Duemilaquattordici. Il nuovo e l'arrampicata
Una riflessione di Andrea Tosi sul senso del nuovo in arrampicata che propone anche una visione su ciò che è stato e su ciò che potrebbe essere in futuro.
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La Catena
archivio Andrea Tosi
A leggere le testate web che parlano di montagna, la parola più ricorrente è "nuovo" o ben che vada la sua versione femminile: "nuova". Cinicamente parlando trovo il tutto un vecchio retaggio culturale che in tempi non lontani portava a stendere lenzuola dopo la prima notte di nozze... Essere i primi...
Parlando di arrampicata il 2013 è finito male, il tema "sicurezza" è tornato fortemente alla ribalta con tutta la drammaticità del caso. I velati tentativi di proporre in modo "soft" il "come-si-assicura-il-compagno-di-cordata" non sembra dare i risultati sperati. E mentre la dea bendata, che ci vuole bene, si aiuta anche con le mani per non vedere come si utilizzano i freni, noi continuiamo a imitarla, con la sola differenza che per non vedere mettiamo la testa sotto terra come farebbe uno struzzo. In questa spirale evolutiva che sta vivendo l'arrampicata, stiamo forse perdendo di vista il punto di origine e quindi il cardine del nostro sport, ovvero la ripetibilità dei gesti, la possibilità di migliorare provando e riprovando.
A mio modo di vedere due sono le strade da percorrere per arrivare a questo risultato. La prima è tornare al dolore potenziale che può vivere una cordata intesa come scalatore e assicuratore. Occorre tener ben presente i rischi fisici di chi viene assicurato male e i rischi psichici di chi assicura male. Non voglio puntare il dito sulla capacità di far "sicura". No. Potrebbe accadere a chiunque di sbagliare. Si tratta di ridurre al minimo la percentuale di errore, attraverso procedure ben oliate nell'assicurare correttamente, (esistono a riguardo precise indicazioni delle case costruttrici di freni, quasi sempre ignorate) e aver presente che in certi contesti particolarmente "sportivi" è meglio controllare la voglia di star attenti per 5 minuti piuttosto che lo stato di "ghisa" dell'avambraccio. Sarebbe lunga la discussione e forse lo sarà, torneremo sul tema con più materiale (anche video) ma le statistiche degli incidenti indoor parlano chiaro.
La seconda strada è mettere in sicurezza tutto l'esistente, questa mania di mettere al mondo "nuove vie", "nuove aree", sta rendendo orfani tanti siti d' arrampicata. E' un continuo sfornare figli, ma poi... chi li cresce? Fosse altrove (leggi Africa) forse se ne occuperebbe la comunità, ma qui, da noi, questo concetto non c'è, e si vede. Le vie hanno un aspettativa di vita più lunga dei loro chiodatori e se non si provvede ad alimentare di attenzioni una falesia... beh la natura torna a riprendersi gli appigli prima e gli ancoraggi poi. E' solo questione di tempo.
Un segnale positivo, è comunque arrivato. Non ha fatto notizia perché non poteva essere "bollato" con la parola magica "nuovo", e invece doveva essere" La Notizia" più dell'apertura di nuovi itinerari... Parlo di richiodatura, di sostituzione di un tassello particolarmente marcio, e di tanti altri che avevano intrapreso la stessa strada verso l'inaffidabilità. La via in oggetto è la classica di Castel Presina :"Baby Doc", gli autori del gesto sono Andrea Simonini e Giacomo Duzzi che, oltre a sfornare nuove vie, hanno il buon senso di porre rimedio a quello che magari in tanti hanno visto, ma che nessuno si è preso la briga di sistemare.
