Supercanaleta Fitz Roy, Patagonia

Per alcune salite il tempo sembra non trascorrere, tanto è il segno che hanno lasciato nella storia dell'alpinismo. Una è sicuramente la Supercanaleta al Fitz Roy in Patagonia. Il racconto di Damiano Barabino, Sergio De Leo, Marcello Sanguineti
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Aguja Poincenot e Fitz Roy dalla strada per il Rio Electrico
Marcello Sanguineti

Nel gennaio 1965 gli argentini Carlos Comesaña e José Luis Fonrouge, prima sconosciuti nell'ambiente alpinistico al di fuori del loro Paese, aprendo questa via entrarono nel “Gotha” dell'alpinismo mondiale.

La Supercanaleta rappresenta un capolavoro d’intuizione e di ricerca dell'itinerario. Dopo 1000 metri di canale di neve e ghiaccio, la via s'insinua nella parete rocciosa cercandone i punti deboli. Il suo percorso tortuoso la rende ben più lunga dei 1600 metri di dislivello che separano la terminale dalla vetta.

Arrivati a El Chaltén il 23 Novembre, la meteo inclemente ci costringe ad alcuni giorni di riposo forzato. Il tempo trascorre in una logorante attesa, intervallata dai continui controlli in internet di Meteorograms e Weather Charts. Poi, una breve finestra di tempo "meno indecente" ci consente un trasporto di materiale a Piedra Negra. Seguono altri due o tre giorni di maltempo. Lo stress aumenta, finché sembra arrivare una “ventana” sufficientemente buona per un tentativo.

Iniziano i giochi di strategia: salire prima a Piedra del Fraile, poi al posto da bivacco alla base della parete e tentare la via in giornata? Oppure, fermarsi a Piedra Negra e partire il giorno successivo, bivaccando sopra il Bloque Empotrado? Essendo una cordata a tre e temendo di non essere abbastanza veloci, quest’ultima potrebbe essere per noi la soluzione migliore. L’aspetto sfavorevole è che richiede una finestra di tempo buono più ampia.

Dopo una serie non indifferente di dubbi e ripensamenti, decidiamo di salire direttamente martedì 29 fin sotto la parete e tentare la via il giorno dopo. Da El Chaltèn saliamo a Piedra del Fraile e poi a Piedra Negra; quindi svalichiamo dal Passo del Quadrado e traversiamo sotto la parete del Fitz Roy, fino al versante Ovest. Da Piedra Negra è di notevole aiuto la traccia fatta dal gruppo di Mario Castiglioni, che ha lo stesso obiettivo - programmato per il giorno successivo al nostro. Hanno infatti deciso di dedicare una giornata in più al trasporto del materiale, per allestire alla base della parete un campo con le tende. Noi, invece, bivaccheremo sotto le stelle.

Durante l’avvicinamento incontriamo Daniele Fiorelli e Fabio Salini, che hanno informazioni più confortanti delle nostre a proposito della meteo e vogliono tentare la salita in velocità mercoledì 30, senza materiale da bivacco. Noi, invece, decidiamo di portare i sacchi a pelo pesanti, i sacchi da bivacco, il fornello col pentolino, un paio di bombole di gas e cibo per un giorno e una notte, da usare in caso non riuscissimo ad uscire in giornata. Ovviamente, il peso ci rallenterà non poco.

Partiamo tutti e cinque verso la mezzanotte di mercoledì. Daniele e Fabio, più leggeri e più veloci, battono la traccia. Capiamo subito che la giornata scelta per tentare la salita non è quella giusta: un vento implacabile, più forte di quello che ci aspettavamo in base alla meteo, ci stordisce durante tutta la notte e la mattinata, riducendosi lievemente soltanto nel pomeriggio. Anche la visibilità non è certo delle migliori, ma siamo decisi a proseguire.

In queste condizioni non è facile trovare la via e per farlo uniamo le forze delle due cordate. Poi Fabio e Daniele, più veloci, ci distanziano. Li ritroviamo dalle parti del 17mo tiro di roccia/misto, dove sono ritornati dopo aver proseguito senza poter individuare l’ultima parte della via. Dapprima decidiamo di fare un altro tentativo tutti insieme, poi i due amici, preoccupati dalla mancanza di attrezzatura per bivaccare, decidono di calarsi e di rimandare l’appuntamento con la vetta.

Per noi, invece, i sacchi a pelo, i sacchi da bivacco, il gas, il fornello, il pentolame e il cibo, che fino a quel momento ci avevano appesantiti, si rivelano ora preziosi alleati: possiamo permetterci di proseguire. Così facciamo: riusciamo ad individuare il passaggio corretto e dopo qualche lunghezza facciamo mente locale. Il vento inesorabile che ha caratterizzato la giornata ci ha davvero svuotati e non vale la pena accanirsi sulle ultime tre lunghezze, anche considerato il fatto che la sosta del 19mo tiro ci offre un buon posto da bivacco. Detto fatto: ci sistemiamo abbastanza comodamente e l’indomani mattina ci rifiutiamo di partire prima delle 8 e mezza!

Quando ci svegliamo si capisce subito che la giornata non ha niente a che vedere con le penose condizioni meteo che hanno accompagnato la nostra salita del giorno prima. Scaliamo con perfetta visibilità e in quasi totale assenza di vento. Arriviamo in vetta con condizioni di tempo ottimo.

Dal colle sotto la vetta, trentasei doppie ci riportano alla terminale. Il giorno successivo festeggeremo la salita insieme agli amici del gruppo di Mario Castiglioni: anche per tre di loro è stata “cumbre”!

Se avessimo rimandato la salita di un giorno, certamente ce la saremmo goduta di più: sarebbe stata una “cavalcata solare” sul Fitz, invece che una sorta di incontro di boxe, durante il quale il vento ci ha abbondantemente “suonati”… Ma non possiamo certo lamentarci. Ancora una volta la Patagonia ci ha regalato un’avventura che, prima ancora di essere una scalata su ghiaccio e misto, è una prova di determinazione e, come tale, un viaggio dentro sé stessi.

Damiano, Marcello e Sergio


Si ringraziano Trango World, Grivel e Alpstation Montura di Aosta


- La Supercanaleta del Fitz Roy di Yuri Parimbelli e Piera Vitali





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