Due vie nuove sulla ovest della Tofana di Rozes

Nell'estate del 2007 sulla parete Ovest della Tofana di Rozes (Dolomiti), Marco Sterni, Mauro Kraus, Marco Giuffrida e Serena Bonin hanno aperto 'Quel calcare nell'anima' (380m, 6c, 6b obbl.). A fianco, nell'estate 2008, ad opera di Marco Sterni e Mauro Florit è invece nata Mai molar! (380m, 7a+, 6c obbl.).
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La grande parete ovest della Tofana di Rozes con a sinistra il pilastro dove corrono ‘Quel calcare nell’anima’ e ‘Mai molar!
arch. M. Sterni

Queste due nuove vie sulla bella parete Ovest della Tofana di Rozes vanno ad aggiungersi alle moltissime possibilità offerte da quest’autentica montagna simbolo delle Dolomiti. Un universo di roccia che tra le sue pieghe continua a nascondere segreti come quelli ora “svelati” da ‘Quel calcare nell’anima’ e ‘Mai molar! sul Pilastro che delimita a sinistra la grande parete.

Le due vie corrono una accanto all’altra e terminano sulla cengia dove passa la ferrata Giovanni Lipella senza affrontare la parte terminale del Pilastro. Ciò, come spiega Marco Sterni, per “paura di scaricare pietre sui frequentatori della ferrata”. Un’attenzione che a noi è sembrata più che opportuna e che siamo certi non toglierà nulla al piacere che le due nuove vie regaleranno ai ripetitori.


QUEL CALCARE NELL’ANIMA E MAI MOLAR! di Marco Sterni

Per mia moglie, e anche per me, la Tofana di Rozes occupa il primo posto fra le montagne dolomitiche, per bellezza e ricordi personali legati ad essa.

Era già da qualche anno che mi ritornava in mente, ogni volta con più insistenza, l’idea di una nuova via. Ma, forse anche per la quantità di itinerari già esistenti, non ero mai riuscito a trovare una linea che mi ispirasse, come accadde nel 2002 quando, nello scendere dalla ferrata del Castelletto, mi illuminai vedendo la luce pomeridiana sulla sua parete NordOvest, dove poi nacquero “Pacchia” e “La grande guerra”.

La scorsa estate, con nostro figlio, abbiamo tentato la ferrata Tomaselli alla Punta Fanes Sud; arrivati però al bivacco Della Chiesa, ci siamo ritirati e nel rientro mi sono trovato ad avere un’ottima vista su tutta la parete Ovest della Rozes. Per farla breve, il giorno dopo ero in perlustrazione e nella stessa settimana all’attacco.

C’è da non crederci ma le mie intenzioni, o meglio convinzioni, erano di aprire una via con difficoltà elevate, vista la verticalità del pilastro. Superati i primi due tiri di corda ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte ad un muro strapiombante che non lasciava molta speranza alla semplicità. Ma ancora una volta la roccia di questa montagna mi ha stupito, questa volta come non mai; una dolomia super lavorata ed articolata mi ha permesso di salire dove volevo ed ha reso l’arrampicata varia, con passaggi mai obbligati.

Il pilastro a prima vista sembra più piccolo di quello che in realtà è; l’intero versante e talmente vasto che schiaccia e riduce tutto. Nel vederlo dalla forcella Col dei Bos è ben pronunciato, ma si riesce a scorgere solamente il suo lato giallastro, mentre di fronte, in mezzo a tutta una serie di tetti e strapiombi, si scopre una bella continuità di roccia nero-grigia.

Dopo aver aperto “Quel calcare nell’anima”, è nata subito l’idea di aprire un’altra linea ma subito a fianco alla prima in modo da limitare i tratti di roccia gialla friabile che compongono il lato destro del pilastro e rimanere sempre sulla roccia nera e lavorata. Così è nata “Mai molar!”. Quest’ultima più impegnativa di “Quel calcare nell’anima” sia per la difficoltà di qualche tratto che per la distanza delle protezioni e la qualità della roccia.

Una particolarità di queste due vie è che finiscono sulla cengia dove passa la ferrata Giovanni Lipella (che rimane una comodissima via di discesa), ma in realtà il pilastro è ben pronunciato e verticale ancora per un paio di tiri di corda. Mi sono chiesto più volte se fosse stato il caso di continuare, ma la paura di scaricare pietre sui frequentatori della ferrata mi ha fatto desistere dall’intento.

La zona è molto fredda ed esposta ai venti da Nord. Per l’ultimo giorno di apertura di “Quel calcare nell’anima” ho scelto decisamente la giornata sbagliata e mi è capitato un fatto incredibile. Arrivato in sosta al primo tiro, nel togliermi la scarpetta, mi sono accorto della presenza nel suo interno di una rondella e soprattutto di un dado da 10mm, rimasti là dalla volta precedente. Lascio immaginare quale fosse la sensibilità dei miei piedi già nel calzarla! Un’eventuale ripetizione in una giornata estiva è “caldamente” consigliata.

Sono certo che entrambe le vie, dopo qualche ripetizione ed un eventuale ritocco ai gradi proposti (come successo per “Pacchia e “La grande guerra”), piaceranno e regaleranno belle soddisfazioni ai ripetitori.

Marco Sterni

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