Credo sia giunta l' ora di smettere di osannare il nuovo, un gesto come questo, come la richiodatura di vecchi siti o vecchie vie, è un avanzamento verso uno sport più maturo. Salvaguardare il vecchio, rende più valore al nuovo, toglie quel vago sapore consumistico che tante volte marchia l' apertura di nuove vie, che di nuovo non hanno niente e di cui, spesso, non se ne sente il bisogno. Il "nuovo" per essere tale, deve portare veramente dentro una novità, altrimenti diventa possedere/marchiare la roccia, che prima o poi è destinata a finire. I tempi sono maturi per valutare quanto valga la pena pigiare sulla acceleratore delle nuove aperture.
Inizialmente si chiodava per estetica o per aggiungere un qualcosa alla difficoltà, oggi aggiungere al 9b+ è affare arduo e decisamente elitario, val la pena pensare quindi a cosa si sta realmente aggiungendo mentre si farcisce di tiri una falesia come fosse un bignè o aprendo nuove aree che niente aggiungono ai numerosi tiri esistenti. Ben che vada, la sola cosa evidente è l'incuria a cui andranno incontro i siti meno recenti.
La frequentazione delle grandi classiche espone a rischi potenziali tanti scalatori che arrivando da lontano e non hanno modo di conoscere lo stato della via. Arrivano magari consultando i siti in gran voga, dove vien facile reperire informazioni sulla "performabilità" di questo o quel tiro, e quando arrivano spesso non hanno la cultura per valutare lo stato di manutenzione degli ancoraggi... tant'è le vie diventano classiche per motivi a volte oscuri, un tassello si ossida per motivi molto evidenti.
Iniziano ad essere tanti gli ancoraggi che "saltano" sollecitati in fase di schiodatura, e qualche effetto sulla psiche... lo fa. Per non commettere l'errore fatto nel campo utilizzo freni, voglio espressamente fare terrorismo, per vedere se sparando in aria qualcuno prende paura e inizia a pensare che forse... può capitare anche a lui, che vale la pena diventare coscienti, che non ti salva lo scalare solo nei week end.
Oggi ho sicuramente torto, ma il tempo è dalla mia parte, si tratta solo di anticipare gli effetti nefasti che la distrazione potrebbe avere sui nostri corpi o sulla nostra mente. Detto questo, buon 2014, ma per favore, non parliamo di "nuovo" anno, teniamo a mente da dove arriviamo e cerchiamo di fare in modo che il "passato" non torni a farci del male, fisico o psichico.
Andrea Tosi
http://kingboulderblog.blogspot.it
www.kingrock.it
Parlando di arrampicata il 2013 è finito male, il tema "sicurezza" è tornato fortemente alla ribalta con tutta la drammaticità del caso. I velati tentativi di proporre in modo "soft" il "come-si-assicura-il-compagno-di-cordata" non sembra dare i risultati sperati. E mentre la dea bendata, che ci vuole bene, si aiuta anche con le mani per non vedere come si utilizzano i freni, noi continuiamo a imitarla, con la sola differenza che per non vedere mettiamo la testa sotto terra come farebbe uno struzzo. In questa spirale evolutiva che sta vivendo l'arrampicata, stiamo forse perdendo di vista il punto di origine e quindi il cardine del nostro sport, ovvero la ripetibilità dei gesti, la possibilità di migliorare provando e riprovando.
A mio modo di vedere due sono le strade da percorrere per arrivare a questo risultato. La prima è tornare al dolore potenziale che può vivere una cordata intesa come scalatore e assicuratore. Occorre tener ben presente i rischi fisici di chi viene assicurato male e i rischi psichici di chi assicura male. Non voglio puntare il dito sulla capacità di far "sicura". No. Potrebbe accadere a chiunque di sbagliare. Si tratta di ridurre al minimo la percentuale di errore, attraverso procedure ben oliate nell'assicurare correttamente, (esistono a riguardo precise indicazioni delle case costruttrici di freni, quasi sempre ignorate) e aver presente che in certi contesti particolarmente "sportivi" è meglio controllare la voglia di star attenti per 5 minuti piuttosto che lo stato di "ghisa" dell'avambraccio. Sarebbe lunga la discussione e forse lo sarà, torneremo sul tema con più materiale (anche video) ma le statistiche degli incidenti indoor parlano chiaro.
