vedere le prese del blocco e dopo una breve ricognizione inizio a provare. Il dolore è da togliere il fiato e il primo giorno riesco a malapena a tenere le scarpe per qualche secondo.
Quanto contino i sogni o quanto mi abbia motivato lo scambio di parole con uno dei miei miti della scalata moderna non lo so ma circa 48 ore dopo quel Good Luck sto prendendo l’ultima prese buona di quel V9 che ormai mi sembrava impossibile solo provare. Yosemite tra storia, realtà e futuro, un posto dove per me le rocce hanno e avranno sempre un’anima diversa.
Ringrazio E9 Clothing, Kong, Wild Climb, Epic TV
di Filippo Manca