La seconda strada è mettere in sicurezza tutto l'esistente, questa mania di mettere al mondo "nuove vie", "nuove aree", sta rendendo orfani tanti siti d' arrampicata. E' un continuo sfornare figli, ma poi... chi li cresce? Fosse altrove (leggi Africa) forse se ne occuperebbe la comunità, ma qui, da noi, questo concetto non c'è, e si vede. Le vie hanno un aspettativa di vita più lunga dei loro chiodatori e se non si provvede ad alimentare di attenzioni una falesia... beh la natura torna a riprendersi gli appigli prima e gli ancoraggi poi. E' solo questione di tempo.
Un segnale positivo, è comunque arrivato. Non ha fatto notizia perché non poteva essere "bollato" con la parola magica "nuovo", e invece doveva essere" La Notizia" più dell'apertura di nuovi itinerari... Parlo di richiodatura, di sostituzione di un tassello particolarmente marcio, e di tanti altri che avevano intrapreso la stessa strada verso l'inaffidabilità. La via in oggetto è la classica di Castel Presina :"Baby Doc", gli autori del gesto sono Andrea Simonini e Giacomo Duzzi che, oltre a sfornare nuove vie, hanno il buon senso di porre rimedio a quello che magari in tanti hanno visto, ma che nessuno si è preso la briga di sistemare.
Credo sia giunta l' ora di smettere di osannare il nuovo, un gesto come questo, come la richiodatura di vecchi siti o vecchie vie, è un avanzamento verso uno sport più maturo. Salvaguardare il vecchio, rende più valore al nuovo, toglie quel vago sapore consumistico che tante volte marchia l' apertura di nuove vie, che di nuovo non hanno niente e di cui, spesso, non se ne sente il bisogno. Il "nuovo" per essere tale, deve portare veramente dentro una novità, altrimenti diventa possedere/marchiare la roccia, che prima o poi è destinata a finire. I tempi sono maturi per valutare quanto valga la pena pigiare sulla acceleratore delle nuove aperture.
Inizialmente si chiodava per estetica o per aggiungere un qualcosa alla difficoltà, oggi aggiungere al 9b+ è affare arduo e decisamente elitario, val la pena pensare quindi a cosa si sta realmente aggiungendo mentre si farcisce di tiri una falesia come fosse un bignè o aprendo nuove aree che niente aggiungono ai numerosi tiri esistenti. Ben che vada, la sola cosa evidente è l'incuria a cui andranno incontro i siti meno recenti.
La frequentazione delle grandi classiche espone a rischi potenziali tanti scalatori che arrivando da lontano e non hanno modo di conoscere lo stato della via. Arrivano magari consultando i siti in gran voga, dove vien facile reperire informazioni sulla "performabilità" di questo o quel tiro, e quando arrivano spesso non hanno la cultura per valutare lo stato di manutenzione degli ancoraggi... tant'è le vie diventano classiche per motivi a volte oscuri, un tassello si ossida per motivi molto evidenti.
Iniziano ad essere tanti gli ancoraggi che "saltano" sollecitati in fase di schiodatura, e qualche effetto sulla psiche... lo fa. Per non commettere l'errore fatto nel campo utilizzo freni, voglio espressamente fare terrorismo, per vedere se sparando in aria qualcuno prende paura e inizia a pensare che forse... può capitare anche a lui, che vale la pena diventare coscienti, che non ti salva lo scalare solo nei week end.
Oggi ho sicuramente torto, ma il tempo è dalla mia parte, si tratta solo di anticipare gli effetti nefasti che la distrazione potrebbe avere sui nostri corpi o sulla nostra mente. Detto questo, buon 2014, ma per favore, non parliamo di "nuovo" anno, teniamo a mente da dove arriviamo e cerchiamo di fare in modo che il "passato" non torni a farci del male, fisico o psichico.
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Semina del tassello from Mountain View on Vimeo.
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